Cremona, quale futuro? Vorrei tornare su un argomento che ha già trovato spazio sulle pagine di questo blog: Cremona e l’incuria. Cremona è sporca. E’ in disordine. E’ brutta. E’ invivibile (vittorianozanolli.it, 27 ottobre 2022). E’ difficile, se non impossibile, che una città che non ha né braccia né gambe, riesca a fare tutto questo da sola. Dovremo allora partire dalla maleducazione di chi la abita, e non solo fra le nuove generazioni, oppure da alcune fasce di popolazione che hanno cultura e opinione differente in fatto di igiene. Questioni la cui risposta è meglio lasciare opportunamente a chi si occupa dei problemi della società.
La mia domanda è capire se il lerciume delle nostre città, come pure della nostra Cremona, possa
influire non solo sulla qualità di vita ma anche sulla nosologia della sua popolazione. Mi spiego
meglio. Una città sporca può condizionare la salute di chi la abita? E’ risaputo che l’inquinamento
atmosferico con le sue polveri sottili a lungo andare determina l’insorgere di broncopneumopatie
dove all’apice di questa tragica piramide troviamo il tumore polmonare, e il blog ha dato voce più
volte a questa emergenza sanitaria. Rispetto ai nuovi target europei previsti entro il 2030,
Cremona risulta fra le città italiane più inquinate con una riduzione necessaria del 42% per non
superare il target di 20 µg/mc per il PM10, e del 57% per non oltrepassare il limite di 10 µg/mc
per il PM2.5 (fonte Il Sole24ore del 30 gennaio 2023). Anche le falde freatiche del nostro
sottosuolo, da cui Cremona e provincia attingono acqua per ogni genere di approvvigionamento
idrico, non stanno meglio. Sono la cloaca dei rifiuti industriali del nord Lombardia con una
percentuale particolarmente elevata di nitriti e nitrati che il nostro organismo trasforma in
nitrosamine, molecole potenzialmente cancerogene in particolare per lo stomaco (Barnes e
Magee, 1976). Il registro cremonese dedicato ai tumori dello stomaco ne evidenzia nel biennio
2010 – 2012 un tasso di incidenza standardizzato ogni 100.000 abitanti pari al 31.2% nel maschio (media nazionale pari al 15%) e del 23% per il sesso femminile (12% la media nazionale). Dati che
non hanno bisogno di commento.
Camminando sui nostri marciapiedi, sia in centro che in periferia, si trova di tutto: mozziconi di
sigaretta, carta straccia, scontrini fiscali, avanzi di cibo, lattine e bottiglie, escrementi di animali
domestici abbandonati da qualche proprietario maleducato, le infiorescenze nel loro periodo di
crescita. Gli anfratti sull’asfalto delle nostre strade ospitano ogni genere di lerciume capace di
sfidare il tempo come un contratto a tempo indeterminato; girando per la città si trovano ancora
mascherine ormai usurate dal tempo e rese quasi irriconoscibili; anche le fioriere che arredano la
parte più centrale della città non restano immuni dalla lordura. Le campane di raccolta dei rifiuti
condominiali scoppiano così come i cestini dei rifiuti che nottetempo si riempiono di ogni genere
di materiale. In periferia dove alcune rogge sono ancora a cielo aperto i rifiuti diventano pabulum
per le grasse pantegane. Sentiti alcuni operatori ecologici, la lamentela inizia dalla scarsità del
personale, prosegue coi turni massacranti per finire con gli scarsi salari.
L’abbiamo già detto ma è utile ribadirlo: amare una città significa rispettarla per poterla vivere al
meglio. Significa godere di una qualità migliore per chi la vive offrendo un buon biglietto da visita
per il turista che ci viene a fare visita. Probabilmente chi amministra la nostra città non ha letto le nostre esternazioni volte anche a un miglioramento nella comunicazione col cittadino. Non avevo grandi aspettative, ma siccome sono un testardo, ci riprovo.
Leggo su Mondo Padano del 30 dicembre scorso un’intervista al nostro primo cittadino Gianluca
Galimberti sul futuro della nostra città. Il settimanale, proprietà di Arvedi, non può che essere
smaccatamente autoreferenziale. Al di là di alcune frasi ad effetto (“abbiamo maturato e
consolidato una visione di sviluppo della città, mettendo insieme pubblico, privato e i diversi
attori del territorio”) e di slogan (“per me la parola chiave è sempre stata insieme” – però non capisco con chi), a me che mi intendo poco di politica riesce difficile comprendere l’Idea che
Galimberti ha di Cremona, ancor di meno quando afferma che nel 2023 “restano da portare a
casa alcuni progetti importanti nel nome della rigenerazione”. Rigenerazione? Se poi facciamo un
passo indietro di quattro anni, troviamo ancora su Mondo Padano del 27 dicembre 2018
un’intervista al nostro sindaco che sentenzia: “il futuro di un territorio dipende dalla forza delle
idee e dal coraggio di attuarle”. Galimberti si augura che la città “si prenda cura delle fragilità, una
città che scopre e riscopre l’orgoglio di essere una città bellissima, una città che ha la capacità di
pensare al suo futuro”. Grazie Galimberti, grazie a nome di tutti i cittadini cremonesi! Non ci hai
messo in copia quando pensavi al futuro della tua “bellissima” città. Forse, insieme (tanto per
ricordare un tuo mantra) avremmo riflettuto su un futuro diverso, magari dando uno sguardo più
ampio alla nostra società che stava cambiando (non solo la qualità di vita, ma anche sicurezza,
salute pubblica, scuola e immigrazione).
L’Oms ha identificato l’urbanizzazione come una delle sfide cardine per la salute pubblica del
nostro secolo, secondo cui entro il 2050 i due terzi della popolazione mondiale vivrà in città che
potranno rappresentare un’opportunità per migliorare la salute pubblica attraverso politiche e
azioni orientate alla salute. Per questo motivo le giunte cittadine e i sindaci, secondo l’Oms (“The
Power of Cities: Tackling Noncommunicable Diseases and Road Traffic Injuries”), dovranno
definire priorità e coinvolgere le parti interessate attorno a obiettivi comuni. Le città sono infatti i
principali siti di attuazione delle politiche e dei programmi sanitari nazionali e senza il loro
sostegno è improbabile che gli obiettivi globali possano essere raggiunti.
Cremona, quale futuro? Battiamo un colpo insieme, per far capire che ci siamo anche noi.
Fernando Cirillo