La Calabria sta cercando la collaborazione di circa 500 medici cubani per coprire le necessità degli ospedali pubblici, ormai allo stremo per carenza di personale. Nel nord, anche molto vicino a noi, è diventato necessario ricorrere a medici esterni, ogni giorno uno diverso, per coprire i turni degli ospedali. Mancano i medici, dicono. Colpa delle scuole di specializzazione, aggiungono. Strano, visto che in realtà i medici ci sono e gli specialisti anche: abbiamo molti più medici di Francia, Olanda e Belgio in rapporto alla popolazione e per giunta gli specialisti rappresentano quasi l’80% del totale.
Non sarà che il problema è un altro? Non sarà che la attuale crisi della sanità sta portando alla luce il risultato di anni e anni di faticoso impegno da parte di direttori generali, referenti sanitari improvvisati e sottobosco politico per distruggere la sanità pubblica?
Un esempio vale forse più di mille discorsi. Non molti anni fa, nell’Ospedale principale della provincia (quello destinato ad essere sostituito da un nuovo ospedalino con meno posti letto di Cremona Solidale), tutti i dirigenti medici furono obbligati a seguire un corso di aggiornamento tenuto dal Direttore del Porto container di La Spezia che descrisse con precisione le problematiche legate al carico e scarico delle navi, ai magazzini, al traffico di mezzi pesanti ed al modo di risolvere le questioni legate alla logistica e definendo quindi il modello organizzativo degli ospedali pubblici. Il tutto nell’imbarazzo dei presenti, che colpevolmente ritenevano che assistere i malati fosse cosa differente rispetto alla pur degnissima professionalità del gruista e dello scaricatore di porto. Notevole fu anche un altro incontro di aggiornamento obbligatorio durante il quale autorevoli ed anziani primari furono obbligati ad indossare berrettini di carta multicolori, mentre garrule fanciulle autodefinitesi psicologhe ed evidentemente mai malate sino a quel momento, spiegavano l’importanza di impostare il rapporto medico-paziente su basi giocose e liberatorie. Al punto che la mia proposta di utilizzare nuovi strumenti in ambito ambulatoriale, quali le trombette colorate e lingue di suocera di carnevale, vennero tenute in alta considerazione. Piccoli dettagli, certo, ma che forse riescono a dare una pallida idea di come precedenti amministratori della Sanità pubblica hanno inteso il loro ruolo.
Perché stupirsi ora di un raccolto corrispondente a quanto si è seminato in precedenza? Se poi aggiungiamo una recente pandemia totalmente caricata sulle spalle del personale sanitario, allora forse ci si rende conto che oggi semplicemente stiamo raccogliendo i frutti di una gestione della sanità affidata a personaggi che, con qualche lodevole eccezione, non sappiamo se definire incompetenti oppure in malafede. Uno dei risultati più visibili è l’esodo in massa dei medici dagli ospedali, determinato da un contesto nel quale il medico è marginalizzato ed escluso da ogni processo decisionale, alla mercé di una burocrazia che ormai è diventata peggiore di quella statale, subalterno a direttori che nella massima parte dei casi hanno l’unico scopo di compiacere i loro referenti e “datori di lavoro”, privo di riconoscimenti professionali, con stipendi analoghi a quelli di un bergamino, con turni che spesso non rispettano la normativa, con il rischio reale di essere preso a cazzotti dalla “clientela”, del tutto privo di “voce in capitolo”…….Perché stupirsi se i medici abbandonano gli ospedali? Molti di quelli che ancora resistono stanno solo aspettando una buona occasione.
Da rilevare il fatto che le autorità sanitarie non sembrano rendersi conto della gravità della situazione e continuano imperterrite a non intervenire su quello che possiamo definire un vero e proprio sfruttamento professionale, dedicando invece tutte le loro energie ad una instancabile attività edilizia e di salvaguardia delle loro rendite di posizione.
Bello inaugurare una Pediatria che non ha personale per stare in piedi da sola. Bello costruire un nuovo ospedale e pensare che quello attuale ed efficiente seguirà il destino dell’INAM di viale Trento e Trieste. Bello costruire Case o Ospedali di Comunità senza avere il personale per farli funzionare. Bello dare la responsabilità allo Stato di una decisione che invece è solo regionale (DEA di secondo livello). Bello subordinare la qualifica di un ospedale ai quattrini che girano per progettisti, calcestruzzo e mattoni. Bello costruire senza sapere cosa metterci dentro. Meno bello accorgersi, ogni giorno che passa, in che mani siamo finiti.
Pietro Cavalli
3 risposte
Condivido pienamente tutto ciò che dici, sono mesi che faccio queste considerazioni. Cosa possiamo fare per porre un freno a questi disastri?
Ho letto con estremo interesse. Il quadro tracciato è di una lucidità diagnostica che rende superfluo ogni commento. Mi limito a osservare l’inquietante analogia con quanto ho sperimentato nel mondo universitario: da ordinaria mi sono ritrovata a dover costantemente rispondere a cretini questionari, ideati da supercretini strapagati per concorrere al famoso ‘efficientamento’. Ho sopportato il diritto attribuito agli studenti di dare giudizio scritto sul docente appena sostenuto un esame con lui. E, ben più grave, ho visto l’albero disciplinare massacrato e stravolto dalla quantità di futili insegnamenti inventati per garantire a questo o a quel barone universitario posizioni di potere e per destinare alla disoccupazione legioni di studenti. L’Italia è scivolata alla mercé di un vorace sottobosco politico e di processi che, come il quadro della sanità pubblica perfettamente descrive, procedono con scientifica pianificazione nella distruzione di ogni meritocrazia. Nella storia si sono via via sconfitti fascisti, tiranni, comunisti ecc. ma come a averla vinta sulla dittatura di stupidità e malafede resta forse la sfida più dura
Condivido quello che ha scritto il bravo dott.Cavalli. Sono anni che la Sanità ed il ruolo del medico sono stati distrutti. La legge 833/78 solo in parte ancora in vigore aveva previsto le USSL , in Lombardia si chiamavano così, raggruppavano i cinque momenti essenziali della sanità, quello dell’igiene, l‘aspetto sociale, quello della prevenzione primaria e secondaria e la diagnosi e cura, quelle che nei vari azzonamenti avevano la città capoluogo di Provincia avevano anche i presidi multizonali , ora Arpa, con competenze provinciali. C’era localmente una gestione politica ed una amministrativa e sanitaria ed i vari membri erano scelti a livelli locali per una gestione “globale” della Sanità. Poi le maledette Regioni (vero e proprio inutile doppione di spesa in tutti i sensi per il nostro Paese) decisero di prendersi tutto. Mi sembra evidente che la gestione locale cercasse i migliori dirigenti ed i migliori medici perché rispondevano direttamente ai cittadini. Adesso le scelte sono tutte politiche, direttori generali calati dall’alto per appartenenza politica, nessun rapporto con il territorio e lo abbiamo verificato con il covid, spesso incapaci, ma amici degli amici. Se cito il nome di Formigoni può essere un esempio negativo per tutto? Ora i medici migliori, spesso al comando di inutili e raccomandati superiori, scappano. Ci meravigliamo? L’è tutto da rifare, altrimenti si va verso il privato, anzi il business del privato.