Il 12 giugno si vota per le elezioni amministrative e per i cinque referendum sulla giustizia. Il 26 giugno, per i ballottaggi. Nella nostra provincia cinque sono i Comuni chiamati a rinnovare i propri consigli. Tre cremonesi: Pozzaglio ed Uniti, Robecco d’Oglio e Torricella del Pizzo. Due cremaschi: Crema e Credera Rubbiano. Senza sminuire l’importanza, il valore e il fascino di tutti i Rio Bo che sputano sangue e si dannano l’anima per sopravvivere, l’attenzione è però catalizzata dalla città. Piccolo è bello, ma i giganti valgono di più. Si dice: grande, grosso e ciula, ma con numeri, politica e affari, il ciula non conta.
Le aspettative per il prossimo sindaco della Repubblica del Tortello sono alte. Cinque concorrenti, una decina di liste a supporto, duecentoquaranta potenziali candidati al seggio di consigliere. I have a dream. Martin Luther King funziona sempre. Ancora di più in periodo elettorale. Il sogno è un sindaco di Crema capace di unire il Cremasco. Di essere aggregante e influente nei rapporti politico-amministrativi della provincia intera. I have a dream è un leader che rilanci l’Area omogenea, oggi tenuta in vita con un accanimento terapeutico sterile e irritante. La coesione del Cremasco passa da una revisione-rifondazione dell’organismo che la rappresenta. La rinascita richiede un’iniezione di fiducia e di energia, una scossa, una pera di anfetamine per uscire dalla monotonia e dalla staticità. Per abbandonare la pesantezza di
un agire ripetitivo e vano. Prioritaria è la rottamazione del tautologico, costante, vacuo piangersi addosso, tipico dei perdenti. La terapia è una botta di vita che azzeri la recita della litania autolesionista con l’elenco delle occasioni perse. È tempo di abbandonare i funerali e le prefiche di autocommiserazione. Di pensionare gli alibi. Di smetterla di crogiolarsi nelle proprie disgrazie, per postulato causate sempre da cattiverie altrui. È tempo di mea culpa, di riflessioni sulle proprie incapacità e sull’inedia congenita della politica locale mai curata con determinazione. È tempo di sostituire il lamento con il fare.
I have a dream è un’Area omogena creativa, ottimista. Reattiva e propositiva. Testosteronica, che è immagine un po’ maschilista, ma adeguata per rendere l’idea. È l’abbandono dei vagabondi senza meta e dei no future di Rain Dogs di Tom Waits e della gente arrabbiata di Born in the Usa di Bruce Springsteen. È il mi sento vivo di Don’t Stop Me Now dei Queen.
I have a dream è un sindaco che non ha paura, motivatore, primus inter pares. Che coinvolge realmente i colleghi del contado. Che li sprona e li guida. Che assomiglia un po’, poco, poco, a Rocky Balboa. «Non è importante come colpisci, l’importante è come sai resistere ai colpi, come incassi e se finisci al tappeto hai la forza di rialzarti». È un sindaco più propenso a darle, che a prenderle. Disposto, quando è necessario, a picchiare i pugni sul tavolo, ma bravo a mediare.
I have a dream è un concetto semplice, mai applicato: la divisione delle competenze tra Area omogenea e il suo braccio operativo, Consorzio.it. Alla prima, le decisioni. Al secondo, l’esecuzione. I have a dream è un compito complesso. Ci vogliono diplomazia, equilibrio, pazienza, disponibilità, sguardo oltre i confini della città. È necessaria un’alchimia ricca di ingredienti e sfumature che solo in rare occasioni si è creata in passato.
Stefania Bonaldi, sindaca uscente, ha creduto nell’Area Omogenea. Ci ha provato e ha investito energie per realizzarla, ma i risultati non si sono rivelati all’altezza delle aspettative. Non l’hanno aiutata scelte poco azzeccate e circostanze non direttamente dipendenti da lei. La vicenda Scrp, che ha diviso i cCmuni, e alcune pedine inadatte, impiegate per giocare la partita delle partecipate, hanno penalizzato la sua azione. Ma se qualcuno bisogna mettere al rogo non è la sindaca per antonomasia. Se un peccato Stefania Bonaldi ha commesso è l’eccessivo proporsi tequila bum bum, anche in situazioni che richiedevano la gazzosina alla menta, ruolo da lei magnificamente interpretato nei primi anni della sua carriera politica.
I have a dream è un sindaco dialogante con Cremona e Casalmaggiore, impegnato a favorire una sinergia che trasformi in risorsa la diversità delle tre realtà. Ne guadagnerebbero il Cremasco e la provincia tutta. È la quadratura del cerchio, che non è impossibile. Senza alcun dubbio più probabile di un miglioramento della qualità dell’aria di Cremona. O della disponibilità al confronto di Giuseppe Rossi, direttore generale dell’Asst in riva al Po. O del miracolo di trovare la pace sull’autostrada Cremona-Mantova. O di un accordo tra il sindaco Gianluca Galimberti e il parlamentare Luciano Pizzetti sullo stato patrimoniale di Aem al momento della cessione ad A2A.
I have a dream è un sindaco che vigili affinché non venga declassato l’ospedale di Crema. Che s’interessi perché la prevista ottava meraviglia del mondo da 330 milioni di euro, non dreni la maggior parte delle risorse stanziate dalla Regione per la sanità provinciale. Che verifichi se per quella cremasca sia pianificato o meno un futuro d’ancella oppure da dépendance del Moloch cremonese, condizione verosimile nella logica aziendalistica di una medicina-prodotto. Soluzioni, entrambe da bocciare.
I have a dream è un sindaco rispettoso delle scelte regionali di elevare il capoluogo provinciale a City life della sanità del territorio, ma nel contempo pronto a intervenire se intuisce che Crema è sulla strada per il ghetto.
Chiunque sia eletto, tra Fabio Bergamaschi, Maurizio Borghetti, Simone Beretta, Manuel Draghetti, Paolo Losco, non dimentichi che Crema senza il sostegno del circondario non fa molta strada. E l’appoggio si ottiene se si costruisce la squadra dei Comuni cremaschi. Per restare in tema, l’unità e la forza trionfano se si assembla il dream team della Repubblica del Tortello. E si sogna.
Già, I have a dream.
Antonio Grassi