L’attesissimo Diabolik dei Manetti Bros (ora reperibile in DVD) manderà a casa molti spettatori soddisfatti per aver ricevuto precisamente quanto si aspettavano: un film di puro intrattenimento. girato con molta cura nel rispettare il ritmo del fumetto e con la passione di ricreare gli stilemi del cinema degli anni Sessanta – Settanta attraverso una messe di citazioni atte ad assicurare il godimento del cinefilo. La trama è costruita prendendo spunto da due albi a fumetti dell’intramontabile criminale – eroe (o viceversa): un intreccio relativamente semplice che riesce a mettere in scena una fuga mirabolante, un furto, una cattura che si risolve a tutto danno dei nemici del protagonista, e una rapina in grande stile, lontana, però, dal meccanico virtuosismo di quelle, tipo la serie di Ocean, che siamo abituati a vedere al cinema. Nel ritmo e nella linearità dell’azione, i registi rispettano il passo del fumetto, denso di intrighi, ma di relativamente facile
decodificazione: i colpi di scena sono lasciati cadere senza speciale enfasi, e in parte risultano prevedibili.
I fans degli albi a fumetti vi ritroveranno gran parte del fascino a cui sono avvezzi: l’accattivante semplicità della trama, appunto, l’implicita condanna della società bene in una città ricca e corrotta, un’ élite che suscita curiosità e disprezzo. l’anarchia individualistica del protagonista, che segue una legge tutta sua, al di fuori delle convenzioni. Sono gli ingredienti del feuilleton francese alla Sue, che poi segue le orme di Lupin e di Fantomas, padri legittimi del criminale in tuta nera delle sorelle Giussani.
Il film accentua inoltre la componente femminista, già implicita nel modello, e che qui compare nel primo piano di Eva Kant (Miriam Leone in splendida forma, assai ben servita dalla sceneggiatura), che dichiara tutto il suo disprezzo per essere stata messa da parte e considerata la “mogliettina” che attende a casa trepidante il ritorno dell’eroe dall’impresa.
La medesima operazione di recupero, più che di restauro, coinvolge la tecnica di ripresa dei registi, che reggono l’azione senza situazioni mirabolanti, ma con l’occhio ben attento all’estetica dei capolavori del genere, fra cui primeggiano i maestri del thriller all’italiana, Mario Bava e ancor più il primo Dario Argento, quello de L’uccello dalle piume di cristallo, in cui il giallo d’indagine confina con l’horror. (ma certe inquadrature di palazzi dall’architettura geometrica, di vie deserte, di salotti arredati con gusto modernista richiamano irresistibilmente l’Antonioni dei film sull’incomunicabilità).
Il cinema è per i Manetti soprattutto un gioco, un congegno che deve funzionare a puntino, Sono necessari, quindi, attori affiatati e bene in parte, il che si può affermare per tutti, protagonisti e comprimari: Miriam Leone e Valerio Mastandrea perfetti, ma anche Marinelli offre suggestione al suo non facile personaggio, scegliendo di attribuirgli una fissità quasi meccanica e una voce dal timbro quasi metallico che esprime bene la natura di protagonista – simbolo. Roja imprime la giusta combinazione di perbenismo e cialtroneria al personaggio; gli altri disegnano figure non prive di spunti umoristici.
Su tutto domina una recitazione a tratti lievemente straniante o fuori dalle righe, che serve a rammentare a chi si è appassionato, che siamo comunque dentro un grande gioco.
Vittorio Dornetti