Collaborava da quasi due anni per un prestigioso giornale milanese “Il nostro Quotidiano”. Avevano finanziato un progetto di city journalism, con una precisa linea editoriale: valorizzare la città, partendo dalla strada, tralasciando la cronaca che si crea nei palazzi. Erano spesso eventi di piccolo e medio cabotaggio, dove i protagonisti erano facilmente le persone comuni e i loro disagi quotidiani di vivere e respirare una metropoli, piccole guerricciole fra bande, parchi degradati, litigi fra condomini, strade sporche, rifiuti abbandonati, ma anche la vita di negozi che aprivano o purtroppo chiudevano. C’erano poi anche vicende di cronaca nera da approfondire e a Elisa la “nera” piaceva tanto. Infine, c’era l’esigenza di narrare good news: ossia le notizie buone, come eventi urbani, spettacoli di strada, gesti di solidarietà, tutta la forza della ricca messe di notizie prodotte dall’associazionismo e del volontariato.
Luciano Simonini, il responsabile dell’inserto che usciva il venerdì e si chiamava “Le Strade di Milano” l’aveva scelta d’istinto. Elisa era alta e magra, quasi ossuta, i capelli non particolarmente curati, le unghie non laccate e tenute al naturale, un look informale, i jeans neri, un maglioncino o la camicia e una giacca grigia sdrucita, le tasche slabbrate dal peso del cellulare e dal taccuino, e gli occhiali. Non era bella, ma piaceva per quell’aura un po’ esistenzialista, da intellettuale démodé: dava l’idea di essere dinamica e forte abbastanza per macinare chilometri sotto il sole o la neve.
Scrivere era la sua passione. Si affezionava alle sue storie. Si lasciava cullare dal ritmo delle narrazioni. Si era lasciata ad esempio coinvolgere dalla vicenda di un uomo, Piero. Per rincorrere il gatto Paride, che era scappato, era caduto dalle scale rompendosi le ossa, era andata a trovarlo in ospedale, e aveva accudito il gatto per un paio di mesi. Poi c’era stato il clochard che aveva dato fuoco ad un cassonetto della carta una notte gelida di gennaio per riscaldarsi. Un gesto estremo, condonato con grande indulgenza dalle autorità, che avevano fra l’altro fornito un servizio psicologico per accompagnare il senzatetto fuori dal degrado. Inutilmente. Erano diventati amici e di tanto in tanto Elisa gli allungava un panino e un bicchiere di vino in Stazione Centrale.
Aveva poi intervistato una drag queen, nome d’arte Caramello: si esibiva nei locali la sera, era bellissima. Tutta piume e paillettes. L’aveva incontrata al Gay Pride, mentre trascinava per mano un bambino di sei anni. Suo fratello. Elisa raccontò in modo asettico questo incontro, ma in cuor suo si era chiesta se un bambino potesse avere le risorse per capire. Il piccolo vedeva solo piedi e gambe e una fantasiosa multiforme umanità colorata, quella che almeno entrava nel suo campo visivo. Non facevano nulla di male, certamente, ma lui forse non aveva gli strumenti per comprendere. Né forse si era ancora posto il problema. Forse non era pronto per metabolizzare la normalità esibita da Caramello. O forse sì. Chissà. Era confusa. Le parve in ogni caso che sarebbe stato meglio problematizzare. Il parere di uno psicologo ad esempio avrebbe creato dibattito.
Quello dedicato a Caramello era l’ultimo pezzo che aveva scritto. Lo aveva spedito, via mail, aveva
mangiato bresaola e rucola, aveva fatto un giro di notizie alla TV e sul cellulare ed era andata a dormire.
