Paola c’era quando le scuole cominciavano il 1° di ottobre. Parliamo degli anni ’70. Ha conosciuto il tedio degli interminabili pomeriggi afosi dell’estate cremonese.
Un po’ di oratorio. Non era vicinissimo a casa, andava alla mattina, da sola. Preparatissime educatrici le facevano fare i compiti. Il pomeriggio la noia era al suo acme e veniva colmata con attività poco cristiane, come le sedute spiritiche improvvisate, messe a punto dalle ragazze più grandi. Su un tavolino disegnavano le lettere dell’alfabeto, per permettere allo spirito di comunicare. Il bicchiere su cui il gruppo di questuanti teneva la mano appoggiata volava da una parte all’altra, talvolta vorticosamente, scrivendo risposte spesso strampalate e bizzarre. Risate. Erano eventi eccezionali che le parevano sfiorare il massimo della trasgressione. Come quando rubavano gli scarti delle ostie, nel ripostiglio delle suore, erano stantie, eppure dolcissime, o quando alla chitarra si cantava e si suonava De André. Una canzone ha particolarmente toccato il suo cuore curioso: “La città vecchia”. A casa, nella sua cameretta, ripensava alle parole della canzone con meraviglia. Si domandava chi fossero gli ultimi raccontati con grande vividezza dal grande cantautore. Prostitute, professori, il nano, gli ubriaconi, i “tipo strano”. Era una magia, che svelava mondi sconosciuti. Solo più avanti avrebbe capito fino in fondo.
Un po’ di gite: deportazioni in campagna ospite di qualche parente o al seguito del padre, dove non si è mai riuscita ad appassionare davvero a conigli, galline e maiali. “Il meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto” non era proprio la sua tazza di tè. Paola amava invece intrufolarsi, da figlia unica, nelle famiglie numerose ed era una festa quando veniva portata in montagna dalla zia, con i suoi innumerevoli figli. Lì non ci si annoiava mai. Ma Paola mangiava pochissimo. Perciò era oggetto continuo di attenzioni speciali che viveva con fastidio.
E poi un po’ di giochi a casa. Una casa grande, silenziosa. Dove vivere gli istanti di spleen più cupo: in una terrazza rovente i genitori avevano allestito un supermarket di legno, era un regalo di Santa Lucia. Qui si svolgevano estenuanti compravendite, con amici spesso immaginari, e una cucina dove Paola mischiava la farina all’acqua, fingeva di cuocere gli impasti tarocchi e, quando il panetto si era essiccato, Paola inorridiva per la puzza che emanava e che poco o nulla assomigliava alla fragranza del pane. Paola ha imparato che la verità ha un’altra consistenza e un altro odore. Di solito sa di ascelle sudate. Perché è complessa, richiede fatica, arti varie ben orchestrate. È proprio come una rosetta. Sembra semplice ma, quanto impegno per realizzarla!
Una barba infinita. Forse fare i compiti, leggere i libri di scuola le procuravano l’unica gioia, ma anche scrivere poi continuamente dei pensierini su foglietti che conservava in un cassetto. Senza dimenticare il mangiacassette, con i nastri da riavvolgere con la bic. Così, ha imparato a cogliere la bellezza di una melodia anche in mezzo al fruscio. Poi c’erano la ginnastica, la danza, i profumi. Passioni che si è trascinata.
Con il tempo ha imparato ad apprezzare la noia.
Occorre capirla. Insegna a distinguere. Insegna a fare il punto della situazione. Esercita la fantasia. Racconta l’importanza di saper aspettare: Paola attendeva con ansia la tata che alle quattro la portasse a prendere il gelato da Richetto. Era un’estate scandita da coni cioccolato e limone, da qualche ghiacciolo serale o da fette d’anguria che si acquistavano alla bancarella (ora scomparsa) di viale Trento e Trieste. Finita a giugno la fiera di San Pietro, dove quasi tutte le sere si faceva in macchina un giro panoramico dall’alto e giusto un paio di sere era compresa la visita alle giostre, calava la scure della morte civile. Paola conserva un’emozione: ama l’estetica della fiera, non salire sulle giostre.
L’estate in una città infestata dalle zanzare racconta la storia di un ozio ronzante insopportabile. Senza considerare il chiacchiericcio delle cicale. Quel calvario insegna che non tutto arriva subito. Prima i ponfi e il prurito devono guarire e le notti insonni passare, soprattutto quelle senza condizionatori. Ma ormai non ci sono più neppure le zanzare.
