Scalzato da temi più urgenti e di interesse immediato – disboscamento urbano, tariffa poco puntuale sulla raccolta differenziata dei rifiuti, gatti in tangenziale – il progetto di un nuovo ospedale a Cremona risulta confinato in un cono d’ombra. Ma nell’ombra c’è chi lavora meglio, senza interferenze e non necessariamente nell’interesse dell’utenza, cioè dei cittadini. Al coro garrulo dei politici entusiasti del progetto non è seguito un dibattito sui contenuti della struttura che dovrebbe sorgere sulle macerie del Maggiore. Per evitare che se ne discuta a giochi fatti, urge un confronto che veda protagonisti gli addetti ai lavori, vale a dire i medici, e che si articoli su dati scientifici. La principale domanda alla quale bisogna dare una risposta è la seguente: quali sono le criticità da superare per implementare l’offerta ospedaliera? La decisione regionale di sostenere e finanziare una nuova struttura a tutt’oggi è priva di un’analisi sulle reali necessità del territorio. E’ slegata dai dati epidemiologici, ignorante dei flussi dei cittadini cremonesi verso altre strutture, carente di valutazione dei costi sanitari e, soprattutto, dei possibili benefici in termini di salute della popolazione.
Dalle informazioni fornite dall’Azienda territoriale sanitaria abbiamo conferma costante che i tumori sono la piaga che affligge il territorio, ma in diminuzione, come del resto in tutta Italia, con l’eccezione del cancro dello stomaco, in particolare nei maschi, mentre nelle femmine è la neoplasia mammaria a mantenere un’incidenza elevata. E c’è una differenza tra Crema e Casalmaggiore, dove ci si ammala di più ma si muore di meno, e Cremona, dove ci si ammala di meno e si muore di più. Sono dati molto strani che meriterebbero una verifica da parte delle autorità sanitarie e una riflessione da parte di quelle civili. E’ indubbia la necessità di potenziare la diagnosi e cura dei pazienti oncologici. Ma in questo, come in altri ambiti, la programmazione sanitaria regionale fa acqua. Che fine ha fatto il progetto, favorito da una donazione sanitaria di più di 6 milioni di euro, per la costruzione di un ‘cancer center’ all’ospedale di Manerbio? Lo scopo era dotare l’azienda bresciana di un centro oncologico d’eccellenza. Un’iniziativa analoga era stata annunciata prima della pandemia presso l’ospedale di Cremona. Nel febbraio dello scorso anno era programmata anche la costruzione di un centro oncologico alla Poliambulanza di Brescia con un investimento superiore a 36 milioni di euro. E in un raggio di alcune decine di chilometri sono in funzione l’Istituto Tumori e l’Ieo di Milano, cancer center all’Humanitas, al Niguarda, al Policlinico di Milano, al San Raffaele, al San Matteo di Pavia, agli Spedali Civili di Brescia, al Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Sono tutte strutture all’avanguardia e di rilevanza internazionale che mettono in dubbio la necessità di potenziare diagnosi e cura dei tumori nel Cremonese all’interno di un nuovo ospedale.
In Lombardia assistiamo a un’offerta di prestazioni sanitarie analoga forse al proliferare dei centri commerciali, probabilmente necessaria ma non supportata dai dati relativi a ricoveri e spostamento di pazienti, che risultano difficilmente accessibili. Un moltiplicarsi di strutture e prestazioni apparentemente privo di regole, controlli e pianificazione. Non si sa che cosa la Regione voglia inserire nel nuovo ospedale di Cremona. Quali competenze? Che specialità? E’ necessario saperlo adesso, non quando le decisioni regionali saranno operative.
Una medicina basata sull’edilizia fa girare l’economia e tiene impegnati i professionisti del taglio del nastro, ma non necessariamente ha come obiettivo quello prioritario di migliorare l’offerta di prestazioni sanitarie. E soprattutto non pone al centro dei progetti il fattore umano. Trascura l’elemento essenziale che è la valorizzazione di professionisti motivati e preparati.
Uno dei padri fondatori della Regione Lombardia era solito ripetere: ‘Per ogni mattone una provvigione’. Sono passati cinquant’anni, ma l’adagio è sempre attuale. Meditate gente, meditate.
Vittoriano Zanolli
Una risposta
Per prima cosa sembra necessario riprogettare il servizio di pronto soccorso con procedure, spazi e tempi adeguati. Repetita iuvant