La povertà intergenerazionale in Lombardia. Presentato venerdì 20 ottobre scorso il rapporto della Delegazione regionale Caritas La Delegazione regionale Caritas ha presentato venerdì 20 ottobre scorso, nella sede di Caritas Ambrosiana a Milano, il rapporto “Pavimenti appiccicosi. La povertà intergenerazionale in Lombardia”, basato sull’analisi di dati ed esperienze riguardanti 1.700 beneficiari dei centri Caritas delle 10 diocesi lombarde.
“Ci siamo accorti che anche nella regione più ricca d’Italia il problema della povertà come fatica che si tramanda, se non addirittura come destino, è un tema rilevante”, ha esordito don Roberto Trussardi, direttore di Caritas Bergamo e delegato regionale. “Il rapporto – ha sottolineato – evidenzia che per spezzare la catena della povertà intergenerazionale i soli aiuti materiali non paiono risolutivi, se non affiancati da accompagnamenti a lungo termine basati su relazioni di fiducia e dall’inserimento attivo delle persone in povertà nelle rispettive comunità. Ciò è fondamentale per superare la sfiducia nel futuro e la convinzione che un riscatto non sia possibile, che spesso attanagliano i poveri, orientandoli a uno stile di vita passivo, basato sull’assistenzialismo.”
Il confronto tra la condizione degli assistiti lombardi e quella delle loro famiglie di origine ha permesso di misurare il grado di mobilità intergenerazionale delle persone in stato di povertà, con particolare riguardo a tre dimensioni specifiche: istruzione; occupazione; condizione economica.
Riguardo all’istruzione, i genitori degli assistiti Caritas in Lombardia si collocano su livelli formativi molto bassi.
Riguardo al lavoro si collocano per lo più nel gruppo delle occupazioni non qualificate
Sul versante della condizione economica ben due terzi ritengono di essersi impoveriti rispetto alla famiglia di origine.
Quasi sei persone su dieci, insomma, risultano vivere una condizione di precarietà economica in continuità con la propria famiglia di origine. Ciò pone profondi interrogativi sulla capacità redistributiva e inclusiva, nel tempo, del nostro paese e della nostra regione.
La seconda parte della ricerca presenta l’analisi qualitativa, che mette in risalto la stretta correlazione tra povertà e bassa scolarità, che limitano l’accesso al mondo del lavoro e impedisce di dotarsi degli strumenti per orientarsi nella complessità contemporanea.
Emerge inoltre la rilevanza della questione abitativa: tutte le persone incontrate vivono in una casa popolare, o hanno fatto domanda per averla.
Altro dato rilevante: più della metà degli intervistati svolge o ha svolto il ruolo di caregiver di un parente (genitori, figli) o di una persona cara malata; in questi casi, oltre alle difficoltà economiche entrano in gioco quelle dovute all’assenza o alla debolezza delle reti familiari ed extrafamiliari.
Infine, tra le cause che alimentano la trasmissione della povertà, vi sono la sfiducia nel futuro e la convinzione che un riscatto non sia possibile.
Le persone che “ereditano” povertà fanno fatica a fare progetti con l’obiettivo di migliorare la loro condizione sociale. Quindi, la catena intergenerazionale della povertà, in assenza di un’adeguata attenzione e di politiche conseguenti, rischia di perpetuarsi meccanicamente.
“Come spezzare la catena di trasmissione delle povertà?”, s’è chiesta Vera Pellegrino, sociologa, consulente di Caritas Italiana, e curatrice della ricerca. “Anzitutto potenziando le opportunità scolastiche, educative e formative, soprattutto in alcuni ambienti, come le periferie urbane. Poi, provando a incidere sull’offerta di lavoro dignitoso, che possa realmente cambiare la loro vita.”
Intervenendo inoltre sull’autoesclusione che arrivano a infliggersi, attraverso il potenziamento dell’autostima e della partecipazione alle reti comunitarie.
“Un monito fornito da questa ricerca – ha osservato Davide Maggi, economista e di Fondazione Cariplo – è che la povertà interessa tutti, essendo penetrata in profondità nelle nostre comunità.”
“Il cambiamento d’epoca in cui ci troviamo – ha aggiunto – impone di affrontare questo fenomeno, di estrema complessità, non in ottica riformativa, ma trasformativa. Creando logiche connettive tra tutti i soggetti: istituzionali, sociali e comunitari. Bisogna lavorare in modo coordinato sulla capacitazione, soprattutto dei giovani, affinché provino ad andare oltre il condizionamento derivante dalla povertà della propria famiglia d’origine.”