Si è concluso da poco il diciassettesimo congresso nazionale dell’Anpi, l’Associazione nata ancor prima che terminasse la Seconda Guerra Mondiale e formata da coloro, donne e uomini, che erano stati partigiani. Oggi, i partigiani sono quasi tutti passati a miglior vita e quindi, agli inizi degli anni duemila, l’Associazione ha deciso di modificare lo statuto per accettare fra le proprie fila anche coloro che, per ragioni anagrafiche, la Resistenza non l’hanno fatta, ma ne condividono i valori. L’Anpi, che conta quasi centoquarantamila iscritti, si impegna a tramandare la memoria di quanto avvenuto e, per quanto è nelle sue possibilità, a studiare e far conoscere la nostra Costituzione, bellissima sì ma ancora in gran parte non attuata. Il congresso, tenutosi a Riccione, era composto da circa quattrocento delegati, per il 40% donne. Molti, strano a dirsi, i giovani. I saluti delle autorità, a partire da quello del Presidente della Repubblica, non sono stati formali ma sentiti e ricchi di contenuti. Personalmente, ho apprezzato moltissimo l’intervento dell’arcivescovo di Bologna, mons. Zuppi. Numerosi leader politici hanno parlato e personalità del mondo della cultura, con tesi anche diverse ma sempre argomentate ed interessanti. Numerosissimi gli interventi dei delegati: centoventicinque (ed una settantina hanno dovuto rinunciare per mancanza di tempo).
Alla base della discussione vi era un documento, assai articolato, scritto alcuni mesi fa e quindi approvato con le necessarie integrazioni. Un documento complesso, dicevo, in cui si cerca di chiarire il concetto di ‘memoria attiva’: una memoria, cioè, che non sia mera celebrazione o ricordo, ma sforzo per attualizzare gli ideali della democrazia e dell’antifascismo. Però, di questo come di altri argomenti s’è parlato poco: l’attualità, in sostanza la guerra in Ucraina, ha catturato l’attenzione di tutti. Siccome c’ero, ho ascoltato e sono intervenuto. Posso dire con sicurezza che molti dei resoconti e dei commenti letti sui giornali corrispondono poco alla relazione del Presidente nazionale ed ai documenti votati. L’Anpi non ha assunto una posizione di neutralità, quel ‘né con l’Ucraina né con la Russia’ di cui ho letto. La condanna di Putin, del suo Regime e dell’invasione è stata netta. I confini fra gli Stati vanno rispettati, se non si vuole il caos internazionale. Ciò non impedisce di cercare di capire. Vi è una frase di Spinoza che amo molto: ‘Non ridere, non piangere, non detestare, ma sforzarsi di capire (intelligere)’. Spinoza si riferisce all’atteggiamento umano in generale e parla delle passioni. Io credo sia possibile e giusto attenersi a questo principio anche nel nostro caso.
La guerra viene da lontano, vi sono responsabilità anche da parte di chi voleva far entrare l’Ucraina nella Nato e di chi, da entrambe le parti, ha sobillato i nazionalismi (sciagura dei nostri tempi). Condannare l’invasione, aiutare i profughi, non significa ignorare la complessità della situazione! Il dibattito congressuale ha affrontato anche il delicato tema del tipo di aiuti da fornire all’Ucraina: in sostanza, se fornire anche armi oppure solo viveri, medicinali ecc. Vi è stata diversità di opinioni, come è naturale in una grande organizzazione. Una minoranza si è espressa a favore dell’invio di armi, una larga maggioranza contro. Io ho spesso presente, in questi giorni, il libro di uno storico inglese, C. Clark, uno dei più importanti libri sulla prima guerra mondiale. Si intitola “I sonnambuli” e dimostra come i leader del tempo abbiano portato in guerra le rispettive Nazioni senza volerlo davvero, passo dopo passo, da sonnambuli appunto. E’ stato un immane disastro! Oggi in più c’è l’atomica. Per questo, all’unanimità il Congresso si è espresso contro l’aumento delle spese militari. Arrivare al 2% del PIL annuo vuol dire passare dai venticinque miliardi di euro circa di oggi, in spese militari, a circa quaranta. Una cifra, se anche ridotta e diluita, sempre troppo alta. Dieci/quindici miliardi di euro in più all’anno sono veramente tanti. Bisogna rifarsi alla Cosituzione, all’articolo 11: “L’Italia ripudia la guerra…come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Per questo nel 1947 il governo De Gasperi cambiò il nome del ministero della Guerra in ministero della Difesa.
Per concludere: si può essere d’accordo o no, ma queste che ho cercato di riassumere sono le posizioni dell’Anpi.
Gian Carlo Corada
Una risposta
Meno male che Corada ha scritto questo pezzo cominciavo ad essere stanco delle stupidaggini scritte dai giornaloni. Ormai è chiaro non si può più ragionare sulle cose ma bisogna accettare a scatola chiusa quello che dicono i signori dell’informazione . Bei tempi quando a scatola chiusa si comprava solo il tonno.