E’ passato poco più di un mese dal lancio della proposta di candidare Cremona ‘capitale mondiale del latte’ e nessuno più ne parla. Per fortuna. Esaurito lo strombazzamento delle prime due settimane, su quest’idea balzana e velleitaria è calato il silenzio. Ad ufficializzarla era stato il primo giugno il sindaco Gianluca Galimberti, in occasione del ‘World Milk Day 2021’ a CremonaFiere. Faceva parte della qualificata platea anche l’assessore regionale alle Politiche agricole Fabio Rolfi, il politico bresciano che non ha mosso un dito per evitare il trasferimento della Mostra del bovino a Montichiari. L’esponente leghista ha approvato, tanto non costa nulla. E magari avrà pensato che l’imprimatur regionale poteva contribuire a distogliere l’attenzione dei cremonesi dal danno subìto con la perdita della rassegna che da sola finanzia l’intero calendario annuale delle manifestazioni organizzate a Cà de’ Somenzi. I politici di diverso lignaggio ricorrono alle armi di distrazione di massa quando sono messi all’angolo da un avversario o dall’opinione pubblica. Galimberti si era buttato a capofitto nella missione impossibile di recuperare il maltolto, mantenendo all’ombra del Torrazzo la Mostra che ha fatto conoscere al mondo il livello raggiunto dalla selezione genetica e l’eccellenza della zootecnia da latte italiana. La petizione popolare a sostegno dell’impegno del Comune è fallita ancor prima di cominciare e Galimberti s’è trovato solo e sotto scacco. Come uscirne? Se Cremona è capitale mondiale della liuteria perché non può esserlo anche del latte? Basta esserne convinti e dirlo o tutt’al più fingere di crederlo perché l’idea si materializzi. E un coro un po’ ipocrita, molto compiacente e in parte disinformato si è profuso in elogi e applausi. Ha diretto la clacque la Libera associazione agricoltori che sulla perdita della Mostra del bovino a favore della Fiera del Garda di Montichiari e della Coldiretti che la controlla ha grosse responsabilità e molto da farsi perdonare. Presidenti delle cooperative lattiero casearie grandi e piccole della provincia e responsabili delle associazioni economiche si sono rincorsi nel magnificare la genialata del sindaco. Il più prudente degli intervistati l’ha definita ‘un’idea vincente’.
Nessuna voce si è staccata dal coro per fare un paio di domande semplici semplici: a che titolo Cremona pretende di essere incoronata capitale mondiale del latte? Dalle stalle italiane escono meno di 13 milioni di tonnellate di latte e se ne importano più di 7 perché la produzione nazionale è insufficiente a coprire i consumi interni. Siamo perdenti nel confronto coi partner europei: (Germania 31,1 milioni di tonnellate, Francia 25,01) e sul mercato mondiale: Stati Uniti 99,16 milioni, Pakistan 47,30 milioni, Brasile 35,17, Russia 31,16, Nuova Zelanda 21,8. Ci surclassa la Turchia (21,8 milioni di tonnellate) e addirittura la Polonia produce più di noi. Per non parlare dell’India, leader mondiale con 196,18 milioni di tonnellate. Dunque perché incoronare Cremona, che tra l’altro non è la principale provincia produttrice italiana, e non Nuova Delhi?
L’Italia è perdente nella quantità ma senza rivali nella qualità grazie alla quale produce una varietà di formaggi tipici tale da fare invidia anche agli sciovinisti francesi. La qualità costa e deve avere la giusta remunerazione perché la filiera italiana possa reggere nel tempo all’aggressiva concorrenza straniera, più scadente ma con prezzi competitivi. La Mostra del bovino ha svolto un ruolo prezioso nel far conoscere e affermare l’eccellenza lattiero casearia italiana anche negli scenari dove si decidono le politiche mondiali del latte, ad Hannover in Germania, a Toronto in Canada e a Madison, nel Wisconsin (Stati Uniti). CremonaFiere è stata strategica con la sua convegnistica che ha affrontato i problemi legati alla remunerazione e al prezzo. E’ stata la spina nel fianco dell’industria casearia che tendenzialmente gioca al ribasso.
Occorrono serietà, concretezza e rispetto per chi lavora non promesse roboanti che danneggiano il settore lattiero caseario, trainante dell’agroalimentare, ma che deve lottare per sopravvivere.
Vittoriano Zanolli
4 risposte
Joint venture con l’India per lo sviluppo di tutta la filiera lattiero casearia formaggi gelati caseina per altri prodotti. Con la facoltà universitaria sul cibo. Obbiettivo qualità dalla varietà. Lavoro ce ne sarebbe. O no? Chiedo scusa se esagero.
Possiamo sempre candidarci a capitale mondiale del…’ latte versato’
Quindi …basterebbe aggiungere ” di qualità ” ed il giochino sarebbe fatto. Fra studente alla scuola per geometri ( anni ’66 ’67 e ’68) il dott. Medagliani (Angelo), grande insegnante di agraria, agronomia, zootecnia ci insegnava che una vacca produceva 40/45 qli max / anno per 10/12 lattazioni ( anni)… oggi una stalla che si rispetti ha una media che sfiora i 100 qli a capo/anno ( ma per 4 soli anni)… in 60 anni più che raddoppiata la produzione e qualità garantita ( grasso, proteine, ecc.). Il miracolo della frisona cremonese… Tutto oro quello che luccica?
Il sindaco prima di lanciarsi in esternazioni roboanti dovrebbe documentarsi meglio. Non tutti siamo competenti in materia, e prendere abbagli non fa certo bene, oltretutto in un settore strategico ed economicamente particolare come quello lattiero caseario. Ottimo l’intervento di Zanolli che bene interpreta il sentire comune da addetto ai lavori quale e’ stato e perfetto nel cogliere nella qualità il nostro tratto distintivo.