Conflitto in atto tra modello globale e sovranista locale: chi vincerà?

22 Ottobre 2023

Nell’editoriale sulla Costituzione di settimana scorsa, abbiamo detto della contrapposizione tra il modello ‘Globalizzato/internazionale’ che di fatto si è imposto nel mondo e quello definito ‘Sovranista/locale’ che è riemerso quale suo possibile contrappeso.

Il fatto che la nostra Costituzione andrebbe  ri-messa in rapporto con questi due nuovi modelli di società così diversi da quelli del blocco USA URSS che l’hanno vista nascere a mio avviso è tanto più urgente quanto consideriamo che questi due modelli stanno di fatto invadendo le nostre città da qualche anno e con delle ricadute decisamente più importanti di quanto potevamo immaginare, tanto che sempre più in Occidente le grandi città mutano e dibattono proprio in conseguenza degli stravolgimenti che la globalizzazione porta, o meglio “importa”.

Si va affermando, o forse è meglio dire imponendo, un modello di grande città “globalizzata” , intesa in senso positivo come internazionale, multietnica, giovane, accogliente e attrattiva, virtuosa per politiche ambientali e culturali.

Se del resto è inevitabile che una città internazionale e attraente sia anche una città interessante, vivace …insomma estremamente divertente, è pur vero che il divertimento oggi è quanto di più desiderabile ci sia nella cultura occidentale e in quelle occidentalizzate. Quindi verrebbe da gridare viva il modello globalizzato.

Questo modello di città è caratterizzato però sempre da due dinamiche parallele e in un certo senso confliggenti: da un lato la città del futuro che attrae cittadini da ogni parte del mondo proprio per la sua dimensione evoluta, si rivela oggi molto spesso una città per ricchi. Del resto, è legge di mercato che il prezzo di ciò che è attraente o richiesto salga. Con buona pace di Henry Ford che diceva che i veri progressi sono tali sono quando sono alla portata di tutti e anche con buona pace di Marx che diceva che da un certo punto in poi la qualità diventa quantità, beh al momento tutte le grandi città occidentali in realtà ribollono proprio perché il loro essere così evolute le ha rese economicamente elitarie. Un’altra contraddizione del modello globale attuale è che in realtà, mentre dovrebbe essere un modello “socialdemocratico 4.0”  si sta rivelando un modello ipercapitalista governato solo dalle leggi del mercato, le quali non hanno alcun riguardo per la storia o la tradizione del territorio ma soltanto per la appetibilità del “prodotto”, il quale deve attrarre il più possibile per poterne alzare la domanda e quindi il prezzo. In un certo senso ciò accade oggi nelle città più “glamour” del pianeta: tutti i cittadini glamour del pianeta ne sono attratti, ci vanno e fanno alzare la domanda: salgono il prezzo degli immobili, l’affitto delle case, il costo di bar e ristoranti etc etc…Il che comporta che di fatto i cittadini che raggiungono queste città sono per lo più giovani benestanti attratti dal divertimento ma con le tasche per poterselo permettere.

Certo questo modello globalizzato oltre a portare con sé cittadini di buon  livello, porta anche molto denaro e quindi in un certo senso è estremamente appetibile, salvo che presenta un prezzo piuttosto alto da pagare: i cittadini “oriundi” o che comunque abitano da anni stabilmente quella città si trovano loro malgrado scalzati dai nuovi arrivati, costretti a far fronte a continui aumenti delle spese e addirittura a volte a dover abbandonare queste città contro voglia, oltre a dover convivere con più gente, più caos, più rumore e via dicendo.

Questo progressivo ma abbastanza inevitabile assottigliamento della classe media cittadina originaria porta spesso ad una polarizzazione sociale, per cui, come per esempio è accaduto a San Francisco, vi si trovano quasi solo due classi sociali:  giovani rampolli di famiglie benestanti  e un numero impressionante di senzatetto disperati in cerca di sopravvivenze occasionali. Anche perché, ed è inevitabile anche questo, più una città è attraente e più rappresenta il miraggio dei più disperati, i quali diventano poi un’altra enorme emergenza da gestire, specie in rapporto coi i residenti locali.

Quasi per reazione, e dato soprattutto che nei paesi democratici chi sceglie gli amministratori cittadini sono i residenti e non gli “ospiti temporanei’ , la pressione sulla sfera politica si fa sempre più forte e di difficile gestione, proprio perché in realtà pare spingere nella direzione contraria a quella globalizzatrice: il modello sociale internazionale economicamente conveniente si scontra con le ragioni territoriali di chi lì ci sta da prima e non se ne vuole andare, anche perché quella convenienza economica non può essere equamente redistribuita ma va in direzioni precise quali appunto l’immobiliare o la ristorazione.

In un certo senso, è come se si presentasse su scala mondiale quell’antichissimo conflitto tra Kultur e Zivilisation che tanto caratterizza il mondo nord europeo: la continua faticosissima coesistenza fra l’appartenenza territoriale, la tradizione, le origini agresti e il progresso sociale e culturale che viene dal di fuori di essa e che su di essa si impone.

Lo vediamo costantemente nel dibattito italiano sulle invasioni di turisti nelle nostra città: nell’ultimo anno 100 milioni di stranieri hanno invaso pacificamente l’Italia portando molti soldi ma anche un sacco di problemi di convivenza con i residenti locali: del resto sono pure sempre il doppio degli italiani …numeri da spavento che peraltro sollevano enormi problemi di preservazione del patrimonio culturale e naturale.

Venezia è forse il caso più noto dove i residenti hanno iniziato a mettere da parte le convenienze economiche sostituendole con la qualità abitativa della città, scegliendo addirittura un sindaco leghista che ha avviato politiche di difesa territoriale molto discusse ma anche molto imitate.

L’impressione che il modello globale sia vincente o meglio invincibile è piuttosto palpabile, ma è estremamente interessante che questa reazione di un certo humus abitativo locale, peraltro politicamente trasversale, si faccia sempre più sentire sulla politica nazionale e ovviamente locale, e stia avendo o possa potenzialmente avere delle ricadute su scelte politiche che poi incidono inevitabili sui tanti cittadini “globali” che forse nemmeno le possono comprendere.

Sarà il modello globale così potente da sopprimere lentamente ma inesorabilmente le spinte ‘sovraniste” locali, oppure stupendo il mondo le comunità locali arresteranno la globalizzazione?

Difficile da dirsi, ma rimane anche qui centrale che la questione sia sempre più dibattuta e al centro delle scelte amministrative.

Del resto anche se in Occidente il “cupio dissolvi”, cioè un certo desiderio di sentimentale autoestinzione, è sempre più diffuso, forse in Italia il vecchio adagio andreottiano che tirare a campare è meglio che tirare le cuoia potrebbe riservarci delle sorprese…

 

Francesco Martelli
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

docente di archivistica all’Università degli studi di Milano

cremonasera.it

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