Cremona 4 luglio 2022. In perpetuam memoriam : la tempesta e il ponte maledetto. Usciti indenni da Poppea, la memoria corre a quel 4 luglio 2022 , un giorno fortunato per Cremona. Non ricordo il nome di quella tempesta, ammesso che gliel’avessero dato, perciò potremmo chiamarla Cesira e poi capirete il perché. Fortunato quel giorno dicevo perché con quasi 300 alberi abbattuti , uno su una macchina in transito in via Ippocastani e 595 rovinati complessivamente, tetti scoperchiati volati per strada, edifici pubblici e privati, chiese, scuole, uffici danneggiati o allagati, ponti storici distrutti, non solo non si sono registrati morti, ma neppure feriti, almeno di una certa gravità: una vera fortuna!!
Il fatto svela quindi un dato di probabilità positivamente importante: non è poi così facile farsi del male, neppure di fronte ad eventi estremi. Eppure, se il fato è maligno basta trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, come è successo per Salma a Lissone, morta schiacciata da un albero caduto improvvisamente per una tempesta simile.
Ricordo quel cielo improvvisamente oscurato nel pomeriggio del 4 luglio, quelle nuvole inquietanti arrivare da nord ovest a folle velocità: si registrarono raffiche di vento a 100 km/ora. Quella fuga precipitosa alla macchina, il rientro repentino a casa stando attenti a quale via percorrere, la meno alberata possibile, si sa mai..ma già qualche albero abbattuto si vedeva per strada. Pioggia intensa frammista a grandine, tuoni assordanti, fulmini vicinissimi, un vero spettacolo! La natura dava prova della sua grande rabbiosa ed incontenibile potenza, rispetto a cui all’uomo rimaneva ben poco da fare: cercare di rifugiarsi , sperare e pregare che fosse clemente, anche se le previsioni a medio /lungo termine sono tutt’altro che confortanti, visto che si parla di fenomeni di pioggia sempre più violenti, che neanche ci immaginiamo. Benché ci siano tanti scienziati come il Premio Nobel per la fisica nel 1973, il norvegese Giaever, che cercano di smontare l’emergenza climatica, .”la siccità del 2022 è stata la peggiore degli ultimi 500 anni”, e “6 degli anni più caldi della storia sono tutti nell’ultimo decennio”.
Non male come augurio per il futuro!
Ma cosa c’entrano piogge torrenziali e alluvioni con la siccità? C’entrano eccome, anzi possono essere intese come ” le due facce della stessa medaglia”, appunto quella dei “mutamenti climatici” e pertanto hanno molti punti in comune, anche riguardo agli interventi da farsi, benché non sia su questo che voglio soffermarmi ora, bensì sulla devastazione della nostra tempesta che andai a verificare di persona il giorno dopo in diverse zone della città.
Una delle più colpite fu piazza Castello già dotata di un parco arboreo ampiamente vecchio e malandato e quindi ancor più facile preda di una tromba d’aria che arrivi dalla direzione giusta. E in effetti i danni furono numerosi e devastanti. Alberi contemporaneamente abbattuti per strada sui marciapiedi e all’interno di proprietà private ostruendone l’ìngresso, con tutto il carico delle loro fronde fogliose ( foto 1). Altri enormi, lunghi decine di metri, spezzati in due e piombati sugli alberi vicini a loro volta travolti. (foto 2)
Un altro tronco coperto di muschio era stato proiettato come un missile all’interno di una proprietà privata, sopra il gelsomino della recinzione. (foto 3)
Sull’edificio era appeso un cartello di vendita. Beh, non potendo più nuocere, quell’albero abbattuto, l’abitazione risulterà senz’altro più sicura e quindi avrà trovato più facilmente qualche acquirente.
Su via Grado un altro albero aveva attraversato nel cadere tutta la via andando a sbattere presso gli uffici di un Caaf dalla parte opposta, uffici che furono anche in parte allagati dalla pioggia torrenziale ( foto 4) .
Sull’altro versante di via Tagliamento presso l’edicola, vicino al Provveditorato agli studi e ad una scuola, un altro grande albero, una Robinia pseudocacia L. era stata letteralmente sradicata (foto 5) e fortuna volle che la zona a quell’orario non fosse frequentata da studenti.
A guardar bene, tutte Robinie erano anche la altre piante precipitate, il che dovrebbe farci riflettere su quanto questa pianta, data come particolarmente robusta, in realtà si riveli molto fragile , anche per esemplari giovani come in via della Vecchia Dogana, e questo dovrebbe orientare verso diverse piantumazioni.
A sottolineare i gravi rischi che si sono corsi, spostiamoci in un altro quartiere della città e precisamente in via Giuseppina proprio di fronte all’Ospedale maggiore. Ebbene, il suo sottopasso risultava investito in pieno da un grande albero caduto, sembrerebbe un Ulmus pumila L, di cui è piena la via. (foto 6) . Il caso volle, visto il luogo, che non ci furono danni alle persone.
In piazza Fiume un acero era stato anch’esso spezzato in due ed è stata una fortuna che, cadendo all’interno della piazzetta, non sia andato a rovinare quella che è una pregevole rarità arborea solo lì sita in città, uno splendido esemplare benché non sanissimo di una Phyllirea (foto 7) definita angustifolia L dal sito comunale ma che a guardar bene le foglie ovate verdi scure e piene di nervature (foto 8) fa pensare più alla specie latifolia L, entità tra l’altro protetta a livello nazionale.
Al parco Sartori impressionante era la distesa di piante abbattute di Populus nigra “Italica”: sembravano tanti cadaveri di mitologici giganti al termine della battaglia, e in mezzo a loro una panchina assolutamente intatta (foto 9) . Chissà se qualcuno aveva deciso di fermarsi lì seduto a godersi il brivido dello spettacolo dei pioppi che venivano giù, cercando di schivarli. Un’ebbrezza inimmaginabile!
