Nel centenario della cerimonia di consegna della cittadinanza onoraria di Cremona a Benito Mussolini, il presidente del Consiglio comunale Paolo Carletti ha inteso dedicare un banco dell’aula consiliare di Cremona ad Attilio Boldori, consigliere comunale ucciso da una squadraccia fascista l’11 dicembre 1922. Questa mattina Carletti ha posto su un banco del Consiglio comunale il nominativo di Attilio Boldori, affiancato dalla riproduzione della commemorazione ufficiale che ne fece il prosindaco Giuseppe Chiappari in Consiglio, sotto riportata.
“Ora Attilio Boldori ha così simbolicamente ripreso il suo posto sui banchi del Consiglio da dove è stato brutalmente strappato, insieme alla sua vita, da una politica violenta e cieca. Troveremo il modo di rendere stabile un posto in Consiglio Comunale assegnato ad Attilio Boldori”, dichiara Carletti. ”All’appello, purtroppo, non risponde più la squillante amata voce di Attilio Boldori e noi che l’amammo come fratello, che l’onorammo come maestro, possiamo sopportare sì tremendo dolore? Possiamo dimenticare la tortura subita, l’ira politica di una stolta vendetta?La vita seminata di ansie e sciagure per l’emancipazione dello sfruttato, tempri la coscienza nostra, plasmata alla più dura lotta, e ci consigli la fede perché è nella fede ne’’immortale idea socialista che noi dobbiamo trarre la forza, onde sopportare l’immensa sciagura, ma questa non dev’essere, come non è, voce di rassegnazione, è suono vibrante di raccolta, di sfida, di fecondo lavoro. E’ il suono che ci ammonisce su quanto odio ci sia intorno a noi, solo colpevoli di lottare giorno per giorno per il trionfo del giusto, per l’uguaglianza tra gli uomini, per l’Internazionale che affratella le genti. Si rammenti che chi cade vittima dell’odio è un martire della storia del mondo, dal cui sangue sprizzano faville e allora la mano assassina ha stroncato la vita del nostro Attilio, ma non ha certo stroncato i germogli della sua fede. Egli ebbe la morte del martire, fra i campi che amò e sulla breccia che giorno per giorno teneva formidabile, per la realtà rivoluzionaria del Socialismo. Non scordiamo mai come egli, nelle ore più tragiche del turbinoso dopoguerra, sia nei consessi costituiti, sia nei comizi, sempre sorridente pur compreso della grave responsabilità che le organizzazioni gli avevano le mille volte assegnata, portò comunque ed ovunque la sua calma serenità, la sua buona parole, la sua immensa fede. Chi può scordare la folla immensa, lagrimante che seguiva il feretro suo, quella fu l’apoteosi dell’uomo e l’apoteosi dell’Idea. Dalle lagrime roventi che hanno solcato e solcano le gote stanche di una compagna fedele e di due piccoli bambini, attingiamo noi la forza nell’immenso dolore. Compagni ripigliamo la fede ed il lavoro: ad ognuno la sua responsabilità!
Giuseppe Chiappari