Chi meglio di Alfredo Azzini, passione e cultura, poteva rendere un corposo omaggio alle donne nel giorno della loro festa internazionale, visto che Azzini padre con il figlio Carlo, sono i titolari a Soresina di uno dei Musei più interessanti, più completi e in continuo ampliamento, circa
300 bici dalle origini della draisina sino ai giorni nostri, d’Italia, per non dire d’Europa? Azzini ha terminato la conferenza, tenuta alla sala Maffei per il Soroptimist, citando la bella attrice Silvana Pampanini la quale, inizio anni ’50, cantava: “ Ma dove vai bellezza in bicicletta? \ Non aver fretta resta un poco sul mio cuor | lascia la bici dammi i tuoi baci è tanto bello far l’amor”.
Io invece parto proprio da qui con Dante che non aveva la bici ma il concetto della Pampanini e di Francesca da Rimini è sempre lo stesso.
“ Amor ch’a nullo amato amar perdona , \ mi prese del costui piacer si forte, \ che, come vedi, ancor non mi abbandona.”
Dante avrebbe voluto sentir dire da Beatrice queste parole d’amore più che le dotte e raffinate sdolcinatezze del Limbo, Purgatorio e Paradiso, identificandosi lui in Paolo e Beatrice in Francesca.
Torniamo piedi a terra per la conferenza. John Stuart Mill per primo solleva il problema del voto politico allora vietato alle donne, tema ben caro alle “suffragette” d’Inghilterra, Francia e Stati Uniti. Siamo a quasi 200 anni fa e l’Italia come Stato politico non c’era ancora. Per una giovane donna andare in bici non era cosa semplice per tutta una serie di controindicazioni al tempo molto serie; igieniche, sessuali (si pensava che la sella potesse provocare eccitazione) ma soprattutto mancava completamente un abbigliamento adeguato e decente per la femminilità.
La Regina Vittoria d’Inghilterra diede una notevole spinta positiva al binomio bici-donna mentre la nostra Matilde Serao si disse sconvolta nel vedere tanta indecenza femminile. E poi vincolo molto serio consisteva nel fatto che lo sport sviluppando la muscolatura delle donne poteva deprimere nettamente il desiderio e il piacere del maschio.
Edmondo De Amicis e Umberto Giordano furono invece fin da subito favorevoli al binomio bici-donna. Strana invece la storia di Annie Cohen, che si lanciò da sola in una sfida singolare: fare il giro del mondo in bici andando verso ovest in 15 mesi, partendo senza soldi ma tornando con 5.000 dollari. I soldi arrivarono con le varie sponsorizzazioni. Partì da Boston il 27 giugno 1895 e arrivò a Chicago alla fine di settembre, oltre quindi 1.000 km pedalando. Realizzò d’altra parte che l’impresa era troppo impegnativa e che sarebbe stato più facile imbarcare la bici su comode navi, quindi decise di invertire il senso di marcia poiché solo andando verso est riuscì a trovare le navi giuste per il suo giro del mondo. Il 12 settembre del 1896 termina il viaggio a Chicago da dove era partita il 27 giugno di un anno prima. Quindi 15 mesi meno 15 giorni. Ma aveva fatto il giro del mondo non su una bici, ma comodamente con una bici al seguito su confortevoli navi.
Anche la nostra bella Regina Margherita fu entusiasta della bici e volle imparare a stare in equilibrio. Ma c’era un problema. Qualche baldo giovanotto si sarebbe vantato di aver toccato o sfiorato la Sovrana. Adottando qualche stratagemma tuttavia la Regina nella tenuta della Villa Reale di Monza imparò ad andare in bici.
Vera campionessa dei pedali fu Alfonsina Strada. Nel 1911 a Moncalieri batte il record mondiale di velocità per donne con 37,192 km/h sui 200 mt. Invece nel 1924 partecipa al giro di Italia, 3.600 km, finendo tra i 90 maschi al traguardo finale, mentre più di 50 si erano persi per strada. L’anno prima il Giro era stato vinto dal campionissimo Girardengo mentre nell’anno della Alfonsina i professionisti non parteciparono per protesta contro gli organizzatori. In ogni caso nel ’24 vinse il dilettante Giuseppe Enrici.
Chiudo cercando che cosa vuol dire bicicletta e da dove venga la sua etimologia. Chi ha coniato il termine? Non lo so ma so che hanno messo insieme latino e greco: bis (doppio) e kuklos (cerchio).
Pietro De Franchi