Enrico Pamiro se ne è andato. Aveva 71 anni, abitava a Quintano, dove si era trasferito da Crema. Era un uomo buono, tranquillo, giusto. Era un amico con il quale ho percorso un pezzo di strada politica insieme. È stato tra i fondatori di Ipotesi 80. Scriveva di istruzione e letteratura. Allora lavorava come copywriter in una importante agenzia pubblicitaria nazionale a Milano. Era insuperabile a giocare con le parole, a creare slogan, a costruire titoli. Da lui ho imparato molto e il suo insegnamento è stato utile per la mia professione di giornalista. Era preciso e attento al significato delle parole, scrupoloso a valutare le sfumature dei sinonimi. È stato editor dei miei romanzi e i suoi consigli sono stati preziosi. Gli sono grato.
Era spiritoso e caustico nello stesso tempo. Con battute fulminanti descriveva una situazione e ne coglieva lo spirito in un modo più incisivo di un editoriale. Con lui parlavo molto di letteratura, del contenuto e dello stile dei romanzi che leggeva e che mi consigliava. Amava la famiglia ed Erminia, la moglie, un suo punto di riferimento importante. Adorava ed era orgoglioso delle figlie Irene ed Emma. La vita non è stata generosa con lui. La morte gli aveva strappato Irene ancora giovane e avviata ad una brillante carriera professionale. E adesso si è presa anche lui. Ha raccolto meno di quanto meritava. Ma in chi lo ha conosciuto lascia un ricordo e un segno che non scomparirà.
Riposa in pace Enrico. Gioca con gli angeli. E parla loro di John Pulman. Scusa, di Paul Newman. Ma tu eri cosi. Ciao Enrico. Che la terra ti sia lieve.
Antonio Grassi