GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI
Occhio non vede cuor non duole. Alla eterna saggezza dell’antico adagio dev’essersi ispirata l’Amministrazione comunale di Cremona nella scelta di un’illuminazione pubblica singolarmente spartana. Situazione momentaneamente mitigata grazie alle luminarie natalizie. Dopo di che fioche luci mestamente sepolcrali torneranno a lambire un contesto urbano che ormai dal ‘vedo non vedo’ ha tutto da guadagnare. Decisamente preferibile il vago chiarore del crepuscolo a certe illuminazioni a giorno che impietosamente rivelerebbero la nuda sequenza della desertificazione commerciale che vede spegnersi, una dopo l’altra, le nostre storiche e migliori vetrine. Resistono, e sciaguratamente proliferano, imbarazzanti kebab e spogli antri in cui minuti asiatici di espressione indecifrabile quanto le scarne parole che riesci a strappargli, s’ingegnano sui malanni di cellulari e computer. E’ la Caporetto del saper fare nostrano: persino i suoi più irriducibili sostenitori, vanamente cercato per giorni un tecnico di favella italica, cedono all’inevitabile e si consegnano in mani ignote, cautamente sperando nel miracolo. E così, passo dopo passo, la ‘via della Seta’ avanza e con lei la nostra resa all’enigma asiatico. Il resto è silenzio. Buio e silenzio.
Poco male, direi. Se non fosse per un prosaico inconveniente che cercherò di evocare con la dovuta eleganza. Se infatti le tracce della nostra antica opulenza commerciale vanno ormai scovate col lanternino, fin troppo abbondanti sono invece le tracce canine che padroni di mirabile sensibilità sociale amano condividere col resto della collettività. A ogni passo un agguato. Per non dire dei viali, in cui il manto di foglie cadute cela micidiali sorprese. Proverò dunque a rompere il lungo sonno della locale inventiva commerciale con un simbolico gesto di ‘cittadinanza attiva’ in forma di proposta: fabbricare e commerciare calzature ‘usa e getta’ a beneficio di chi s’avventura per le strade cittadine senza adeguata attrezzatura di torcia e occhiali laser. Pervenuti, di batosta in batosta, a rivalutare i modesti piaceri quotidiani, i cremonesi potrebbero così riconciliarsi coi classici quattro passi sul Corso in rilassata svagatezza, senza la seccatura degli occhi incollati al pavimento. Considerazione, questa, che amichevolmente indirizzo a chi va dicendo che ormai siamo gente terra-terra che non sa più guardare in alto. Per forza, prova a guardare in alto una frazione di secondo e sei perduto.
Ma ecco che, passo dopo passo, superando svariate insidie e arcane zone d’ombra, si arriva in vista di piazza Duomo: il chiarore aumenta e luce è fatta. E che luce! Agghindata a festa nel periodo natalizio la piazza ha i bagliori e le fosforescenti tinte di un luna park. Il Torrazzo svetta travestito da gigantesco torrone violaceo. Il palazzo del Comune occulta la sua elegante fattura duecentesca sotto una raffica di proiezioni luminose che all’infinito ne riconvertono forme, colori e stili ….dal bizantino al veneziano fino agli audaci ghirigori cromatici che, per qualche misteriosa associazione visiva, mi ricordano le illustrazioni di certe fiabe infantili col verde troppo verde e il giallo troppo giallo. C’era bisogno di questo incalzare di travestimenti? Non era preferibile esaltare la bellezza monumentale della nostra piazza affidandosi a un gioco di sapienti fasci luminosi in grado di regalarci percezione ancora migliore e più autentica dei suoi volumi, delle sue forme e dei suoi colori?
Impazza, ben oltre Cremona, la moda di ridurre storici palazzi e pregevoli facciate a schermo su cui proiettare tutt’altro. La faccenda trascende dunque la natura occasionale di un evento natalizio e si riconfigura a ben altro livello, come vera e propria scelta culturale riguardante il più corretto approccio al patrimonio artistico e monumentale di una città storica. Aiutarlo con ogni accorgimento anche tecnologico a rivelarsi e farsi apprezzare per quello che è oppure travestirlo ed eccentricamente camuffarlo per meglio ‘venderlo’ grazie a spasmodica ricerca di effetti speciali?
Se ne potrebbe concludere che, immeritevoli eredi di tanta bellezza, non sapendo portarci al suo livello, molto spesso trasciniamo lei al nostro. E sempre più impietoso appare il paragone con un passato che, grazie a irripetibili condizioni socioculturali, istituzionali e politiche, per secoli fece dell’arte il principale strumento di prestigio e potenza. Artisti di genio scovati e sostenuti dal mecenatismo, botteghe artigiane d’eccellenza, Maestri di gran livello e allievi con l’umiltà necessaria alla disciplina dell’apprendimento, un diffuso gusto per la bellezza, l’orgoglio di
farne terreno di competizione fra città e città, fra stato e stato….E la cosa più straordinaria era il coinvolgimento popolare, la misura e la spontaneità di un’identificazione con l’immagine e il prestigio della propria terra che rendeva anche i più umili fieri di contribuire all’impresa. Un miracolo di coesione civica consentì al duomo di Milano d’essere costruito anche col concorso dell’obolo dei poveri.
