Quando capita di incappare in un qualsiasi talk show televisivo ormai da mesi si assiste ad una sorta di psicodramma giornalistico collettivo il cui protagonista indiscusso è sempre e solo Donald Trump,
I volti sgomenti dei nostri tele commentatori filo Zelensky fanno da sfondo più che a dei programmi di analisi e informazione a delle sedute collettive di psicologia dinamica il cui obiettivo è consolarsi reciprocamente e cercare di accettare scioccati l’avverarsi di quello che continua a sembrare solo un brutto sogno. Sorvoliamo, perché non è questo l’oggetto dell’editoriale odierno, ma sarebbe ora di cambiare passo… Senza peccare di presunzione, come sarebbe finita chi scrive lo immaginò parecchi editoriali fa e così è andata. Putin rimane e si prenderà un pezzo di Ucraina, l’America se.ne va e risparmia una vagonata di miliardi e l’eroica Europa si farà carico di 30 milioni di ucraini ridotti allo stremo su cui dovrà investire la montagna di miliardi che gli USA risparmieranno.
Ça ira avrebbero detto i Giacobini, ma intanto i dati di fatto non mancano, e sono due. L’America di Biden ha deciso di iniziare la guerra a Putin, l’America di Trump ha deciso di farla finire. I leaders europei sono corsi in guerra con l’ Ucraina perché lo voleva l’America, e gli stessi si ritireranno dalla guerra per lo stesso identico motivo. È l’America che decide, c’è poco da dire, al netto dello stracciarsi le vesti o del mantenere un certo orgoglioso disappunto.
Ma non dobbiamo mica rimanerci male, i precedenti non mancano di certo e durano da ben più di 80 anni. Da quando De Gasperi fece fuori Togliatti e i comunisti dal governo in cambio degli aiuti del piano Marshall (e per fortuna nostra lo fece), la presa decisionale degli USA sull’Italia non ha mai mancato di farsi sentire, e anche senza tanti complimenti.
Dalla clamorosa lavata di testa o forse anche qualcosa di molto peggio) che Aldo Moro ricevette a Washington quando voleva portare Berlinguer al Governo fino alla vicenda di Sigonella, dove Craxi vinse il match con Reagan sulla consegna di Abu Abbas ma fini i suoi giorni nella cayenna di Hammamet sputazzato da tutti. Chi si mette contro gli americani prima o poi la paga.
Lo comprese bene anche il povero Berlusconi, che per le sue (a mio avviso assai sagge) idee di portarsi la Russia in Europa è finito sputtanato a colpi di Bunga Bunga a livello globale dalla CIA di Obama che lo ha usato come monito assai efficace.
E lo sapeva molto bene anche il più coriaceo ed esperto di tutti, quel Giulio Andreotti che ridacchiava sornione davanti ai rubacchiotti del PSI e alle prime accuse di mafia interne, ma che confidò poi apertamente “quando ho visto che il New York Times riportava la notizia dei sospetti della mia collusione con la Mafia, ho capito che ero fritto”. Questo non tanto perché gli americani volessero far fuori Andreotti, loro fedelissimo alleato, ma perché a Guerra Fredda conclusa non gli occorreva più il Divo Giulio e non potevano assolutamente mettere in discussione il sistema dei pentiti come Buscetta & Co. che erano sotto tutela e controllo diretto e totale dei Federal Marshalls made in USA.
Ma i precedenti non mancano persino dai tempi di Mussolini. Udite udite: per tutti gli anni Venti piovve sul Regime un acquazzone di dollari sotto forma di prestiti bancari. Perfino il Comune di Milano ne ricevette uno astronomico da 30 milioni di dollari di allora dalla Banca Dillon & Read di New York. La crisi del ’29 fece smettere gli acquazzoni, ma un po’ si scrosci di denari continuarono fino al 1941, anno in cui gli USA entrano in guerra con l’Asse…eppure ancora nel 1943 si narra che Benito Mussolini si accordasse con gli USA per trasferire a New York 3 milioni di dollari di allora, suo patrimonio personale, pare con la mediazione del gerarca Dino Grandi che guarda caso dopo la guerra fece una florida carriera di avvocato commerciale con parecchie multinazionali americane.
Insomma come sempre la Storia ci insegna che non mancano i precedenti, anche se nei talk show prevalgono la depressione e le facce sconvolte …
Francesco Martelli
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di archivistica all’Università degli studi di Milano
2 risposte
Rivoltante
Concordo. Semplicente vomitevole 🙉