Una coppia viene fermata in auto dai carabinieri di Correggio, in provincia di Reggio Emilia. I militari chiedono loro di giustificare lo spostamento in zona rossa: lei dice di avere un appuntamento col medico, lui la sta accompagnando. La dichiarazione risulta falsa. Scatta la denuncia per il reato di violazione del Dpcm dell’8 marzo 2020 che impone restrizioni alla libertà di movimento come misura di constrasto del covid 19. Il pubblico ministero chiede la condanna per la violazione dell’articolo 483 del codice penale avendo i due compilato una autocertificazione nella quale hanno dichiarato il falso. A sorpresa il giudice Dario De Luca li assolve.
Nella motivazione della sentenza, il gip spiega che ‘la richiesta di emissione del decreto di condanna non può essere accolta e che invece gli imputati debbano essere prosciolti ‘per l’indiscutibile illegittimità del Dpcm evocato nell’autocertificazione sottoscritta da entrambi, come pure di tutti i decreti emessi successivamente dal Capo del governo’. ‘Tale disposizione – precisa il giudice De Luca – stabilendo un divieto generale e assoluto di spostamento al di fuori della propria abitazione, con limitate e specifiche eccezioni, configura un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare, obbligo che nella giurisprudenza costituisce una misura restrittiva della libertà personale’. Ma un Dpcm, aggiunge il gip, non può disporre alcuna limitazione della libertà personale ‘trattandosi di fonte regolamentare di rango secondario e non già di un atto normativo avente forza di legge; neppure una legge, o un atto normativo avente forza di legge quale è il decreto legge può prevedere in via generale o astratta nel nostro ordinamento l’obbligo della permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini’.
In base alla sentenza di De Luca, il Dpcm in questione vìola l’articolo 13 della Costituzione, perciò deve essere disapplicato dal giudice in base all’articolo 5 della legge 2248 del 1865. Ciascun imputato in forza di tale decreto è stato costretto a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese e dunque illegittima, perciò anche il reato di falso non è punibile. Siccome è costituzionalmente illegittima e va dunque disapplicata la norma giuridica contenuta nel Dpcm che impone la compilazione e sottoscrizione dell’autocertificazione, il falso ideologico contenuto in tale atto è innocuo. Alla luce di queste considerazioni il giudice ha pronunciato sentenza di proscioglimento nei confronti dei due imputati ‘perché il fatto non costituisce reato’.