Il territorio, inteso come Cremasco e provincia, non è stato inserito tra le priorità dei candidati sindaco di Crema. Consensi e voti si raccolgono con la promessa agli elettori di asfaltare strade, migliorare servizi, tagliare tasse, recuperare fabbricati dismessi. Se questo comportamento è comprensibile per la necessità di acquisire consensi e voti, è al contrario criticabile per la mancanza di una progettualità relativa al futuro. Oggi, più che in passato, una visione amministrativa limitata al proprio orticello contribuisce alla stagnazione della politica e al rallentamento dello sviluppo nella nostra provincia. I Comuni, le aree omogene, non sono monadi isolate e autosufficienti. In una società globalizzata e interconnessa, post ideologica, interessarsi dei vicini, collaborare con loro è la sopravvivenza. Per governare un borgo, una città, una provincia con la prospettiva di un domani decente, è indispensabile e imprescindibile spingersi oltre i propri confini, stipulare alleanze, creare reti, trascendere dalla specificità del ruolo ricoperto e dalle funzioni ad esso collegate. Oggi, e sempre più spesso nei prossimi anni, un territorio oltre a porre la massima attenzione al proprio particolare, dovrebbe condividere e armonizzare le scelte con gli interlocutori della porta accanto. Senza questa attenzione la probabilità di una morte per asfissia è assai elevata. Disponibilità al confronto e al dialogo, abbandono di pregiudizi e rigidità senza essere arrendevoli, sono le armi vincenti. Non si comperano al supermercato o all’outlet, ma si acquisiscono con un lungo e faticoso tirocinio, che le nuove generazioni non gradiscono. Tutto e subito non aiuta, ma l’attesa è fuori moda.
Il problema non è la campagna elettorale della Repubblica del Tortello, che è solo il pretesto di questa riflessione. Il punto dolente è la politica in generale e, nello specifico, quella locale. Quella stessa politica che dovrebbe risolvere le questioni, invece le complica. Cremona, Crema e Casalmaggiore e i territori che gravitano intorno a loro scarseggiano di leader. Abbondano di leaderini. Spesso in ambasce, preoccupati di scrivere comunicati stampa o documenti politicamente corretti, vigili a non calpestare troppo i piedi di amici, ma anche di avversari, dimenticano il bene comune e i suoi corollari. Lustrascarpe diventati re s’incaponiscono, supponenti, a spiegare ai cittadini quello che loro stessi non hanno capito. Pugno di ferro senza il guanto di velluto nelle trattative per la spartizione di poltrone, proni verso l’establishment, i partiti vengono sfanculati dagli elettori e comandati dai potenti.
Il Masterplan 3c è l’ultima e peggiore rappresentazione dell’inconsistenza della classe politica di casa nostra e della sudditanza verso il potere economico e finanziario. Definito «il grande strumento di analisi e di programmazione territoriale che Confindustria ha ideato e regalato all’intera comunità cremonese (Mondo Business, maggio 2022, pagina 3), il Masterplan 3c è già vecchio, ma soprattutto non è la fata turchina e neppure mago Merlino. Non trasforma il territorio nella gallina delle uova d’oro. Che sia un grande strumento non significa nulla. Grande non è sinonimo di utilità, efficienza, efficacia. Da noi si dice «grande, grosso e ciula». Che sia un regalo è opinabile. È un’imposizione dell’Associazione industriali a politici senza nerbo. Un cadeau che ha obbligato la provincia a costituire un’Associazione temporanea di scopo (Ats) per implementarlo. Associazione finanziata dagli aderenti, tra i quali settanta Comuni. Che sia infine il «faro acceso che indica la rotta chiara» (Mondo Business, maggio, pagina 3) è risibile e preoccupante per quello che significa: l’abdicazione della politica. È lei che dovrebbe scegliere la rotta, non uno studio già vecchio, voluto e pagato una montagna di quattrini dall’Associazione Industriali, lanciato con una cerimonia tamarra al teatro Ponchielli il 14 aprile scorso e sostenuto in modo ossessivo da Mondo Business, magazine finanziato da quattro associazioni di categoria e confezionato e distribuito dal quotidiano La Provincia.
