Che abbiamo il privilegio di abitare una città di non comuni bellezze artistiche e ambientali ogni cremonese lo sa, o almeno dovrebbe. Ma quanto si faccia per preservare e valorizzare quest’immagine, spesso assediata e oscurata da estemporanee forme di barbarie edilizia, è domanda che non dobbiamo stancarci di porre. La questione è vitale anche ai fini di quella risorsa turistica su cui Cremona legittimamente conta come consistente voce del suo prodotto interno. Ma guai a sottovalutare il biglietto da visita con cui si presenta al turista. Tutto è affidato all’impatto visivo iniziale, all’emozione che può suscitare il profilo di un paesaggio urbano o rurale in grado di dire, senza mediazione erudita, l’unicità di un vissuto storico e l’identità di un territorio e della sua gente. E Cremona è perfettamente in grado di raccontarlo purché restino visibili in prima battuta i suoi colori storici e le sue forme…torri, campanili, antiche stradine, carne viva dei mattoni, resti delle vecchie mura medievali costruite nel XII secolo quando la città conquistò l’autonomia municipale. Parliamo, sia chiaro, di miseri resti delle mura, di quel che il becero scempio dell’edilizia abitativa non è riuscito a tamponare e tombare. Giorgio Balistrocchi, circa cinquant’anni fa, ne scovò, ricostruì e studiò la struttura originaria in una lunga avventura di certosina pazienza, indovinandone la presenza dietro a portoni antichi, crepe sospette di muri di cinta, affioramenti d’incerta natura. Di certo, Cremona non è stata valorizzata quanto meritava, a differenza di altre città che su questo genere di reperti, custoditi e tirati a lucido, hanno costruito le loro fortune turistiche. Un esempio: fino a poco tempo fa risalendo da via del Sale si abbracciava una significativa porzione visiva della città storica: a destra i campi, di fronte il Torrazzo, la facciata del Duomo e di san Pietro. Oggi uno scatolone di cemento alto quanto basta per interporsi fra l’occhio del turista e la città vecchia ha tamponato il paesaggio. Nessuno ha vigilato, protestato, fermato in tempo l’offesa al buon gusto e al buon senso. L’andazzo dura da parecchio. I primi danni risalgono ai selvaggi e fin troppo vitali anni ’60. Ma fa riflettere che gli interventi di irreparabile gravità siano tutti nei ‘civilissimi’ anni Duemila, a cultura ambientale e conservativa apparentemente imperante ma evidentemente impotente di fronte al complessivo declino qualitativo e culturale delle classi dirigenti.
Perché parlarne? Perché anche in questo caso un’occasione di ravvedimento operoso potrebbe essere dietro l’angolo in forma di riacceso interesse intorno all’area ex Snum. Terminate le ruspe, è al momento una spianata in cerca d’autore situata nel cuore della vecchia porta Mosa. Fino al secondo dopo guerra, e oltre, l’area presentava una suggestiva integrità paesaggistica: spazio verde a boscaglia che consentiva ampia visione dei resti delle antiche mura, della porta e dell’innesto del famoso baluardo Caracena. Un perfetto complesso integrato di natura e storia che le prime costruzioni degli anni ’60 disturbarono senza tuttavia compromettere il profilo visivo della città storica, anche grazie alla sensibilizzazione operata da Italia Nostra (presidente Giulio Grasselli) e alla conseguente scelta, negli anni ’70, di vincolare l’area. L’affondo mortale per l’integrità del complesso e del suo valore paesaggistico venne molto più tardi, quando alle costruzioni già fatte sopra le antiche mura seguirono i nuovi condomini che ricavarono dagli orti di pertinenza delle vecchie case i volumi necessari. Con una violenza cieca, fatta di ignoranza e ingordigia di profitto, si costruì a ridosso delle mura medievali tamponandole e nascondendole alla vista. In un Paese dove si costruisce anche nei letti dei torrenti non si vede perché non farlo sopra indifese mura medievali.
Oggi si vocifera dell’imminente insediamento nell’area ex Snum di un supermercato. E’ pur vero però che Cremona ha ormai più supermercati che abitanti e i ricavi potrebbero risultare molto inferiori a quelli del recente passato. Il che rende comprensibili le ipotesi di una titubanza dei diretti interessati e dunque di nuove incertezze circa la finale destinazione dell’area. Ma a questo punto, ecco una domanda che chi ama Cremona non può evitare di porre: perché il Comune non si inserisce nella breccia di queste incertezze piazzando una sua carta vincente? Magari, spigolando fra i vari capitoli dei fondi comunitari o vattelapesca destinati al recupero del patrimonio ambientale, si trovano risorse per acquisire l’area e farne un’infrastruttura strategicamente decisiva ai fini turistici: un parcheggio alberato raggiungibile senza interferire col centro storico ma transitando dagli anelli periferici. I visitatori arriverebbero senza colpo ferire nel cuore della città, a un passo da piazza Duomo, avendo l’immediata conferma visiva di essere là dove volevano, cioè in una città antica che racconta – nel quieto decoro del circostante contesto abitativo – la plurisecolare storia del vivere in provincia. La scelta potrebbe rivelarsi una felice doppietta in grado di alleggerire contemporaneamente il traffico sulle direttrici congestionate di viale Trento e Trieste e via Dante, invivibili camere a gas che portano al mega parcheggio turistico di via Dante. Ipotesi fantasiosa o realistica occasione di ulteriore ravvedimento operoso? Chissà.
