A Crema e nel Cremasco il mese di giugno di quest’anno verrà ricordato per il caldo africano e la siccità. Non per le elezioni amministrative, le più anonime degli ultimi trent’anni. Le più educate ed edulcorate. Le più loffie. O, al contrario, potrebbe restare negli annali per questo non esaltante primato. È stata una campagna elettorale all’insegna dell’understatement, del candidato equilibrato e poco aggressivo. Del nipote bravo e curato nell’abbigliamento, capello in ordine, congiuntivi corretti, nessuna parolaccia, orgoglio di nonne e zie. Tutti democristiani. Tutti dorotei, un azzardo ipotizzare una contiguità con Forze Nuove di Donat-Cattin. Tutti un po’ paraculi e attenti a non farsi male a vicenda. È stata una sfida sottotono, anemica, priva di energia. Pochi globuli rossi e troppa sbobba, venduta per prelibatezza da gourmet. È stata una competizione con scarso coinvolgimento degli elettori, compito in classe di matematica. Minestra riscaldata e insipida. Non un film di Quentin Tarantino, ma un mattone di Andrei Tarkovskij, regista apprezzato da cinefili e intellettuali. Un po’ meno dal pubblico dei blockbusters. Pubblico pronto ad abbandonare la visione dopo un quarto d’ora di proiezione. Appuntamenti elettorali formali e noiosi. Platee amiche con pochi indecisi e un manipolo
di fedelissimi supporter. Inutili i dibattiti pubblici. Contrapposizioni banali e salottiere. Applausi a comando. Un tè con biscotti non avrebbe stonato. Ma di sera non si usa. Coscienziosi e preparati, i sei candidati sindaco hanno svolto con impegno e diligenza il lavoro richiesto dal ruolo ricoperto. Un’esecuzione pulita e precisa, ma insufficiente per scaldare gli animi e aggregare.
La piacevole sorpresa sono stati i giovani di CremaLab. Hanno raccolto il 6,3 per cento dei voti. Meglio di Forza Italia, dei 5 Stelle e della Sinistra unita. Il risultato, segnale di speranza, è una secca smentita del luogo comune sul disinteresse delle nuove generazioni alla cosa pubblica. Se si coinvolgono, se diventano protagonisti reali e non delle comparse sfruttate per slogan raccatta voti, allora gli apprendisti stregoni partecipano. Propongono. Stimolano. CremaLab è Beautiful day degli U2. «Il cuore è un fiore che cresce su un suolo di pietre». La conferma non scontata è, invece, l’usato sicuro. Per Cinzia Fontana, campionessa di preferenze, e Simone Beretta, cavaliere solitario, è stato un mezzo trionfo. No, un trionfo. Forever young. «Possa tu rimanere per sempre giovane» (Bob Dylan).
La competizione non è ancora conclusa. Manca una settimana al ballottaggio fra Fabio Bergamaschi, centrosinistra, e Maurizio Borghetti, centrodestra e Lega. Se la tensione agonistica ricalcherà quella dei sette giorni appena trascorsi, resterà poco spazio per i fuochi d’artificio. I numeri danno favorito Bergamaschi. Bravo di suo e con un proprio stile, è stato involontariamente agevolato dagli avversari, meno preparati sui codici della comunicazione e poco attenti al dress code del candidato alle elezioni. Bergamaschi non ha condotto una campagna elettorale da manuale, ma gli va riconosciuto il pregio di essere stato coerente con il proprio personaggio di uomo moderato. Non ha raccontato agli elettori di essere un saggio, oppure un giovane politico non di primo pelo e neppure un rivoluzionario con la sordina. Si è proposto da borghese illuminato. Definizione poco originale, ma la più semplice per trasmettere il concetto di un centrista pragmatico, non ideologico, tagliato su misura per Bergamaschi. Un’immagine che ai cittadini di Crema piace. Non assicura la vittoria, maaiuta. La politica è qualcosa di più di un bravo pubblico amministratore. Ma un bravo
amministratore pubblico è un bravo politico. Non può esistere uno iato tra le due funzioni. La storia lo insegna. Il declino della deriva populista lo conferma. La politica non è solamente il sangue e merda di Rino Formica, ma è anche la capacità di trasmettere passione, indurre sogni, progettare un cambiamento. È visione prospettica e lungimirante. La politica è un Comune senza buche, la chiusura della vicenda della scuola di Cl, l’utilizzo della Pierina. Ma è anche qualcosa d’altro.
La politica è Crema città del benessere, sostenuta da Bergamaschi. Ma è anche qualcosa d’altro. Va benissimo che Crema sia ‘tutta un’altra cosa’, come promette Borghetti. Ma cosa? Macondo, se si è lettori di Gabriel Garcìa Marquez. Castle Rock, se si è fans di Stephen King. Sono due entità molto diverse. Borghetti dovrebbe precisare quale. La politica è un sindaco con uno sguardo oltre i confini del proprio Comune, che lavora in sinergia con il territorio di cui fa parte.
La politica è un progetto per il Cremasco. Crema lo rappresenta. A lei l’onore e l’onere di guidarlo.
Dimenticato dai candidati, il territorio non è entrato con prepotenza nella campagna elettorale. Il vincitore delle elezioni può rimediare. Può incominciare dall’Area Omogenea. Può suonare la carica. Dialogare con i Comuni, con la Provincia, con Cremona. Crema da sola non va da nessuna parte. Il Cremasco senza Crema non va da nessuna parte. Crema e Cremasco da soli saranno terra di conquista. Terra di frontiera. Sarà l’inizio della fine della Repubblica del Tortello. Ma anche della provincia di Cremona. E credere che il Masterplan 3c salvi baracca burattini è da illusi. O da imbonitori da fiera.
L’unità si raggiunge con la politica, non con un’Associazione temporanea di scopo. Al primo turno hanno votato 15.035 elettori, pari al 55,06 per cento degli aventi diritto. Sarebbe ingiusto imputare la scarsa affluenza esclusivamente alla indolente campagna elettorale. Esistono altri motivi più profondi ed estesi all’Italia intera. Stefania Bonaldi, sindaco uscente, ne ha sottolineati due «la disaffezione alla politica e una buona dose di irresponsabilità, perché poi quegli stessi cittadini che il giorno dopo sono già alla porta del sindaco a chiedere servizi e vantare legittime aspettative». (Cremaonline, 13 giugno). Sulla disaffezione in generale è stato scritto un fiume di parole. Inutile aggiungerne altre. Sulla irresponsabilità dei cittadini si entra in un campo minato. Tesi discutibile e contestabile, apre un fronte di discussioni, polemiche e confronto infinito. Nessuno ha intenzione di iniziarla. Invece sarebbe utile. Gli struzzi sono perdenti. Non aggregano. Allontanano dalla politica.
Domenica prossima, altro giro, altro regalo.
Antonio Grassi