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Comitati e le carezze dei partiti: la lezione degli indiani di Forte Apache

25 Febbraio 2024

Correva l’anno 1995. Il 3 gennaio veniva ufficialmente aperto il cantiere dell’inceneritore.  I lavori sarebbero iniziati poche settimane dopo.  Il referendum tradito sei mesi prima (28 giugno 1994) da centrosinistra e Verdi non era stato dimenticato. Gli indiani di Forte Apache con l’ascia di guerra mai sotterrata avevano proseguito a contestare l’operazione.

Il 23 aprile, Cremona andava al voto per eleggere il nuovo governo della città. 

Il 7 maggio, al ballottaggio, Paolo Bodini, candidato dei traditori, con 63.48 per cento dei votanti stracciava Francesco Zelioli Lanzini frontrunner del centrodestra.

Gli irriducibili di Forte Apache avevano partecipato divisi alla competizione elettorale. Risultato avvilente, Waterloo per il movimento. Pietra tombale per gli indiani che da quel momento dormono nel letto del Po, Sand Creek in versione padana.

I duri e puri di sinistra e dell’autonomia avevano corso con il simbolo No inceneritore, incamerato 468 voti (1.02 per cento dei votanti), affidati poi a Giorgio Bergonzi candidato sindaco di Rifondazione comunista.   Con la propria lista il rifondatore aveva totalizzato 4.341 voti (9.46 per cento). Sommati con quelli degli irriducibili del No all’inceneritore avevano fruttato 2 seggi, più quello dello stesso Bergonzi.

Gli indiani moderati, simpatizzanti di Cremona pulita, movimento ambientalista vicino a Forza Italia, avevano puntato sul Cavallino bianco, scuderia di centrodestra.  Il trottatore, neppure lontana fotocopia di Varenne, incassava 514 consensi, l’1.12 per cento dei votanti. Un muso avanti al pony No all’inceneritore.

Pier Emilio Bergonzi, tra i fondatori del Comitato pro territorio e ambiente, attivo nella raccolta firme per il referendum contro l’inceneritore a San Rocco e poi frequentatore da protagonista di Forte Apache veniva eletto (226 voti) sindaco di Gerre de Caprioli.  Vittoria al fotofinish su Bruno Poli (216 voti), insieme a Mario Bini leader degli indiani.

Da indomiti e feroci combattenti nello stesso esercito, Bergonzi e Poli si erano ritrovati avversari nel consiglio comunale di Gerre De’ Caprioli.

Forte Apache è risultato ininfluente sull’esito della consultazione di Cremona. A Gerre ha diviso in due la torta.

Corre l’anno 2024.  A giugno si terranno le elezioni per il sindaco cittadino. Da alcuni mesi sono attivi in città tre comitati.  Tre movimenti contrari a biometano, nuovo ospedale, autostrada Cremona-Mantova. Decisi e risoluti, shakespearianamente incitano i cittadini alla mobilitazione: Ancora una volta sulla breccia, cari amici, ancora una volta

Le premesse ricalcano quelle di trentanove anni fa. Differenti le condizioni storiche e sociali. Resta fermo il ruolo di comitati e movimenti. Sostituiscono i partiti e sostengono le istanze dei cittadini con maggiore tempismo ed efficacia. Meno preoccupati agli equilibri con le istituzioni e con le briciole di politica rimaste, tolgono spazio di manovra a quest’ultime.  Strumenti di partecipazione diretta, scippano l’esclusiva di portatori delle richieste e dei bisogni dei cittadini.

Per comitati e movimenti il problema sorge quando vengono giudicati per le persone che lo compongono, invece che per le azioni promosse. In questo caso nella valutazione prevale l’aspetto ideologico sulla concretezza. È un guaio.

Nelle dinamiche elettorali il peso di comitati e movimenti varia in funzione della capacità di influenzare il voto e di incidere sui i rapporti di forza.

La politica non è la stessa del 1995. È mutata profondamente.  Liquida, fumosa, contradditoria, priva degli ideali che dovrebbero caratterizzarla, è abbandonata da giovani e meno giovani. Non attrae.  Non intriga. Non concede d’immaginare un mondo migliore. Non alimenta la speranza. Non consente di dire «I have a dream». La politica che ascolta è favola.  È regalo di Santa Lucia. È gioco di prestigio. Ascolta, come no? Lo spazio di una promessa.  Coglie l’attimo. Intasca il consenso. Poi ciao ciao, è stato bello. 

