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Cremona: via della Vecchia Dogana: pessima gestione del verde pubblico

7 Aprile 2023

Premetto che non ho pregiudizi politici, nel senso che non ho problemi ad apprezzare le cose buone da qualsiasi parte provengano, che sia dal Pd, piuttosto che da FdI,  dai 5 stelle… Premetto anche che non ho velleità elettorali e che scrivo non per polemica fine a se stessa, bensì per fornire indicazioni a chi di dovere per migliorare le cose.

Detto questo, un bel giorno ho deciso di percorrere a piedi una via alberata della città di Cremona, via della Vecchia Dogana, avendo visto in precedenza diversi ceppi mentre transitavo in macchina. In effetti di ceppi ne ho contati tanti, ben 23 sul lato della ferrovia (foto 1 centrale in evidenza) contro altrettanti alberi di Robinia pseudoacacia L. (foto 2) . Alberata si fa per dire, dunque.

Undici invece i ceppi dal lato opposto (foto 3) contro una trentina di alberi e qualche arbusto, alcuni dei  quali però  più interni alla via e quindi più riparati, tra cui  un  Nespolo giapponese Rhaphiolepis bibas (Lour.) Galasso e Banfi 2020 (foto 4) non in buone condizioni tuttavia, ed alcuni olmi uno dei quali completamente ricoperto dall’edera e gravitante pericolosamente sulle macchine parcheggiate nella via (foto 5).

Tutte le robinie rimaste e molti ceppi erano a loro volta cinti da una protezione metallica. (foto 6) Molte di esse apparivano malandate, benché la via sia abbastanza recente; alcune già colonizzate da funghi dannosi come il Phellinus punctatus  ( Fr .) Pilat 1942 (foto 7) ma anche da licheni, quali la  Xanthoria parietina ( L.) Th.Fr., 1860 (foto 8) che al contrario si ritiene abbiano un effetto benefico e siano un ottimo indicatore della qualità ambientale, oltre ad offrire uno splendido spettacolo.

In definitiva, non si può dire che questa via sia un bell’esempio di alberatura; al contrario appare in merito una delle vie più disastrate della città.

Se poi consideriamo i cantieri prolungati, un’area a rischio amianto che dai cartelli si intuisce quale possa essere (foto 9), e la carrozzabile proveniente da via delle Tramvie,(foto 10)  che sembra una sorta di pista da Camel Trophy, questa zona non può certo ritenersi un’isola felice. Tutt’altro, per ora!

Ma tornando alle piante, come si è arrivati ad un tale disastro, che tra l’altro significa anche un grande spreco di risorse pubbliche?

Ricordo che durante la tempesta del luglio scorso, percorsi la via tornando frettolosamente a casa e vidi che già alcuni alberelli erano stati abbattuti. Chissà quanti alla fine, e per fortuna che erano solo alberelli, il che induce a pensare che questa via sia  una delle più esposte alle perturbazioni provenienti da nord ovest e che pertanto questo tipo di piantumazione si era rivelato un errore grossolano, perché non teneva conto dei mutamenti climatici che con sempre maggior frequenza possono portare a fenomeni metereologici violenti. Ne consegue che non si può più liberamente piantare quello che piace o salta in mente, ma che bisogna farlo secondo criteri razionali, studiati caso per caso.

Pertanto in questa via stretta ed esposta non vi andrebbero collocati alberi soprattutto se, come la Robina in questione, possono raggiungere grandi altezze ( fino a 25 m) trovandosi costretti poi alla base in limitatissimi spazi strettamente serrati dal cemento sopra e sottostante, che ostacola lo sviluppo dell’apparato radicale .  Come prima scelta invece meglio pensare agli arbusti , più bassi e meno pericolosi in caso di abbattimenti, evitando quelli spinosi e avendo cura che non si espandano troppo in larghezza, da intralciare la viabilità; ma anche le  erbacee possono essere un ottima alternativa, come meravigliosamente è stato fatto all’ingresso del paese di Annicco, a rischio praticamente nullo per l’incolumità delle persone e di una bellezza ornamentale veramente di alto livello. Mi si aprì il cuore quando vidi che qualcuno  aveva già pensato, magari in via sperimentale, a piantumare qualche piccolo arbusto ( foto  11) dal lato della ferrovia. Che condividesse il mio pensiero?