Età non ‘democratiche’ nel senso attualmente attribuito alla democrazia hanno sperimentato, quand’era in gioco la nascita di grandi bellezze destinate a sfidare il Tempo e la Storia, i generosi slanci di un’identificazione fra popolo e istituzioni che le nostre distratte e smidollate democrazie neanche si sognano. Ma questi sono ricordi lontani. Reale e vicina, fin troppo vicina per le mie scontrose inclinazioni, è invece la selva dei cellulari di buona bocca che in questi giorni immortalano la facciata comunale in gran spolvero di effetti speciali.
Operazione curiosità/stupore pienamente riuscita. In fondo, perché rovinarla ragionandoci sopra?
Ada Ferrari
9 risposte
Cara Ada, hai ragione. Innanzitutto buon anno. Riguardo ai proprietari dei cani io credo si debba fare qualcosa, dopo la reiterata denuncia ormai da mesi su questo blog. Ho due cani e devo confessarti con un po’ di vergogna che talvolta mi viene spontaneo tirare su anche lo sterco di altri per lo schifo solo a vedersi. Ma non credo che il senso civico possa risolvere il problema. Via Bissolati e zone limitrofe, le mie, sono diventate un pericoloso percorso di guerra soprattutto nelle aree coperte dal fogliame. Hai qualche idea? Pensi che responsabilizzando il proprietario di cani attraverso un processo educativo pensato da Galimberti possa essere una idea vincente? Credi che chiedere alla polizia locale di vigilare sulle inadempienze dei proprietari di cani con multe salate possa risolvere il problema? Credi che obbligare i proprietari a frequentare costosi corsi con relativo attestato presso lo SCIVAC di Cremona sia una idea perseguibile? Francamente non saprei cosa scegliere, ma qualcosa va fatto. E questo è in linea con le fioriere trasformate in cestino dei rifiuti. Vogliamo creare un concorso di idee giusto per entrare nella operatività? Resto in attesa. Un abbraccio.
Ricambio,caro Fernando auguri e abbraccio e rilancio l’ ipotesi di un aggiuntivo contributo sulla tassa rifiuti per chi possedendo uno o più cani ha obbligo di contribuire a igienizzare gli spazi pubblici
Quanti argomenti toccati dalla professoressa Ferrari! Si spazia dalle luci fioche alla presenza di botteghe che vendono kebab, ai negozi gestiti da asiatici alle deiezioni canine…per arrivare alle proiezioni di immagini varie su monumenti e palazzi. Quest’ultimo era ciò che la professoressa desiderava affrontare, forse, senza però tralasciare i suoi cavalli di battaglia che più volte abbiamo ritrovato nei pregevoli editoriali.
Effettivamente l’effetto sembra un po’ pacchiano. Preferibile far brillare gli antichi splendori. Scadente quel blu del Torrazzo a confronto della semplice e più rispettosa illuminazione del Duomo.
Che delusione! Fior di intellettuali che dibattono sul problema delle deiezioni canine!!! Sembra un problema che solo oggi è diventato impellente, ma in realtà è sempre stato così!!! È vero che l’importante è migliorare e risolvere, ma fare diventare oggetto di discussione le cacche dei cani… La professoressa Ferrari è soddisfatta che dell’editoriale di cui è autrice resti come interesse principale questo argomento? Pensavo che ciò che intendeva sottolineare fosse il fatto che i monumenti cittadini siano inondati di luci e colori fuori luogo… Allora ha ragione Paola Pieri: poca chiarezza su quello che si vuole denunciare. O forse le preme rimarcare aspetti meno nobili, ma che in realtà le stanno a cuore.
Sono fiera, cara Martina, di non appartenere alla schiera degli astratti intellettuali che ritengono inadatto al proprio rango parlare di deiezioni canine se queste, moltiplicandosi insopportabilmente negli ultimi tempi, contribuiscono al drammatico degrado igienico ambientale complessivo di Cremona. Visto che a questo riguardo tanto fa già l’ Amministrazione locale, non si sente davvero il bisogno che l’inciviltà di troppi proprietari di cani peggiori la situazione.
Se le pietre potessero parlare son certa che passerebbero direttamente al pianto. Le proiezioni super technicolor storpiano meravigliosi profili e feriscono l’austera nobiltà dei monumenti. La bellezza è altro, e senza anima da accarezzare in ogni via, sotto ogni lampione, sotto ogni decorazione, ben poco rimane a vivificare le menti
e il nostro cuore. Tutti intenti a fare foto, ma è tutto finto e attorno è troppo buio. Manca la voce intima e calda della città di un tempo, quella città che appartiene a tutti e che oggi è altro. E pensare che sarebbe il tempo di Natale.
Mi unisco alle accorate parole di Ada Ferrari in difesa dell’amata città, la fiorentissima città di Sofonisba in rapido e triste declino.
In contrasto a questo vuoto luna park lo splendido, silente e toccante Presepe in Sant’Agata: vorrei ringraziare l’artefice dell’opera, ambientata sapientemente nel contesto della cascina cremonese, perchè penso che solo questi importanti segni di bellezza, fede e tradizione possano salvarci e combattere la quotidiana battaglia contro la decadenza, la stupidità ed l’omologazione.
Come sempre, grazie Ada Ferrari.
Ringrazio di questo contributo intelligente che fotografa il degrado di una città che andrebbe valorizzata e custodita con sapienza . Sembra che oggi debba essere tutto una fiera, dai centri commerciali al cuore stesso della città e si va a marce forzate in questa direzione allevando a questa scuola generazioni amate di cellulari dalla ” bocca buona.”