Non era soddisfatta. Qualcosa cominciava a scricchiolare nel suo granitico impianto giornalistico. Cominciava a starle stretto il fatto di non poter esprimere opinioni. In lei si fece strada come una sorta di presentimento funesto. La mattina seguente decise di fare un salto in redazione. Era una giornata piovosa. Aveva cominciato a piovere improvvisamente. Comprò un ombrello in un emporio cinese che si ruppe dopo cento metri. Appena arrivò, la ragazza alla reception le comunicò che Simonini si era dimesso. Avevano chiuso i rubinetti improvvisamente e “Le Strade” non sarebbe più uscito. Se ne era andato, sbattendo la porta, mentre una pletora di collaboratori chiedeva spiegazioni. Apprendere in maniera così poco elegante che era stata silurata le procurò grande sconforto. Voleva solo camminare. Voleva un abbraccio. Voleva scaricare l’adrenalina. Voleva.
Raggiunse a piedi piazza del Duomo. La pioggia le saltellava nelle ossa. Entrò nella cattedrale (lato turisti). Non riusciva a concentrarsi. Uscì. Attraversò la piazza e si diresse in via Torino per raggiungere a piedi la sua abitazione. Abitava in via Ausonio, zona Sant’Agostino, in una vecchia casa di ringhiera situata sopra una panetteria. Di notte il fornaio arrivava alle tre in macchina con la musica a palla per fare il pane e lei puntualmente si svegliava, trascinandosi insonne fino all’alba quando un profumo inebriante di ciabattina invadeva le sue stanze. Avrebbe voluto già essere a casa, ansiosamente si stava consumando i polmoni sotto una pioggerellina che si era fatta più sottile. I piedi erano fradici.
Arrivata all’incrocio con via De Amicis, ormai a pochi metri da casa, iniziarono ad affacciarsi alla sua mente una serie di problemi. Anzitutto economici. Si fermò e si collegò all’home banking dal cellulare. Non aveva mai dato troppa importanza al denaro, ma scoprire che aveva cinquanta euro sul conto fu una goccia fredda. Si trovò imbambolata a fissare i vetri del negozio davanti al quale si trovava. Era un centro estetico con due occhi di vetrina (saune, massaggi, lettini solari, manicure, pedicure, grotta di sale), istintivamente le cadde l’occhio sull’offerta stampata in vetrofania all’ingresso. Diceva: “massaggio completo cinquanta euro”. A volte il caso! Entrò
decisa, di scatto, impulsivamente, senza ragionare. Aveva trovato ciò che cercava. “Buongiorno! Un massaggio, grazie”.
Francesca Codazzi
17 risposte
Non sapevo chi fosse Elisa. ma ho letto il ritratto tutto d’un fiato, emozionandomi. Francesca scrive divinamente, alternando profondità e leggerezza, sorriso e malinconia in modo così genuino.
Ora è come se anch’io, per un po’, avessi incontrato Elisa.
Grazie di cuore
Come sempre Francesca Codazzi, mi lascia a bocca aperta.
La meraviglia dei suoi scritti non trova parole per spiegare elogiare tanta bravura.
Complimenti!
Raffaella Strinati
Esageratamente grazie
Sempre brava….., Io forse avrei preso una bottiglia di Ferrari con gli ultimi 50 euro….., ma a parte quello, capisco il senso,…. complimenti Francesca!!!
Grazie!
Bello bello bello, scrivi divinamente e tocchi il cuore
❤️❤️❤️❤️
Grazie!
Come spesso accade, il protagonista di una storia riflette, in alcuni suoi tratti, il carattere di chi l’ ha scritta, e Francesca è come Elisa, generosa di cuore, attenta e diversa da tutti. In altre parole…unica.
Continua a scrivere Francesca, sei davvero brava!
Grazie a te!
Come Elisa, anch’io mi sto affezionando ai tuoi racconti! Keep on writing, my dear friend! 💖
Grazie!
Brava come sempre Francy
Scrivi scrivi scriviiii😘
Grazie!
Poche righe ed elisa diventa un personaggio a tutto tondo e con la leggerezza di sempre la descrivi nel profondo, ne cogli l’essenziale tanto che sembra di conoscerla. Bel personaggio. Tienilo stretto. Brava!! 😘
Grazie Marzia
L’ho letto in un sorso….e alla fine mi è esploso un gran sorriso…. “potere della Francy”