Durante Forte Apache la decadenza della politica cremonese era già iniziata, ma non disastrata.  Oggi è all’apice del disfacimento. I partiti un tempo granitici, adesso morbidi soufflé, budini inconsistenti, assomigliano a zombi. Morti viventi, vagano in cerca di un’identità. Di una collocazione.  Vivono di espedienti. Non infondono sicurezza. Non rappresentano i cittadini, ma – troppe volte – gli stakeholder. Più del passato, attirano affaristi. Arrampicatori sociali. Meno gli idealisti.

I leader scarseggiano. Stampanti 3d e l’intelligenza artificiale non li costruiscono. Qualcuno picca d’essere un fenomeno. Il messia, annunciato da San Giovanni Battista.  Lo pubblicizza ai quattro venti. Poi si scopre essere una fake.

I cittadini disincantati, afflitti da mille problemi, stressati da una società competitiva e classista e meno accogliente, chiedono tutto e subito.  Diffidano delle promesse dei candidati. Scottati da esperienze precedenti, sposano il vecchio adagio: Passata la festa gabbato lo santoScettici sugli annunci in campagna elettorale, temono che, un minuto dopo l’apertura delle urne, i vincitori siano colpiti da amnesia retrograda. D’incanto gli impegni presi prima del voto vengono dimenticati. Evaporano. Svaniscono.

Nel 1995, a Cremona i partiti valevano qualcosa. I segretari contavano parecchio. Il Pds, antenato del Pd, non era l’armata rossa, ma neanche l’armata brancaleone. In barba al referendum aveva imposto la costruzione dell’inceneritore là dove i cittadini non lo volevano.

Attualmente i partiti sono merce per stocchisti. Solo gli addetti ai lavori, qualche nostalgico, alcuni reduci e pochi fossili del giurassico conoscono i nomi dei generali. Quello dei sottoufficiali è semisconosciuto anche ai militanti.  Oggi politica e partiti sono maggiormente condizionabili da comitati e movimenti. Sono più fragili. Più indifesi. Più vulnerabili.  Più imbranati. Più ciula.

Il centrodestra non genera un proprio candidato. Adotta un esterno, un civico. Non si sa se il mancato parto sia causato da azoospermia, oligospermia o disturbo erettile, eventualità questa imbarazzante per i maschi che un tempo andavano fieri del loro celodurismo.  Di certo si sa che Alessandro Portesani, ha annunciato la sua discesa in campo con una propria lista Novità per Cremona. Pochi giorni, con entusiasmo, Fratelli d’Italia lo porta a casa (Vittorianozanolli.it, 15 febbraio) Sarà il suo candidato.  Il tempo di capire il giro del fumo e Forza Italia, Lega e Udc saltano sul vagone già in movimento. Sarà l’uomo del destino del centrodestra.  In hoc signo vinces. Portesani come Costantino. Meglio di Costantino. 

Il mondo è cambiato. Una volta i partiti si scannavano e usavano il bilancino del farmacista per imporre i propri candidati.   Adesso esternalizzano il servizio liste elettorali. Dopo l’investitura, Portesani cerca di ruffianarsi i comitati e indirettamente li gratifica di una notevole capacità di influenza sul voto.  Parte la campagna acquisti di elementi di spicco dei contestatori. Vengono spese parole in linea con le loro rivendicazioni. Ma la foga fa perdere lucidità e provoca qualche dimenticanza.

Il Costantino del centrodestra indica il collegamento con Mantova una delle priorità del territorio. «Che sia – proclama – attraverso l’autostrada o no si vedrà» (Cremonasera, 22 febbraio). Non funziona così. Il come sarà è necessario indicarlo prima del voto. Portesani   dice no al biometano, ma non proferisce una sillaba sul nuovo ospedale, anche se imbarca un esponente del no. 

I comitati e i movimenti sono un’allettante torta per i candidati sindaco, ma sono da maneggiare con cura. Sotto lo zucchero e la panna non si nasconde il tesoro immaginato. Non si trova la fabbrica di voti. 

E la riunione del Coordinamento stati generali Clima Ambiente Salute convocata online per giovedì prossimo alle 21, ordine del giorno: Decisioni riguardo alle elezioni europee e comunali di giugno, sono un avvertimento ai naviganti.  Un ammonimento a non credere che l’appoggio dei comitati si conquista con carezze pelose e candidati in lista. La storia degli indiani di Forte Apache insegna.

 

Antonio Grassi

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