E veniamo alla devastazione più importante, dal punto di vista simbolico/artistico e quindi monetario. Il ponte sud sopra il Morbasco presso il viale Po. Il ponte è stato distrutto da un grosso pioppo nero gravitante sulla sponda del fiume e scalzato dalle radici dalla furia del vento (foto 10) . La massa vegetale piombata a terra era enorme, si distribuì anche sul marciapiede e andò a lambire le finestre del palazzo vicino danneggiandone la cancellata (foto 11). Un disastro di grandi proporzioni, a prima vista. Si dovette sezionare la pianta in mille parti per poterla poi rimuovere e la visione era veramente impressionante. (foto 12)
Ma questo era solo l’inizio del problema.
Il ponte, progettato da Vincenzo Marchetti, inaugurato nel 1855, riportava decorazioni in ghisa attribuite dall’architetto Michele De Crecchio al fabbro Ghilardotti, che raffiguravano delfini alternati a tridenti ed ancore, ritenuti simboli dei fiumi del nostro territorio, come riferisce il giornalista Massimo Schettino (La Provincia.it 26/5/2023). La spesa per il restauro del ponte storico fu calcolata in 350mila euro. Ora, io ammetto il valore delle opere d’arte , ma una cifra del genere a me da profano in materia mi sembra un filino esagerata. Quanti appartamenti si possono costruire con quei soldi? Obiezione a parte è evidente che il ponte merita di essere recuperato. Fu fatto persino un sopralluogo dalla Protezione civile nazionale e regionale ma poi, doccia fredda, niente fondi dal governo Draghi per il restauro del ponte. Non solo, dei 2.1 milioni di euro di danni globali stimati della tempesta, riferisce sempre il giornalista, anche in questo caso neppure un euro di risarcimento dal governo nazionale. Il Comune prese atto della decisione e riferì dell’assenza di fondi liberi per il restauro. Unica buona notizia è che tutte le parti del ponte e le decorazioni erano state salvate, ma il ponte è lì melanconicamente distrutto, e chissà per quando (foto 13).
Sembrerebbe finita qui la storia, il maltempo che degenera sempre più.. Eppure a scavare nel passato di questo ponte si trova qualcosa che fa emergere diversi significati che col clima che impazzisce nulla c’entrano, anzi se mai il clima “impazzito” non è altro che un segno/ strumento del destino, un destino maledetto, che doveva abbattersi proprio su quel ponte e solo su quello. Qualche anno fa era stato tirato giù presso il ponte un platano, riferisce Schettino, sulla cui corteccia era stata incisa una data, il 14 aprile 1889. La data di un uxoricidio, quando il facchino Manara soprannominato Babila, appena uscito di galera e accecato di gelosia, vi ammazzò a coltellate la moglie Cesira che lavorava nella filanda vicina. E poi da quel parapetto buttò il corpo giù nel fiume.
Non si oltraggia la memoria dei morti, in particolare quelli di morte violenta, cancellandone il ricordo! Tremenda nemesi del destino. Proprio un albero ha abbattuto quel parapetto da cui la donna assassinata fu buttata nel fiume, distruggendo il ponte. Solo quel parapetto, solo quel ponte, in tutta la città, durante quella grandiosa tempesta!!
E il ponte ora appare condannato alla memoria in frantumi, irreparabile..
Sarà solo per mancanza di fondi….? O forse ha ragione il Nobel Giaever: non c’entra il clima, ma qualcos’altro…?
In perpetuam memoriam, ma di chi..?
Stefano Araldi
4 risposte
Di quel 4 luglio mi ricordo bene, rientrai appena in tempo a casa, temendo che le piante del mio giardino facessero la stessa fine degli alberi menzionati e fotografati nell’articolo.
Non sapevo nulla del ponte del Morbasco ed è stato piacevole leggerne la storia.
Articolo, come sempre, interessante e preciso.
Articolo molto interessante, complimenti! Di cambiamento climatico non se ne parla abbastanza, purtroppo… Molti non sanno, o fanno finta di non sapere, che ci troviamo difronte ad una vera e propria emergenza climatica e chi riveste ruoli di potere fa poco o nulla, anche sul piano della prevenzione: non basta agire quando il danno è già avvenuto! Dell’articolo mi sono piaciuti molto anche i riferimenti storici, brillantemente inseriti in un contesto di attualità.
Ringrazio Stefano Araldi, per averci fatto comprendere come sia stata fortunata Cremona, lo scorso anno, nella tempesta che si è abbattuta, sulla città e sui suoi alberi, danneggiando gravemente solo quel ponte sul Morbasco, oggetto della mia ammirazione fin da quando ero bambina.. Da adulta ho fotografato spesso quella parte del parapetto che è sul lato della via Lugo, dove tutt’ora abito… L’altro lato, quello danneggiato, l’ho ammirato di meno e fotografato solo ultimamente, che è in rovina… conoscevo la tragedia di Cesira, ma non sapevo che il suo assassinio fosse avvenuto così nelle vicinanze e che il ponte ne fosse stato testimone. .. mi è piaciuto in questo articolo, il suggerimento sommesso, che le forze della natura siano scatenate non solo da casualità del clima, ma anche dall’oscurità dell’animo umano e dalla ribellione alla sua prepotenza.
Complimenti all’autore che come sempre affronta l’argomento in modo competente, rivelando una ricerca notevole. L’approfondita conoscenza del mondo vegetale in questo caso è accostata a un fatto di cronaca nera che rende molto avvincente la lettura.