“Di fronte a una tragedia che coinvolge vite umane, ci mancherebbe altro che l’amministratore delegato metta la testa sotto la sabbia. Ovviamente mi sono informato e ho cercato di capire cosa fosse successo. È venuto fuori abbastanza facilmente il fatto che si era rotto un giunto e ho capito che il treno era deragliato su questo giunto rotto”. Così l’ex ad di Rfi Maurizio Gentile, sentito in aula nel processo a suo carico per il disastro ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018, quando il regionale Cremona-Milano Porta Garibaldi uscì dai binari e morirono tre persone. “Non sono mai riuscito a spiegarmi come mai il treno si sia fermato dopo qualche chilometro dall’evento. Mi è capitato di vedere svii di treni, anche a velocità sostenute – ha aggiunto ricostruendo l’incidente -, ma senza che questi si ribaltassero o procurassero danni di questo tipo. Non sono mai riuscito a spiegarmelo”.
La mattina del disastro, Gentile ha detto di aver saputo del deragliamento dal capo della direzione produzione. “Quel giorno ero a casa malato, non ero in servizio. Altrimenti sarei andato sul posto come ho sempre fatto, non tanto perché potessi dare un contributo di tipo specifico, ma anche solo per prendere i primi contatti di tipo istituzionale” ha concluso.