Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, poteva dire: «Stiamo vivendo giorni straordinari, giorni che non ritorneranno, giorni che – se sfruttati al meglio – ci faranno sentire persone migliori, come la generazione che è riuscita a salvare il Pianeta dalla catastrofe climatica. In alternativa, saremo solo coloro che “si sono scavati la fossa da soli”.» Oggi, quelle parole dovrebbero essere molto diverse.
A fronte delle sagge scelte di qualche giorno fa del parlamento UE e di qualche mese fa della Commissione europea sul decisivo tema dell’abbattimento delle emissioni di gas serra, ovvero il divieto della vendita delle auto a benzina e gasolio dal 2035, il Governo italiano, per bocca del suo vice presidente del Consiglio e del suo ministro dell’Ambiente, ha espresso tutta la sua critica. In altre parole, riprendendo l’immagine del segretario Guterres, si aspira solo da essere i “seppellitori” di noi stessi.
Il giudizio quindi sulla inadeguatezza culturale di questo Governo per la cura del bene comune degli italiani non può che essere allarmante. Si sceglie di continuare a seguire, costi quel che costi, il Pifferaio di Hamelin della crescita ad libitum dei consumi per raggiungere quella, sempre più sanguinante, dell’economia di mercato.
Quello che crea molta preoccupazione è la disinformazione nella quale sembra che navighi il Governo.
È da 166 anni che la politica e l’economia sono informate dalla comunità scientifica dello stretto rapporto tra combustione delle fonti fossili ed aumento della temperatura dell’atmosfera! Ora si è al punto che, se non si interviene subito con determinazione, si mette in forse il futuro dei nostri giovani, se non addirittura della specie “homo”. A ricordarcelo è l’AR6 (Sixth Assessment Report) dell’IPCC WGIII (III Gruppo di Lavoro del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) dell’aprile 2022.
Non mancano soltanto, tuttavia, nozioni storiche premonitrici. Ci sono infatti novità di molto significato che si stanno muovendo a dispetto dei nostri governanti: chiare sintonie stanno maturando tra l’importante mondo dell’alta finanza e le più alte istituzioni politiche internazionali. Questo è ciò che sta succedendo nelle stanze dei più grandi “fondi di investimento” a proposito de peggioramento del clima: Larry Flink, uno dei fondatori e attuale presidente del colosso “BlackRock”, sin dal 2021 ammonisce i suoi CEO sparsi nel mondo di prestare la massima attenzione ai cambiamenti in atto per favorire la difesa del clima, mentre nel 2022 informava di queste scelte i suoi clienti. Non era da meno un’altra prestigiosa banca di investimenti, la “Norges Bank Investment Management”. Sul fronte degli organismi internazionali, anche il G20, anche perché responsabile dell’80% delle emissioni, ha messo in agenda provvedimenti, anche clamorosi, per abbattere la concentrazione i CO2.
Non soltanto questo. Vi figura anche il ripensamento del Pil, il sistema di calcolo in uso oggi della ricchezza di un Paese o di una area geografica. Da due anni presso l’ONU si sta affrontando criticamente lo studio di un nuovo metodo di misurazione di questa ricchezza. Ai dati statistici finora considerati vengono aggiunti quelli del “capitale naturale”, cioè quelli ambientali che il SEEA (Sistema di Contabilità Economico Ambientale) può già fornire, così da ispirare diversi modelli di sostenibilità per la produzione e per i consumi. In altre parole, si vogliono indirizzare le nazioni verso la sostenibilità sistemica delle economie.
Benito Fiori
ABC-Alleanza Bene Comune