Torna la paura, il ricordo indelebile degli anni di pandemia con le storie personali di malattie, lutti e restrizioni che hanno colpito tutti, chi più, chi meno. Torna la paura, perché si teme che il virus SARS–CoV–1 – meglio noto come covid – non abbia mai smesso di circolare, anche quando l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarò terminata l’emergenza sanitaria il 23 maggio scorso, pur avvertendo che il covid non sarebbe mai stato sconfitto (e mai potrebbe, vivendo in simbiosi con l’organismo ospite, come abbiamo affermato più volte), restando una “minaccia alla salute globale”. E di fatto il virus continuerà a circolare esattamente come fanno tutti i sistemi unicellulari parassiti obbligati.
Il vero problema è capire se la paura fonda le sue radici su un criterio oggettivo o se invece sia figlia di una suggestione suggerita dai media che, come è noto, sono bravissimi a cambiare le carte in tavola a seconda di ciò che conviene. E per capire bisogna interpretare tutta quella messe di numeri che sono parte integrante dei bollettini covid settimanali. Cerchiamo di farlo.
Col bollettino del 17 agosto il tasso di positività medio è pari al 7% (+27.1% rispetto alla settimana precedente) testato su 7.107 tamponi molecolari e antigenici settimanali (19.363 quelli della settimana precedente). Quindi un tasso in aumento che però tiene conto di una numerosità diversa di tamponi testati. I pazienti attualmente positivi sono invece in riduzione (-488) con una percentuale pari allo 0.4%. Giocando coi numeri ci troviamo di fronte a due pesi e due misure diverse: sorprendentemente potremmo immaginare che i due dati – tasso di positività e numero di pazienti positivi – possano concordare perché molto simili, ma in realtà basati su parametri di valutazione differenti. Nel primo caso dovremmo preoccuparci per un tasso di positività in aumento, nel secondo, al contrario, dovremmo sentirci sollevati.
Proprio per questo motivo il nostro governo, attraverso la non facile lettura di questi dati e sull’onda dell’entusiasmo per le dichiarazioni dell’OMS del maggio scorso, aveva decretato conclusa l’emergenza sanitaria covid con l’abrogazione dell’articolo 10 ter del decreto legge 52 del 2021 e con il conseguente ritorno alla normalità: stop a qualsiasi genere di restrizione con il plauso di ristoratori e albergatori e con la felicità, sia detto, di tutta una popolazione stanca e distrutta da ogni genere di divieto. Poi, il ministero della Salute ci ripensa. Rilegge il contenuto dei bollettini più recenti, interpreta i dati OMS e fa dietro front. “Contrordine compagni”, avrebbe esclamato Giovannino Guareschi! Difatti, solo qualche giorno dopo, Francesco Vaia, direttore generale per la Prevenzione, corregge il tiro con una serie di disposizioni che, nell’insieme, fanno intendere che l’emergenza è sicuramente finita ma di fatto non lo è.
Ecco allora tornare in campo i vaccini. La circolare del ministero della Salute del 14 agosto propone una campagna vaccinale nazionale anti-covid con l’utilizzo di una nuova formulazione di vaccini a mRna e proteici (aggiornata, monovalente Xbb 1.5), la cui approvazione da parte di Ema e Aifa è prevista nei prossimi mesi. L’obiettivo di questa campagna vaccinale, in concomitanza con quella anti-influenzale, “è di prevenire la mortalità, le ospedalizzazioni e le forme gravi di covid-19 nelle persone anziane e con elevata fragilità, e proteggere le donne in gravidanza e gli operatori sanitari”, con l’offerta di una dose di richiamo a valenza annuale di un nuovo vaccino aggiornato.
Personalmente nulla in contrario, a maggior ragione per l’assenza di obbligatorietà. E il tiro mi sembra giusto quando si consiglia il vaccino aggiornato per la popolazione di fragili, anziani e gestanti. Ma ci sono almeno due cose che, personalmente, non mi tornano.
La paura trova un buon viatico e l’industria dei vaccini ne approfitta. Nessuno è in grado di trovare motivi di contestazione perché quando si parla di salute pubblica e in relazione ai più recenti aggiornamenti scientifici in tema di vaccini, chi li produce è salvaguardato e se il guadagno è consistente non si può certo parlare di furto. Ma il tasso dei pazienti positivi costantemente in diminuzione, a mio parere, non giustifica questa manovra. La paura impedisce ogni genere di capacità critica e per questo motivo diventiamo facilmente influenzabili.
Dati, non aggiornati, riguardano il costo di produzione del vaccino covid. In uno studio dell’Osservatorio conti pubblici dell’università Cattolica, presieduto all’epoca da Carlo Cottarelli, si era stimato che il prezzo per dose di vaccino Pfizer sarebbe stato in media pari a 15.5 euro per gli acquisti effettuati dall’Unione Europea con un aumento per le forniture successive (Il Sole24ore, 24 ottobre 2022), con un costo di produzione per dose di circa 0.90 centesimi.
Quindi, l’industria dei vaccini non fa sconti e la paura diventa una buona giustificazione per legittimare una spesa importante per la salute del pianeta. Nulla di personale, ma non credo che questa spesa potrà fare la differenza rispetto ad alcune regole di comportamento individuale che offrirebbero un sicuro vantaggio per la salute pubblica a costo zero. Temo di più certe cattive abitudini che capita di osservare nelle piazze, nei locali e in villeggiatura. Il rispetto per la salute di tutti, e non solo quella personale, costa poco e porta vantaggio a tutta la comunità.
Fernando Cirillo
3 risposte
non mi pare dai commenti mancati che l’argomento susciti molto interesse. Forse la gente pensa che la Covid sia evidentemente passata, o che se torna lo farà in maniera molto più soft rispetto a quello che è stata in passato, o forse semplicemente, per una somma di motivi, manca l’attitudine a commentare. Che poi le industrie dei vaccini ci guadagnino,e alla grande, questo non lo sapevo, mi giunge nuova!
E per quale motivo non dovrebbero guadagnare?
Ogni mercato ha il proprio guadagno. Poi esiste un’etica che qualifica mercato e guadagno.