Si grida da ogni parte al cambiamento epocale. Si sostiene che una trasformazione di questa portata nella vita quotidiana non si sia mai verificata. Si guarda al passato come a un tempo di abitudini così diverse da suscitare meraviglia e anche un po’ di nostalgia. Ma si è proprio sicuri che sia così?
Se, per assurdo, Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), il poeta e scrittore passato alla Storia della Letteratura per aver firmato il Manifesto del Futurismo, incontrasse uno dei tanti sostenitori dell’unicità del cambiamento nel comportamento dei singoli determinato dall’invenzione del computer, del telefonino, di internet e dei social, oltre a non sentirsi sorpreso gli spiegherebbe di aver vissuto, agli inizi del Novecento, un cambiamento importante e altrettanto veloce, iniziato con le prime automobili. Aggiungerebbe che la radicale e rapida trasformazione ebbe come comune denominatore di alcune scoperte, dalla macchina fotografica al cinema, dal telefono all’aeroplano, la velocità, e affermerebbe che all’epoca il simbolo della velocità era un automobile (ancora maschile) ‘ruggente, che sembra correre sulla mitraglia’, come si legge nel documento del Futurismo.
Marinetti illustrerebbe come l’auto permise di cogliere un senso nuovo del paesaggio, che non si aveva camminando a piedi, e che determinò una diversa percezione della realtà. Quella visione deve essere stata un vero choc per i nostri antenati, abituati a vedere il paesaggio, cioè il reale, in maniera ben diversa. Arrivando in una città con l’automobile, la sensazione doveva essere quella di entrare in un set cinematografico, mentre, arrivando in treno, si aveva la prima percezione della città attraverso la stazione e non si era condotti rapidamente a vedere lo spettacolo della città attraverso un itinerario preciso. L’auto, invece, dava una diversa percezione, alla quale ci si legava indissolubilmente per il modo diverso con cui si arrivava. Inoltre, un altro cambiamento riguardava il rapporto stretto tra la rapidità dell’automobile e il senso di totale autonomia che essa dava, se si pensa all’organizzazione che richiede un viaggio in treno, con gli orari da osservare e la comunità con gli altri passeggeri. Invece l’auto è autonomia. Il cambiamento caratterizzò l’inizio del nuovo secolo non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa.
C’è anche un aspetto di apprezzamento estetico che riguarda la donna in auto, che non si poteva più ammirare come prima mentre a piedi camminava con andatura flessuosa. Marinetti risponderebbe che, anche se in auto non si riusciva quasi a vederla, la donna acquistava un fascino nuovo e la si doveva ammirare al volante con gli occhiali neri, il foulard, in un colpo d’occhio pieno di attrattive.
Il grande cambiamento che avvenne un secolo fa e che ha avuto per protagonista l’auto è stato integrato da scoperte come la fotografia, che cominciava a diffondersi, a diventare strumento quotidiano e che, prima di diventare quello che è per noi oggi, cioè uno strumento di documentazione, di replica del vero, era concepita come strumento di falsificazione, perché la fotografia miniaturizzata ci può dare il particolare di un’opera d’arte, e questo fu un altro choc oltre alla velocità. L’altro elemento d’innovazione è stato il telefono, la voce che si può sentire a distanza. E’ stato inventato il cinema, che poteva essere visto contemporaneamente in tante città da un gran numero di persone. Infine l’aereo, ancora più strabiliante. La novità della velocità, nata con l’automobile, è diventata mito e anche quel cambiamento, all’epoca, rivoluzionò la vita quotidiana.
Sperangelo Bandera
Una risposta
Bravo “Dera” ! Grande scuola quella del Manin anni ’50 ancora con una Maturità vera. Si vede l’impianto culturale di sostanza. Vale.