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Djokovic. ATP: Tennis ko. Roland Garros chiude ai no vax

17 Gennaio 2022

É già partito per Dubai, Novak Djokovic, dopo l’annuncio dell’espulsione dall’Australia. L’ATP ha commentato la vicenda come ‘una serie di eventi deplorevoli e una sconfitta per il tennis’. Specificando poi però di ‘raccomandare vivamente la vaccinazione ai giocatori’.

Ma che tipo di esempio vogliamo avere dal numero uno al mondo?

Djokovic: poca trasparenza

Innanzitutto va sottolineata la poca trasparenza di Djokovic, fin dall’inizio. Se il serbo sul campo è sempre sotto controllo, tra rigide diete e allenamenti, dal punto di vista della comunicazione si è sempre dimostrato latente, per molti tratti ambiguo.

Dall’esenzione vaccinale non specificata, alla poco credibile positività al Covid ‘ad hoc’, con tanto di quarantena violata.

 

Il primo appello vinto, poi la decisione del Governo

In primo appello il tribunale federale aveva ordinato il ripristino del visto di Djokovic perché non gli era stato concesso abbastanza tempo per dimostrare di avere un’esenzione valida dal vaccino.

Ma perché un numero uno del mondo dovrebbe presentarsi impreparato alla dogana? 

Da ultimo è intervenuto il Governo australiano, che di fatto ha respinto il visto di Djokovic, espellendolo dal Paese per motivi ‘di salute pubblica’. La motivazione politica è però senz’altro quella di evitare di ‘incoraggiare il sentimento contro i vaccini’, come si legge nell’atto presentato dal Governo australiano.

Un paese, l’Australia, che ricordiamo aver avuto il lockdown più lungo al mondo (9 mesi sommati), proprio nella città di Melbourne, che ospita il torneo.

Che esempio vogliamo dai Numeri Uno? Da Muhammad Alì a Djokovic

Cassius Clay (aka Muhammad Alì) fu obiettore di coscienza nel 1967 rifiutandosi di combattere in Vietnam. Posizione che gli valse l’arresto e la revoca del titolo di Campione del Mondo. Ma 3 anni dopo il Governo degli Stati Uniti tornò sui suoi passi riabilitando il campione che nel frattempo con il suo gesto era diventato un simbolo mondiale di pacifismo e lotta razziale.

La questione covid è però molto più opaca delle battaglie di Alì. E Djokovic vi si trova in mezzo.

Per ora il mondo dello sport ha accettato l’obbligo vaccinale, non essendo presenti ad ora soluzioni alternative. Sappiamo che il vaccino ha evitato i ricoveri gravi, ma l’insostenibilità di una vaccinazione ogni 4 mesi è emersa in queste ultime settimane, spingendo verso l’elaborazione di una strategia alternativa. Che potrebbe puntare verso l’investimento nella creazione di un vaccino ‘meno caro, più duraturo e di proprietà degli Stati’ (Crisanti).

Le posizioni di Federer e Nadal

Il clima di incertezza emerge anche dalle posizioni dei Numeri Uno. Roger Federer si è rinchiuso in un silenzio ‘svizzero’. È vaccinato ma non si è mai espresso su Djokovic o sulle questioni politiche. Nadal, in conferenza in Australia, non ha potuto evitare la domanda su Djokovic, rimproverandolo.

Djokovic evita di esprimersi a parole ma lascia parlare le sue azioni: di fatto facendo scudo ai no-vax con la propria posizione di potere. 

Djokovic perde la battaglia: vincerà la guerra?

Il risultato è però che nel giro di poche ore, la posizione della Francia, dove si gioca il Roland Garros, è cambiata all’improvviso. La ministra dello Sport francese, Roxana Maracineanu, aveva aperto la strada per Parigi, spiegando come Djokovic avrebbe potuto partecipare senza problemi al Roland Garros anche da non vaccinato ‘perché il protocollo e la bolla sanitaria prevista da questi grandi eventi lo permettono’.

Dopo la decisione australiana ecco il dietro-front: ‘Al Roland Garros solo i vaccinati.”

Con l’entrata in vigore del super green pass francese, l’ipotesi di bolla sanitaria per il torneo si è infatti chiusa sempre di più, fino al repentino cambio di statement del ministro Maracineanu.

Insomma, la difficoltà della situazione alimenta un grande caos comunicativo, che non ha riguardato il solo Djokovic. Se i tornei seguiranno la linea dura sull’obbligo vaccinale, a Djokovic non rimarrà che trovare soluzioni alternative. Il rischio per lui è di diventare un capro espiatorio politico internazionale. Ma la strada per Parigi è ancora lunga.

 

Marco Massera

 

2 risposte

  1. Bene eravamo tutti contenti che il problema fosse risolto con un chiaro ammonimento per tutti quando la Francia ribalta tutto, complimenti, e poi ce la prendiamo con i no vax! Premetto che sono vaccinato tre volte ma ai nostri ragazzi che esempio continuiamo a dare!

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