Si ripartiva così con la scuola il 1° di ottobre e dopo tre giorni già si faceva festa perché si celebrava San Francesco, patrono d’Italia. La portavano nel cappottino, le stagioni erano quelle di una volta, a prendere il cono con la panna spolverato di cacao al Dolomiti. Era l’ultimo sussulto di una vacanza che non finiva mai. É un ricordo indelebile perché, come un rituale, accadeva solo quel giorno e perché il cono con la panna non le è mai piaciuto, ma quella rottura dell’ordinario era piacevole. La noia è una risorsa. Racconta più la parte piena del bicchiere che quella vuota. Racconta l’eccezione che rafforza la regola, concedendo il tempo per fare la sintesi. Da un punto di vista creativo è quella che si definisce sospensione dell’incredulità: la pausa che serve per metabolizzare le proprie emozioni e trasformarle in arte.
A Paola la noia fa scattare ancora oggi l’antidoto del gelato. Cibo edonistico. Gratificante. Un piacere, forse un vizio, mai più perso. Ha solo cambiato gusti.
La noia è l’invito al viaggio nei nostri abissi. Basta lasciare scivolare il coltello nel ventre arido dell’ordinarietà e far cadere nuovi semi e permettere alla mente di riempire quel varco, innaffiando con cura.
L’ennui sa essere esistenziale, decadente, metafisica, in controtendenza. Oggi, dove tutto corre in fretta, ne abbiamo dimenticato la forza.
Voyager c’est ouvrir les yeux sur son âme
Regarder avec le coeur, oublier ses soucis
Faire et après défaire sa valise d’angoisse
La mer est grande pour qui aime son défi
Aussi grande la peur qui sonde son abîme
Un pomeriggio di noia è il miglior dono che possiamo fare ad un bambino.
Francesca Codazzi
23 risposte
Nonostante la mia non pura “cremonesita’ ” mi hai fatto rivivere l’emozione di un tempo spensierato e felice, complimenti, con grazia e delicatezza accarezzi il cuore ❤️❤️
La “cremonesità” si addomestica e tu apprendi subito
Come sempre Francesca Codazzi,
Con le parole sa giocare e da al lettore/ lettrice, l’ impressione di essere nel racconto.
Finito il racconto io ho avuto l’ impressione di avere conosciuto Paola.
Brava Francesca, un altro racconto meraviglioso.
Grazie!
Grazie Raffi, le tue parole mi fanno molto piacere
È sempre un piacere leggerti, Francesca. Passaggi dotti si alternano ad espressioni comuni cremonesi con una tale fluidità da sorprenderti. Cogli quel dettaglio di un personaggio o di una situazione che ti conduce alla sua essenza più vera. Mai banale.
E sono pienamente d’accordo con il tuo elogio della noia.
Aspetto il tuo prossimo racconto!
Grazie!
Un bel tuffo nel passato, con gentilezza e delicata saggezza!
Notevole la tua innata dote narrativa.
Racconto molto realistico della nostra vita cremonese.
Che il piacere di scrivere e la creatività ti stimolino sempre!
Chapeau….
Un caro saluto.
Grazie
Io credo di aver conosciuto Paola….❤️grazie Franci per averci menzionato…. Un passato ancora presente…. Brava🥰
Grazie a voi!
Parole poste con cura, una dinnanzi all’altra, che segnano il passo che con cura accompagna nei luoghi di questo racconto. Chi lo legge, non può non lasciarsi trasportare dai ricordi dei luoghi….non solo della vecchia Cremona, ma anche del vissuto emotivo che evoca l’essere stati bambini.
Ora che sono grande….adoro la noia.
Bellissimo racconto Francesca🌺 👏👏🌺
Grazie, per le tue parole
Anche questo racconto l’ho letto tutto d’un fiato, ti leggerei all’infinito! Se la noia produce queste meraviglie, ti auguro di annoiarti ancora tanto, mia cara “Paola”! 👏👏💖
Grazie!
In un’epoca in cui vige sovrana la ‘mania’ di riempire le giornate dei bambini fino a farli schiattare direi che il tuo racconto dà a tutti una bella lezione di vita…. Impegnamoci tutti a considerare la noia non come un nemico da combattere ma come un’alleata preziosa e talvolta necessaria .. grazie Fra
Qui va a finire che i commenti sono più belli del racconto. Ho lasciato libera interpretazione al lettore e condivido la tua analisi. Grazie
Quella Paola sono io, sei tu, è lei, siamo noi…bambine/femmine di un’epoca ed uno stile indimenticabile. Incredibile la tua capacità di rappresentarci tutte ….situazioni che pensavo fossero solo mie…ed invece no….e poi la raffinatezza di cui sei maestra come sempre. Bravissima!!!!!….avanti così!
Grazie Raffi
Brava Francesca una bellissima descrizione ❤️
Grazie
Grazie Francesca. È molto interessante, educativa ed evocativa la tua “lezione” sulla noia. Anch’io sono una “Paola”, di nome e di fatto. Se così si può dire…
Grazie, Paola