Il film di e con Paola Cortellesi si presenta in bianco e nero perché in modo realistico ci racconta di una Roma che con fatica prova a rialzare la testa dopo la liberazione. Ci sono i muri scrostati, i cortili popolari, i mercati dove si comprano patate e cicoria da mettere in tavola, l’autofficine senza clienti, le botteghe per i signori, le case eleganti con tappeti e stoviglie pregiate. Ci sono le ferite di una guerra che ha lasciato un Paese diviso da una guerra anche civile e tanta miseria ad ogni angolo. C’è la casa della protagonista, Delia, con i suoi due figli maschi, due ragazzini sboccati, una figlia in età da marito, tanto bella quanto in pena per la madre, vittima delle violenze psicologiche e fisiche di un marito rozzo e supponente, Ivano, un Valerio Mastandrea impeccabile. Il suocero Sor Ottorino, il bravissimo Giorgio Colangeli, vive con loro. C’è il chiacchiericcio di cortile delle donne dell’isolato che fanno da cornice ad una storia che appare sottolineare la triste ripetitività delle giornate di Delia, e invece, giorno dopo giorno, la protagonista sta costruendo la sua rivalsa.
Ci sono episodi quasi teatrali, il pranzo con i futuri suoceri, la scena al capezzale del morto ad impreziosire il film. Una Emanuela Fanelli, Marisa, credibile amica di Delia, arricchisce il cast: è l’amica pronta ad aiutare, con cui fumare di nascosto, mentre si sogna la libertà.
La coraggiosa scelta di sottolineare i momenti di violenza domestica con una colonna sonora pregnante e a contrasto attenua la cruenza: le botte e il sangue restano nascosti per i più, indelebili dentro la protagonista e dentro ogni donna. I soldati americani non possono capire il romanesco, una donna della periferia romana non può capire la loro lingua, ma i lividi sono un linguaggio universale, ahimè, da sempre, tradiscono la meschinità degli uomini che tentano di far tacere le donne e non sfuggono agli occhi di chi li vuole vedere.
Le donne sono capaci di una forza imprevedibile e nel 1946 hanno potuto finalmente far sentire la loro voce.
Alessandra Fiori
Una risposta
Un film da vedere dandosi il tempo di capire un mondo d’altri tempi.
Ma poi non così tanto differente in realtà se ci si ferma a pensare, a scavare sotto la superficie dell’apparenza.
Guardando il film ho cercato di trattenere le emozioni che d’impulso mi facevano fuggire, e ho cercato di capire, alcune madri, anche la mia, han vissuto in un epoca dove la regola era ” sacrificio” oggi così difficile da comprendere.