Arroganti con i deboli, tappetini con i forti, o presunti tali, brutte copie di ciò che vorrebbero essere e non sono, gli apprendisti stregoni e gli stregoni certificati sono poco credibili anche quando usano la tecnica del bastone e della carota che ha funzionato con discreto successo in passato. I cittadini non solo evitano il bastone, ma diffidano anche della carota che, in molte occasioni, hanno scoperto essere una supposta gigante. E si sa che l’uso improprio dell’ortaggio è fastidioso quanto le randellate sulla schiena. È accaduto col referendum sull’ubicazione dell’inceneritore e successivamente con le promesse di spegnerlo e dismetterlo. Con gli impegni per migliorare la qualità dell’aria. Con le assicurazioni di alleviare i disagi ai pendolari. Gli elettori hanno smesso di credere agli imbonitori. Li abbandonano al proprio destino. Non vanno alle urne o votano le liste civiche.
La scoppola presa dai partiti il 12 giugno a Crema evidenzia la dicotomia tra mondo della politica e realtà. Forza Italia ha racimolato 723 voti, una miseria, poco più del 5 per cento. Una Waterloo da arrossire. Eppure nell’arsenale del partito figura Massimiliano Salini, parlamentare europeo di Crema, sulla carta un missile a testata nucleare da lanciare in campagna elettorale. Parlamentare che fino a poche settimane prima dell’appuntamento elettorale era anche coordinatore regionale azzurro, sedia che conta. Poi è intervenuto Silvio Berlusconi che gli ha tolto il coordinamento e lo ha fatto nero. Se si considerano i 723 voti, non è peregrino pensare che il fondatore di Forza Italia non abbia agito d’impulso. Si potrebbe obiettare che Salini sia esente da colpe sul disastro. Non ha bigiato la campagna elettorale del suo candidato, ma non si è dannato l’anima per sostenerlo. Ha lasciato che il candidato sindaco del centrodestra e della Lega se la cavasse da solo. Un cazzi suoi, mai pronunciato, ma agito, probabilmente utile per testare le abilità organizzative del prescelto. Non c’è conferma a questa ipotesi, che però non è l’unica. C’è chi dice di un comprensibile risentimento per il trattamento ricevuto da Berlusconi. C’è chi racconta di uno sciopero dell’equipaggio della navicella spaziale incaricata di portarlo sulla terra dallo spazio intergalattico, habitat nel quale abitualmente si muove. C’è chi sostiene che sia in clausura per meditare su eventuali errori commessi e programmare un ricollocamento e prepararsi alle prossime elezioni europee. Si può invertire la rotta? Nulla è perduto se la politica torna a svolgere il proprio ruolo. Se i politici smettono di essere zombi. Se il territorio ritorna centrale. His land is your land non è solo il titolo di una canzone. È un programma. È il faro. Più
luminoso del Masterplan 3c.
Antonio Grassi
2 risposte
Bravo Antonio sempre chiaro e preciso. La parola calzante del tuo articolo è “ IMBONITORI “ e mi ricorda, non essendo più un ragazzino, l’imbonitore che vendeva cioccolato e ti regalava oltre l’acquisto 3/4/5 stecche o addirittura un pacco intero di cioccolato, che poi quando lo gustavi ti accorgevi che era proprio un “ Pacco”. Ecco noi non abbiamo bisogno di imbonitori di Quantità ma Qualità…..dote rara oggi.
Mentre mi complimento per il bell’articolo, commento con amarezza che i politici non possono smettere di essere zombie per il semplice motivo che sono zombie, altrimenti non si spiega come problemi annunciati da decenni (acqua, inquinamento, energia e compagnia cantante) siano ancora di triste attualità come se nessuno non ne avesse nemmeno prospettato l’urgenza. Forse occuparsi di questi problemi non ha un adeguato ritorno elettorale, ritorno che ormai non c’è più per le ragioni drammaticamente note.