Riguardo agli alberi preferire quelli a medio sviluppo (noccioli, carpini)   nelle vie più ampie, non particolarmente trafficate, e  quelli più alti meglio collocarli nei parchi e nei  boschi dove la presenza umana e veicolare non è costretta come nelle vie ad alto traffico in caso di maltempo. Ecco (foto 12) un esempio di piantumazione “ben riuscita” nel luridissimo bosco di via Acquaviva..  Beh, ben riuscita…forse dovrei cambiare occhiali perché anche qua il numero di pianticelle abbattute è alto. Pertanto, laddove la riproduzione naturale è  notevole e ravvicinata e possono giocare anche altre imprevedibili variabili come il transito di animali selvatici, non è il caso di piantumare.  Avrebbe senso in boschetti di nuova generazione, con piante ben distanziate tra loro, e quindi meno a rischio possibile di potature, ma soprattutto avrebbe senso lungo le sponde dei corsi d’acqua ove invece per una folle ingordigia si sta tagliando a più non posso, per ottenere chissà quale guadagno dalle colture che arrivano fin sulla strada, dimenticando che così facendo si rende ancor più fragile il terreno. Rimasi allibito quando un figura istituzionale preposta al controllo degli interventi ambientali, mi disse esattamente il contrario e cioè che facevano bene a tagliare lungo le sponde per evitare che in caso di alluvione gli alberi caduti in acqua potessero, avvicinandosi alla città, cagionare piene disastrose, e che per la stabilizzazione delle sponde si interviene con delle massicciate., canalizzando sempre più, quindi. 

Da rabbrividire. 

Qua si apre un grande capitolo che merita uno sviluppo a parte. Mi limito a considerare che l’indirizzo dell’Europa in merito è esattamente il contrario di quanto mi disse questa persona, e cioè quello di rimuovere il più possibile dighe e cementificazioni varie. 

Ne deriva, concludendo, che  sprovvedutezza ed approssimazione possono a volte produrre paradossalmente un danno grave all’ambiente a dispetto dei benefici ipotizzati; tenere conto di tutte le variabili, in primis quelle climatiche,  e le specifiche caratteristiche dei fenomeni naturali (fosse anche il corso di un rigagnolo)  ritengo che sia non solo doveroso, ma anche obbligatorio prima di programmare qualsiasi intervento di piantumazione e di regolazione del flusso delle acque .

 

Stefano Araldi

7 risposte

  1. Sprovvedutezza, approssimazione, avidità speculativa…il quadro è questo.E purtroppo è tutt’altro che circoscritto a quel che concerne la gestione del verde pubblico.

  2. Il sig. Stefano Araldi mi sembra una persona molto preparata in materia. Lo segnalo al nostro sindaco e alla giunta perché si avvalgano della sua competenza illuminante più dell’attuale gestione del verde. Dubito che questo possa accadere, però, perché non provare, farebbe guadagnare qualche punto alla attuale giunta visto la china di discesa intrapresa in questo ultimo anno di potere, gioverebbe a lor signori ma sopratutto al verde e all’estetica della nostra città, molto celebrata a parole dal Gianluca nostrano, ma carente nella concretezza del fare. A buon intenditor bastano poche parole!!!

  3. Concordo soprattutto sulla devastazione degli argini che DuNAS sta facendo con il benestare di regione Lombardia.
    Lungo la Morta, rasi al suolo tutto un filare di salici. Si sa, almeno chi si informa che sono piante adatte agli argini non solo perché fortificano le sponde, ma hanno anche una grande capacità di assorbimento in caso di esondazione. Già 2 anni fa, tutta la serie di piante tagliate in città e nella zona cimitero, erano state esaminate da una fitopatologia e decretate sane.
    Un progetto di verde urbano che è tutto da rifare

  4. Concordo, ed anch’io ritengo scandalosa la gestione dei canali, fossi, rogge e colatori da parte del Dunas, che non tollera neppure un arbusto in riva ad un corso d’acqua, nonostante il suo statuto comprenda la conservazione ed il miglioramento delle condizioni che favoriscano la biodiversita`.
    Il Dunas opera esattamente in direzione opposta, banalizza e distrugge qualsiasi ambiente con la giustificazione di garantire l’idraulicita` e la sicurezza, anche quando questa esigenza e` palesemente inventata, vedi il ” colo morta” che da anni non riceve che pochissima acqua, li sono stati tagliati grossi salici che non ostacolavano nulla ed ospiavano una “garzaia” colonia nidificante di Airone cenerino, sito protetto.
    Il Dunas ha preferito spendere 250.000 € ( con rifacimento spondale e massicciate ) per prevenire l’eventuale recupero di un salice schiantato, che ci sarebbe costato 1000 € ?
    Si preferisce smontare e distruggere ambienti montani ( e` da li che provengono i massi utilizzati ) per distruggere ed azzerare la biodiversita` dei corsi d’acqua di pianura.

  5. forse, caro Nino, non hanno neanche la minima idea di cosa sia la biodiversità, di cosa sia una sponda d’acqua…o forse per biodiversità intendono la diverssità dell’azione umana ( biologica) di fare quel cazzo che gli pare pur di intascare soldoni dalla Regione o dall’Europa…

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