Ex chiesa di San Carlo, delusione: facciata sempre più degradata

5 Febbraio 2024

La chiesa, più precisamente ex chiesa, di san Carlo Borromeo, risalente al 1621 e oggi “Spazio ad uso sacro e profano” come si legge al portone, si trova com’è noto in via Bissolati, dunque nel cuore del centro storico di Cremona. Più volte, in passato, mi è capitato come a tanti altri di notare il penoso degrado in cui versava l’esterno della struttura per l’aggressione del guano conseguente alla presenza di nutritissime colonie di piccioni. Quest’angolo, pur nobilitato da un significativo esempio di barocco, si era in effetti  trasformato in ricettacolo di rifiuti, carcasse di volatili, siringhe di tossici e così via. Peraltro la storia stessa del luogo di culto sorto in piena Controriforma, profanato ripetutamente nel 1788 e in seguito sconsacrato e adibito ai più svariati impieghi, ottimamente si presterebbe alla penna di un romanziere ‘noir’ per quel che si racconta, e soprattutto si lascia intendere, circa  le torbide vicende di cui fu teatro.

Ed eccoci alla parola chiave: teatro. Infatti la sinistra sorte che tanto a lungo aveva penalizzato la chiesa, con conseguente incuria e irreparabile deterioramento degli affreschi interni, era parsa finalmente interrompersi nel 2021 con qualcosa di molto vicino al ‘colpo di teatro’. La struttura passava, dopo varie ipotesi, nelle mani private di un gruppo intenzionato a un inedito utilizzo ‘teatrale’ dei suoi spazi. L’idea, debitrice a Lorenzo Spinelli (Form The Creative Group) e alla Galleria di arte contemporanea  Apalazzo Gallery di Brescia, fu di utilizzare lo spazio interno come ideale contenitore di mostre di arte contemporanea giocate sul suggestivo incontro fra classicità aulica e sacra dell’antico e audacia di una sperimentazione contemporanea  da esprimere anche con le cosiddette ‘site specific’ opere,  specificamente create cioè per il luogo destinato ad ospitarle.. E così è stato con qualche mostra visitabile su appuntamento, nel cui esito non entro, non avendola purtroppo visitata né disponendo dei necessari elementi di conoscenza..

Non a caso il modestissimo intento di queste righe è di tutt’altra natura. Non credo infatti d’essere la sola ad aver convertito in delusione l’iniziale speranza circa la miglior sorte che sarebbe toccata alla struttura, avendo finalmente dei responsabili e un progetto di riscatto. Cose, queste ultime, epicamente proclamate e illustrate nelle numerose targhe d’ottone, formato lenzuolo, che campeggiano sulla facciata. Targhe che inizialmente apparivano prestigiose e foriere di riscatto.. Ma oggi, nel permanere e peggiorare di un degrado esterno che vede l’antica pietra sfarinare sotto colate di guano e altri secolari affronti, più che prestigiose appaiono francamente pretenziose, se non umoristiche per lo stridente contrasto con l’indecoroso contesto. Si resta speranzosi circa le condizioni dell’interno, nonostante il possente portone ostinatamente sbarrato lasci intuire quanto frequentemente l’illuminato cenacolo spezzi al popolo il pane della propria arte incrociando sotto le severe volte affrescate le suggestioni del sacro e le provocazioni del profano.

E’ pretesa eccessiva attendersi che quando un privato rileva una struttura – comunque ascrivibile al patrimonio artistico monumentale della città –  si assuma la responsabilità di mantenerne l’esterno in condizioni accettabilmente decorose quand’anche ne utilizzi gli interni per una manciata  di giorni all’anno? A meno che, per originale scelta artistica, si sia deciso di includere fra le ‘site specific’ opere anche i fantasiosi ghirigori di guano che in effetti, non risparmiando nemmeno gli ottoni delle targhe, conferiscono all’insieme un che di..vissuto e sopravvissuto a secolari travagli e ostili incursioni.  Non si fraintenda l’ironia: la faccenda è seria perché in analogo degrado ci si imbatte fin troppo spesso girando per Cremona. Girando a piedi, preciso, vivamente consigliando questa pratica anche a chi per ruolo rivestito dovrebbe forse avere più realistica e aggiornata visione delle cose. E sia chiaro che il ragionamento non è solo di natura astrattamente culturale e civile: .è  al contrario molto concreto e corposamente economico avendo a che fare con il volto complessivo che Cremona offre a quel turismo che giustamente tanto invoca e si studia di attirare.

Certo nel breve raggio di piazza Duomo la città è tirata a lucido ma appena ne varchi il perimetro la musica cambia. Inutile limitarsi a sparare sul manovratore attribuendo all’Amministrazione comunale l’intero carico di responsabilità. Il problema è ben altro e coinvolge un diffuso imbarbarimento dei comportamenti collettivi che, a confronto con altri più decorsi contesti urbani, rischia di meritarci la maglia nera del degrado. Questione di educazione si dice e ripete. Ma quale educazione e quando trasmetterla? A partire, forse, dalla primissima età scolare dovremmo studiarci di ‘contagiare’ all’infanzia il senso del rispetto di quel che si trova oltre la porta di casa, in quello spazio pubblico che per essere pubblico sta diventando un figlio di nessuno da sconciare, abusare e sfregiare con ogni forma di inciviltà. Non occorre un’astratta e fredda precettistica. Meglio andare a snidare con adeguate sollecitazioni quel senso del bello che, per  quanto dormiente o fuorviato, è e resta uno dei più potenti bisogni latenti in ogni essere umano: educare alla bellezza e insegnare a riconoscerla, amarla e tenersela stretta. Attitudine tristemente ignota a troppi giovanissimi il cui unico ‘museo’ sono ormai i videogiochi o il volgare universo plasticato dei megacentri commerciali in cui passano i sabati e le domeniche.

Continuiamo pure a raccontarci che ‘La bellezza salverà il mondo’. La vera domanda è un’altra. Chi salverà la bellezza?        

 

Ada Ferrari

5 risposte

  1. Chissà, magari stanno pensando di farci fruttuose case per gli studenti, tutta la via a quanto pare è destinata a tale scopo, se pure i gatti, poco più avanti, vengono disgraziatamente sfrattati dal loro santuario.

  2. ” Educare alla bellezza, imparare a riconoscerla, amarla…”.Questo concetto si applica anche alla natura, anche ai suoi piccoli fiori invernali, troppo spesso bistrattati, disprezzati, qualificati come “erbacce”. E’di pochi giorni fa il riscontro della devastazione compiuta al Parco al Po, dove le primizie selvatiche pronte a fiorire sono state sfalciate a tal punto che Attila, a confronto di chi ha fatto un’opera del genere, sembrerebbe un dilettante. Solo nuda terra, in diversi tratti, neanche più un filo d’erba. Ma di intralcio a chi erano quelle pianticelle in un Parco senza traffico veicolare? E’ questa la cura del verde? Chi salverà allora la bellezza? Forse per questo un contributo possiamo darlo anche noi scrivendo e invitando gentilmente chi fa scempi del genere a correggere il tiro. Altrimenti è meglio che faccia le valigie.

  3. Ada Ferrari ha perfettamente centrato il problema : “educare alla bellezza” dovrebbe essere il progetto da attuare nelle scuole e nelle famiglie; meno politica e meno ” agende “nella scuola, meno domeniche ai centri commerciali nelle famiglie e più tempo dedicato a ricercare ed apprezzare la bellezza.

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