Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore della Sanità, pochi giorni fa dichiarava che nella conta dei nuovi casi di infezione da covid c’è una “chiara sottostima”; molti non vengono conteggiati perché una fetta consistente di italiani acquista il tampone antigenico “rapido” in farmacia per poi sottoporsi al test fra le quattro mura domestiche (report del 28 giugno scorso). D’altronde la percentuale del numero di pazienti infetti (e non di “casi”, come vengono definiti dai media, perché quelli si riferiscono al paziente malato) dipende dal numero di tamponi eseguiti presso i presidi sanitari ed è una stima, quella riportata, matematicamente corretta. Anche la percentuale di reinfezione soffre degli stessi limiti: assestata allo 8.4% al termine del mese scorso, all’inizio di luglio è già pari al 9.5% (su 87.700 nuovi casi). Sul tasso di occupazione dei posti letto ospedalieri vale la stessa regola coi limiti riportati dal già citato Daniele Frongia sul Fatto
Quotidiano del 31 ottobre 2020.
I dati forniti dall’Istituto Superiore della Sanità mostrano un aumento più consistente per i ricoveri ordinari che per quelli nelle intensive (report del 2 luglio): questo potrebbe significare che la sintomatologia del paziente malato può essere approcciata e controllata in casa, senza ricorrere al ricovero ospedaliero; che i pazienti che hanno una sintomatologia più grave sono la parte minoritaria (come anche si legge sul Piccolo del 2 luglio scorso dove Angelo Pan, direttore del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale maggiore di Cremona, segnala un piccolo numero di casi gravi con “una ventina di persone positive”), e che invece i pazienti cha vanno a saturare i posti letto nei reparti ordinari potrebbero essere anziani o fragili con complicazioni respiratorie, ma non compromessi.
Il problema dei tamponi rapidi che sfuggono ai conteggi ufficiali non è cosa da poco. I positivi, anche se asintomatici, sono soggetti all’autosorveglianza: una persona che ha avuto un contatto stretto con un positivo non è obbligato a rimanere segregato in casa, ma è previsto un tampone antigenico (rapido o molecolare) solo se compaiano sintomi compatibili con covid, da ripetersi al quinto giorno successivo alla data dell’ultimo contatto al persistere dei sintomi (decreto legge del 30 dicembre 2021, numero 229).
Per i positivi asintomatici vale l’indicazione all’isolamento per 7 giorni dal giorno della diagnosi fino alla negativizzazione dopo ripetizione del test antigenico (decreto legge del 24 marzo 2022, numero 24 e circolare del ministero della Salute, numero 19680 del 30 marzo 2022). Dal momento che non è obbligatorio ufficializzare un test rapido positivo, ne viene che asintomatici e contatti stretti possono tranquillamente confondersi, ad esempio, nella folla di una città o, peggio ancora, nei luoghi di lavoro, mettendo a repentaglio la salute di chi sta accanto (mi viene in mente il lavoro d’ufficio dove la vicinanza fra colleghi all’interno di una stanza può essere davvero molto stretta).
Non stiamo parlando della peste che nel 1656 funestò Napoli e qualche anno prima Milano, come descritto dal Manzoni ne “I promessi sposi”: non si stanno paragonando gli untori manzoniani agli asintomatici positivi perché il tasso di mortalità di quella epidemia non è paragonabile a quello del covid, e perché oggi le densità di popolazione (a Napoli 300.000 abitanti al tempo della peste), la scarsa pulizia e l’alimentazione sono diverse. Questi cambiamenti hanno modificato il rapporto tra microrganismi e popolazione mondiale e concorrono a un migliore equilibrio epidemiologico. Significa che da un lato è favorevole il “libero tutti” per creare quella sorta di “armistizio” fra microrganismi e umano ma, dal canto opposto, la libertà della persona non deve essere condizionata ma suggerita: per esempio (è un’opinione che condivido e che riprendo da Walter Ricciardi, consigliere scientifico del ministro della Salute) è consigliabile l’uso della mascherina anche negli ambienti affollati in determinate circostanze e non solo al chiuso. D’altronde, perché un coronavirus implementi l’attività mutazionale è necessario che venga a contatto col genoma umano o animale.
Quale migliore occasione se non negli affollamenti, senza mascherina, a contatto con potenziali positivi asintomatici? In questo modo, sempre secondo Ricciardi, si prevede un picco di casi positivi per fine luglio e un autunno difficile. Le multinazionali del farmaco gongolano. Ma sarebbe impopolare impedire o limitare la libera circolazione degli italiani durante le ferie estive. “Non posso pensarci ora, sennò divento pazza: ci penserò domani, dopo tutto domani è un altro giorno”, come dice Rossella O’Hara in margine all’ultimo fotogramma di “Via col vento”.
Aspettiamo l’autunno, ci penseremo domani.
Fernando Cirillo
Una risposta
Chi vive pensando e sperando muore …!!!