Scarse sono le notizie sulle abitudini alimentari cremonesi riferite a determinate ricorrenze religiose e profane. Queste si sono perdute nel tempo quando le principali tradizioni folcloristiche sono cadute sotto la scure sia della controriforma cattolica che delle riforme Teresio-Giuseppine.
Il Carnevale a Cremona aveva inizio il 7 Gennaio, giorno dedicato a S. Cristoforo, e in questa circostanza nel Seicento si facevano benedire le focacce.
Quali fossero i dolci o i cibi in questo periodo si può dedurre dalle abitudini dei monasteri femminili registrate durante le visite pastorali effettuate dal vescovo Speciano. Si parla di gnocchi, tortelli, arrosti, tartare e torte salate.
Notizie più ricche ed interessanti si ricavano da una raccolta di memorie della prima metà dell’Ottocento. I cremonesi anche allora iniziavano i festeggiamenti il giorno di S.Cristoforo e gruppetti di giovani mascherati, con camiciotto bianco, cappelli o berretti, trombe, scope, fruste e grilli di legno, giravano per la città:
“e avevano con loro, un uomo con una caretta da mano, con entro un cesto di picioli pani di miglio, che li giettavano dietro alle persone che incontravano per le vie, e chi era alle finestre o poggioli, e li chiamavano i Benedetti; e gran quantità de ragazzi che gridavano a più pottere el Vò, el Vò e questo si praticava in questo sol giorno”.
Nei monasteri e nelle case signorili si offrivano dolci e denaro a compagnie di giovani che, vestiti alla spagnola, ballavano la moresca accompagnati da suonatori. Per le strade della città passavano carri e carrozze da cui si lanciavano sulla folla coriandoli, confetti e piccoli dolci.
L’inizio della Quaresima era scandito dal suono della campana maggiore del Torrazzo, la mezzanotte di martedì grasso. Il custode del Torrazzo doveva “dar segno col Campanone che passata la meggia notte non si può magnar né grasso né magro che non vuol rompere la quadragesima e il digiuno”.
Il primo giorno di Quaresima era contrassegnato dal digiuno, finito il quale tutti dovevano astenersi “dal mangiar carne o altro cibo che aveva origine da carne, come uova, latte, formaggi e burro” e si poteva derogare a questa prescrizione solo per gravi motivi di salute e con l’autorizzazione del medico curante o l’approvazione scritta di un sacerdote: ma il mangiar di grasso doveva farsi di nascosto anche dei domestici e dei familiari.
Questo l’elenco dei cibi consumati giorno per giorno, nell’arco della settimana al tempo della Quaresima dalle monache benedettine di S.Caterina di Soncino:
“Vitto ordinario nel tempo della Quadragesima:
- La domenica si fa delli ceci in minestra, per pietanza quattro libre di pescaria, la sera della pannata.
- Il lunedì minestra di verze ovver spinacci, pietanza delle fritole.
- Il martedì fagioli, pietanza quattro libre di pescaria o veramente fava rostita.
- Il mercordì si fa minestra di fogliate con l’agliata, per pietanza delli gambari, ovver ranzoni et insalata.
- Il giovedì si fa minestra di ceci, per pietanza quattro libre di pescaria.
- Il venerdì della panata, per pietanza delle noci overo fava rostita.
- Il sabato minestra d’herbe overo lumache et insalata. La sera non si da niente di colazione”.
Nessuno poteva vendere cibi proibiti, solo in pochi casi carne di vitello per gli infermi, ma non in piazza bensì in botteghe e luoghi chiusi, e tutto questo con licenza scritta.
“Hosti, Tavernari, Albergatori e qualsivoglia altri che soglion dar da mangiare non vendano, ne diano, ne tengano da vendere cibi proibiti (anco a forestieri et passeggeri) nemmeno gliene mettano in tavola ne le cuociano o facciano cuocere senza simil licenza in scritto. Ne permettano che d’altro luogo siano portati cotti et conditi in casa sua, ne in altro luogo suo, nonché mangiati, ne posti in tavola”.
Carla Bertinelli Spotti
2 risposte
Molto interessante! Complimenti vivissimi!
Very interesting thank you for the knowledge