Facciamo una foto

29 Aprile 2022

Al cominciare dei ‘favolosi’ anni Sessanta, nel Cremonese, ma anche in altri territori della Lombardia e dell’Emilia, non era infrequente incrociare, lungo le strade statali o provinciali o anche nelle vie cittadine, giovani al volante dell’auto regalata dai genitori per la laurea o il diploma, oppure, se non era nelle possibilità un regalo tanto costoso, dell’auto di famiglia. Erano diretti, quasi sempre, verso le trattorie dalla gastronomia tradizionale o le tipiche osterie cremonesi, ma avevano anche per meta
locali da ballo fuori città. I posti erano occupati da compagni di classe, ai quali il fortunato possessore della macchina offriva un passaggio in occasione di cene o veglioni. Nella bella stagione, il sabato pomeriggio, spesso la gita con gli amici aveva come punto d’arrivo Vernasca, una località del Piacentino, per la merenda a base di affettati misti, la specialità del luogo. Durante il viaggio, l’abitacolo risuonava di cori sguaiati, di canzoni eseguite male ma con lo stile di moda al momento, quello degli urlatori, oppure si deridevano le movenze di qualche compagna di classe. Ma, oltre a parlare e cantare, spesso si poneva in essere un gesto che suscitava risate in chi lo faceva e soprassalti di compatimento da parte di chi lo subiva. Aveva per protagonisti i più disinibiti e lasciava esterrefatti gli occupanti delle auto che venivano sorpassate. La reazione non benevola di coloro a cui il gesto era indirizzato amplificava le risate. Si passava all’azione con un ordine perentorio: ‘Facciamo la foto!’. Non si trattava di usare la macchina fotografica, all’epoca piuttosto costosa, ma di mostrare le natiche
appoggiate al vetro del lunotto, con un contorsionismo da fachiro, facilitato però dalla forma dell’abitacolo delle auto dell’epoca. Quella ‘foto’ veniva scattata in precise situazioni: sorpassando l’auto che trasportava altri amici oppure quando qualche guidatore si rendeva responsabile di un’andatura troppo lenta o di una scorrettezza. L’istantanea aveva il solo scopo di procurare allegria prendendo in giro il prossimo in modo trasgressivo. I destinatari della foto restavano basiti e in qualche caso spuntava dal finestrino la mano con indice e mignolo alzati e le due dita centrali chiuse, nel gesto che significava ‘cornuto!’ e che oggi ha perso efficacia offensiva, soppiantato dal dito medio eretto tra le altre dita chiuse, che invece suona come un’offesa. Si è passati dal veniale ‘cornuto’ al moderno ‘vaffa’ che spesso scatena reazioni pericolose. Tuttavia, anche il gesto esibizionistico della foto non sempre rimaneva senza conseguenze.

Per la gita di un sabato pomeriggio – eravamo a metà maggio del 1960 – tre compagni di scuola del Liceo Manin di Cremona erano diretti verso il Piacentino. Guidava la Fiat 600 uno studente che, nonostante i tre frequentassero la seconda liceo, aveva compiuto 18 anni ed era in possesso della patente di guida. Era la 600 del padre, ottenuta per qualche ora con la scusa di una lezione privata di matematica. Entrati nel rettilineo che poi finisce nell’abitato di San Pietro in Cerro, stavano per superare una vecchia Topolino C che procedeva molto lentamente. Che cosa di più attraente che deridere il guidatore, una persona distinta che procedeva con eccessiva prudenza, con un’istantanea? Superata l’utilitaria e rallentando per attirarla nella scia in modo che il guidatore potesse cogliere distintamente lo spettacolo inatteso delle natiche contornate dal lunotto, quasi come nello schermo del televisore, ecco l’amara sorpresa. Guardandolo in faccia a breve distanza, a uno degli studenti apparvero lineamenti ben noti che, dopo qualche attimo di incredulità, diedero la certezza: si
trattava dell’arcigno professore di latino e greco. A bordo scoppiò il panico. L’esibizione si interruppe bruscamente e i tre si diedero alla fuga, accelerando, ma, col passare dei chilometri, a bordo aumentava la convinzione di non essere stati riconosciuti. Rasserenata l’atmosfera e tornata
l’allegria, giunsero a Vernasca, sedettero a un tavolino all’aperto del bar sulla piazza e
ordinarono salame e culatello con una bottiglia di malvasia. Allora non esisteva lo spauracchio del palloncino che rivela la quantità di alcol nel sangue di chi guida con relativa punizione. Mentre stavano addentando i salumi, si udì il ronzio di un motore in avvicinamento. Uscendo dall’ultimo tornante che immette in piazza, si profilò la Topolino C del professore, il quale, vedendo la 600 parcheggiata, scoperse i responsabili dell’affronto.

La foto non restò senza conseguenze: tutti e tre, pur promossi in tutte le altre materie con ottimi voti, ebbero due esami a ottobre: latino e
greco.

 

Sperangelo Bandera

Una risposta

  1. Sei sempre affascinante nei ricordi, magari personali, e che mi ricordano tanto anche i miei, visto che, purtroppo, siamo coetanei e…… giovani di una volta.
    Hasta siempre SPERANGELO !!!

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