Europei di calcio, la pessima immagine dell’Inghilterra

16 Luglio 2021

Il mondo politico ha commentato il pacifico, civilissimo, graditissimo carosello degli azzurri per le strade principali di Roma, l’evento fortemente voluto dai campioni d’Europa Bonucci e Chiellini a nome di tutti gli altri azzurri. Io credo però che siano state anche giustificate le critiche emerse e riferite alla pericolosa occasione di contagio le cui conseguenze si vedranno, speriamo non in misura pesante, entro la fine della prossima settimana.

Ora mi sia consentito però di passare ad una lettura diversa dell’ufficialità degli inviti al Quirinale e a Palazzo Chigi che avevano preceduto il gioioso carosello di ‘eroi’ dello sport. Proverò a dare cioè una lettura dei fatti con un occhio soprattutto politico più che sportivo. Comincerò evidenziando la presenza costante e paritaria di fronte ai vertici dello Stato di due rappresentanti sportivi, uno vincente e uno perdente, protagonisti di due eventi di assoluta importanza svoltisi nei templi mondiali dei due sport che si trovano nello stesso Paese, a Wembley per il calcio e a Wimbledon per il tennis. Mai dimenticando che il tennis come il calcio sono nati altrove, l’Inghilterra, mentre a Wimbledon figurava, suo malgrado, soltanto come storica ‘ospite’, a Wembley si era presentata non tanto come aspirante, com’era giusto che fosse, ma predestinata alla vittoria. Per non annoiare con la personale litania dei meriti del nostro giovane gruppo azzurro, frizzante, fortemente motivato dall’orgoglio di essere lì a misurarsi più che da altre primazie, annoto che l’eterna supponenza di Albione anche in questa occasione è stata invece punita. Un esito che forse non è casuale se si ricorda che nel suo libro d’oro figura un solo, quanto chiacchierato, titolo mondiale 55 anni fa, Si ricorda infatti che «Per tutta la prima metà del ‘900 gli inglesi avevano ritenuto, essendo gli inventori del calcio, di essere a prescindere superiori a qualsiasi avversario e per questo non solo era pleonastico partecipare ai mondiali, ma non c’era neanche interesse a studiare moduli e tecniche d’allenamento provenienti da oltre Manica. Quest’autocompiacimento ebbe come conseguenza che, quando nel dopo guerra i britannici alzarono lo sguardo sul resto del mondo, si scoprirono forti, ma non così forti come credevano. Dell’umiliante spedizione brasiliana del ’50, con annessa sconfitta contro i cugini americani, abbiamo già parlato, ma il campanello d’allarme non fu colto e così, quando tre anni dopo l’Ungheria di Puskas e Czibor scese sul fino allora inviolato campo di Wembley, fu la catastrofe con un pesantissimo 6-3 per i magiari bissato un anno dopo a Budapest con un ancor più bruciante 7-1. Da allora le prestazioni internazionali della nazionale inglese furono mediocri: eliminata ai quarti dall’Uruguay nel 1954, fuori ai gironi nel ’58 e infine di nuovo eliminata ai quarti stavolta dal Brasile nel 1962». (http://www.restorica.it/novecento/storia-dei-mondiali-di-calcio-inghilterra-1966-la-coppa-rubata-in-tutti-i-sensi/ ).

Gli inglesi devono capire che l’Impero britannico, sicuramente il più potente Stato del pianeta dal XVIII al XIX secolo, nonostante siano passati solo 74 anni dalla sua fine ufficiale, è lontano anni luce dal mondo in cui oggi viviamo. Basti pensare che ad opera della Repubblica Popolare Cinese è quasi alla fine dei suoi giorni anche quello che, pur non chiamandosi ufficialmente ‘impero’, gli è succeduto, ossia gli USA, gli Stati Uniti d’America.

Una maturazione politica che stenta a venire se si pensa al recente divorzio con l’UE, dopo che per oltre 60 anni aveva molto spesso assunto sussiegose posizioni politiche autonomiste. Tutto questo è esploso domenica a Wembley prima con l’offensivo accoglimento dell’inno nazionale della squadra avversaria, l’Italia, e poi con il rifiuto di una sconfitta solamente sportiva, togliendo subito dal collo la medaglia degli sconfitti. Uno spettacolo di fronte al mondo davvero barbaro e preoccupante. Questa è una possibile lettura di una cronaca di fatti cui tutti hanno assistito.

Quella maglia azzurra n° 10 personalizzata per la presidente della Commissione europea Ursula von del Leyen … quella magnifica immagine presente al Quirinale e a Palazzo Chigi del piatto d’argento arrivato da Wimbledon di Matteo Berrettini, da secondo, e non da vinto, accanto, e non dietro, alla Coppa d’Europa guadagnata dalla nuova Italia del calcio … una lezione di civiltà sportiva e un lampo di intelligenza politica che non possono essere venuti a caso.

Benito Fiori

per ABC-La Rete

 

 

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