Centro Padane srl, FdI: volontà politica per il risanamento

8 Agosto 2025

Come Gruppo Consiliare di Fratelli d’Italia riteniamo che la vicenda Centro Padane Engineering srl richieda più serietà e meno sterile polemica politica. Il senso di responsabilità dovrebbe prevalere per lasciare spazio a un’analisi razionale della  situazione. 

Centro Padane Engineering ha chiuso il bilancio 2024 con una perdita di oltre un milione  di euro dovuta in parte a un deficit di commesse rispetto al budget (539 mila euro), in parte  all’insussistenza di “rimanenze di prodotti in corso di lavorazione” mai appaltati e valorizzate nel bilancio 2023 (435 mila euro) e in parte all’incremento del costo del personale (per 176 mila  euro). 

L’attuale Consiglio di amministrazione (partecipato in maggioranza da esponenti di FdI e da un  consigliere espresso dal PD) che è entrato in carica nel maggio 2024, dopo l’approvazione del  bilancio 2023 e molto dopo l’approvazione del budget 2024, non ha potuto che redigere il  bilancio d’esercizio rilevando il risultato gestionale negativo. 

A metà ottobre 2024 è stato assunto al minimo contrattuale un nuovo direttore con un  compenso inferiore a circa il 25% rispetto al precedente (dimissionario). Ricordiamo anche che è stato il precedente Cda (composto esclusivamente da rappresentanti  del PD e da uno di Forza Italia) ad assumere 4 dipendenti nei primi mesi del 2024 (oltre alle 3  assunzioni fatte nel 2023), appesantendo la struttura di costi eccessivi rispetto al budget che si stava realizzando, decretando quindi l’inevitabile perdita d’esercizio.  La saggezza popolare direbbe: “chi è causa del suo male pianga sé stesso”.  La responsabilità politica suggerisce di non soffermarsi sulla polemica ma di concentrarsi sulle  soluzioni, cioè sul recupero della società ridelineando prima di tutto la sua missione sul  territorio provinciale, salvaguardando le sue competenze e qualità compatibilmente con la  necessaria riduzione dei costi e il recupero dell’efficienza gestionale in relazione alle  commesse che le Province di Cremona e Brescia possono ragionevolmente garantire nel breve  termine. 

I ricavi di CPE nascono dai bilanci delle Province di Cremona e Brescia in quanto è una società  “in house” che deve realizzare almeno l’80% del fatturato con i suoi soci.

Questo è un limite ma anche una potenzialità, nel senso che sono gli enti soci a poter dare la  stabilità economica (entro le proprie disponibilità, ovviamente) e la previsione dei ricavi (gli enti  soci approvano il budget della società). 

Il Consiglio di amministrazione in carica ha presentato un piano di risanamento su richiesta  degli enti soci diretto a recuperare il pareggio di bilancio a breve termine e garantire la  continuità aziendale.  

Questo piano, che prevede il recupero dell’efficienza mediante la razionalizzazione delle attività produttive, poggia ovviamente sul mantenimento da parte degli enti soci degli impegni  economici e finanziari assunti con i budget da loro approvati. 

In merito all’ultimo consiglio provinciale in cui è stato presentato il piano di risanamento  occorre dire che è stato giudicato opportuno ratificare l’operato del Presidente perché  altrimenti la società si sarebbe sciolta e avrebbe dovuto essere posta in liquidazione (col  rischio concreto di fallimento). A questo punto si sarebbero definitivamente spente le speranze  per tutti i lavoratori e avremmo dilapidato un’azienda che riteniamo abbia invece potenzialità  operative e strategiche rilevanti per la Provincia di Cremona. 

La nostra astensione nella votazione del piano (differentemente da quanto hanno fatto gli altri  partiti del centrodestra, Forza Italia e Lega, che hanno votato contrario nonostante la  prospettiva di messa in liquidazione della società) è stata motivata dall’emendamento presentato sull’originaria proposta di delibera che ha tolto la parola “approvazione” del piano  di risanamento, limitandosi alla sua presa d’atto. 

Premesso che una volta approvato un piano di risanamento si può sempre in seguito intervenire  per migliorarlo, in particolare per salvaguardare i lavoratori dipendenti, occorre anche  considerare che secondo quanto previsto dalle norme di legge che regolano le società a  partecipazione pubblica, gli aumenti di capitale che ripianino le perdite sono consentiti solo se accompagnati da un piano di ristrutturazione aziendale dal quale risulti comprovata la  sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico. 

Ora poiché sono gli stessi enti soci che possono garantire i ricavi alla partecipata, avendone  approvato il budget ed essendo le stesse previsioni riportate nel piano, la formula della mera  “presa d’atto” del piano al posto della sua “approvazione” ci è sembrata contradditoria e non  adeguata alla previsione normativa. Questo il motivo dell’astensione. 

La partita nel lungo termine si giocherà innanzitutto su quale ruolo si vorrà dare alla partecipata  e sulla volontà politica di sostenere il progetto. Su questo occorre veramente interrogarsi e fare  chiarezza.  

 

Attilio Zabert

Roberto Rava

Federico Oneta

consiglieri provinciali del gruppo Fratelli d’Italia 

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