Ada Ferrari
9 risposte
Guarda caso è una vecchia (circa 25 anni almeno) idea del PRI (Ghizzoni, Bergonzi,…) riproposta dal sottoscritto in altre occasioni e mai presa in considerazione da nessuna parte politica, ribadisco nessuna… ora mi sembra un po’ tardi…
Sarebbe anche l’occasione per risolvere razionalmente la confusa e caotica circolazione di largo Manini e di ridurre la pericolosità degli incroci che dal Manini immettono in S. M. in Bethlem con la realizzazione di una rotonda, a fianco dell’area SNUM, che razionalizzi il traffico da via S. M. in Bethlem con via Manini, via Cadore e via Giordano. Forse bisognava parlarne prima. Spero di essere stato chiaro.
Considerazioni perfette per menti pensanti ed esteticamente preparate…di cui Cremona, tranne qualche eccezione non è provvista, soprattutto nelle ultime giunte che si sono avvicendate. Brava Ada,sempre sul pezzo.
Spero non venga costruito l’ennesimo supermercato di cui non si sente la necessità. Buona l’idea di un parcheggio alberato visto le difficoltà di traffico.Proporrei anche la costruzione di un centro culturale, dove fare mostre di pittura,a rotazione,tenere corsi di musica ,aprire una libreria e uno spazio di aggregazione per giovani e meno giovani ,dove tenere conferenze e incontri con scrittori e artisti.
E’ l’ennesima “ferita” inflitta alla Città. Certo era improponibile lasciare quegli edifici fatiscenti nonché pericolanti, ma vedo che al di là della demolizione, non esiste, al momento, da quanto ne so, una progettualità intelligente per cercare di salvare l’identità urbana di Cremona. Meglio un supermercato?
Estremamente corretto il richiamo all’infelicissimo intervento urbanistico-edilizio sull’area già occupata dai Solai Varese di via del Sale, intervento che determinò un guasto paesaggistico-ambientale del quale credo tutti i cremonesi si siano resi conto.
Anche Cremona nel perfido ingranaggio dei “consumi”
Come non essere d’accordo con lei, gentile prof.ssa Ferrari? Sono andato su Google Maps per vedere dall’alto l’area ex Snum ed ex “Società Cooperativa Edilizia Monteverdi”, quella su cui lei ci ha affidato la sua riflessione: come lei ci ha ricordato, cintata dalle antiche mura della città è per oltre il 50% alberata. Purtroppo, fra qualche mese sarà solo un triste luogo dove al posto di quel verde e di quelle ultime storiche vestigia del passato faranno bella mostra di sé asfalto, capannoni e i cassonetti in cui saranno stati con arroganza gettati gli appelli degli abitanti di via Giordano per alleggerire il traffico della zona.
Ovviamente, la strada scelta dalla nostra Amministrazione Comunale, in barba a ragioni d’ordine estetico e culturali, è quella di portare soldi al suo bilancio a prescindere dai costi. Anche considerato a quanti altri se ne contano in città e dintorni, grazie all’insediamento di un’altra azienda della ‘grande distribuzione’ si favoriranno altre occasioni di acquisto, di spesa, di consumo. In questo luogo l’importante è l’atto del “comperare” rincorrendo la moda, l’ultima novità … in altre parole, “spendere”, ovvero l’azione economica che va a premiare un sistema non più sostenibile dove regnano l’ineguaglianza e la disparità sociale. Un iper o supermercato, infatti, è il luogo elevato a “tempio” in cui l’individuo ritrova, attraverso il “consumo, ergo sum”, una sua appartenenza sociale ormai perduta, quella che Zygmunt Bauman ha chiamato del “homo consumens”. Un “tempio” simbolo di un sistema che nel mondo ha consentito che «2.153 super ricchi possiedono quanto altri 4,6 miliardi di persone. Mentre il 50% più povero ha meno dell’1%» (Fonte: Oxfam). Oppure che un pur ottimo manager, guadagni centinaia di volte quanto lo stipendio medio di un suo dipendente (Marchionne lo era di 400 volte). Un sistema, infine, dove si è rivelato clamorosamente che la smithiana “mano invisibile” equilibratrice del ‘mercato’, se mai è esistita, fino ad oggi sicuramente è rimasta una candida aspirazione presente solamente nei volumi di economia.
Siamo sempre lì, caro Fiori, ….al ‘ cambio di paradigma’. Altro mito da mandare in soffitta: ” La bellezza salverà il mondo” Già , ma come lo salva se noi non salviamo lei?
Piuttosto che quei ruderi dell’ex Snum meglio un supermercato.
Adesso vi svegliate? Quando l’area fu venduta dall’amministrazione Corada, dove eravate? Impegnati nei girotondi?