Giovanni Fattori, il genio dei Macchiaioli, è stato in mostra a Piacenza fino al 29 giugno, Ha chiuso a Piacenza presso XNL la mostra dedicata al genio dei Macchiaioli, Giovanni Fattori (1825-1908). Aperta dal 29 marzo, l’esposizione è stata visitata da oltre 20mila persone, italiane e straniere, molte scolaresche, allettate dai laboratori tematici e dalle visite guidate. Un viaggio a tappe cronologiche nella versatile personalità artistica del pittore livornese, nel bicentenario dalla nascita: 170 le opere visibili di cui 100 dipinti e 70 fra disegni e incisioni.
Dalle prime ricerche sulla “macchia” agli intensi ritratti, dai paesaggi en plein air ai soggetti di vita rurale e alle scene che esaltano la Maremma, alla straordinaria interpretazione dei soggetti militari, dell’epoca risorgimentale, indagati sia nelle manifestazioni più solenni sia nei momenti più intimi della vita di guarnigione, l’indagine rende compiutamente omaggio alla figura e all’opera di uno degli artisti più significativi del panorama figurativo dell’Ottocento. Un artista unico, il cui talento è stato riconosciuto quando era in vita, divenne accademico, viaggiò all’estero, partecipò a biennali ed expo, fu ospite di illustri personalità del tempo, ma non raggiunse mai la ricchezza.
Non ha lo sfarzo cromatico impressionista. Il suo è più un naturalismo autentico, con ridotte scelte di colore, fatto di ardore risorgimentale e praticità contadina, persone o animali, che si stagliano come macchie su un paesaggio essenziale, passando da quadri corali più grandi, a piccole scene, più raccolte, come quella in cui un soldato legge coricato sull’erba una lettera.
Straordinaria la sua abilità nel rendere il movimento, come ad esempio nel quadro “Lo staffato” in cui rappresenta un cavallo in fuga e un cavaliere disarcionato.
Nel dialogo fra figura e paesaggio c’è uno scambio potente. Il paesaggio accoglie con pochi dettagli: il cielo, il mare, l’erba, gli alberi. Paesaggi aspri, epiche azioni di battaglia, ritratti intensi, butteri e boscaiole, marinai dal volto corrugato, e cavalli imponenti: l’autore domanda uno sguardo interiore, non traspaiono mai sorrisi. E’ un mondo, il suo, descritto con serietà e rigore, persino con una patina di rassegnata malinconia, soprattutto nelle opere più mature, dove appaiono velature e un uso nuovo della luce. Ogni soggetto – ogni “macchia” – è colto con una intensità quasi tattile, verista. Ci sono occhi talmente profondi e vivi che sembrano parlare: raccontano di una vita dura, senza ricreazioni, ma piena di dignità e fierezza.
La mostra dedica attenzione anche alla produzione grafica, esponendo acqueforti di grande bellezza, che rivelano la capacità dell’artista toscano di rinnovare il linguaggio con una tecnica nuova e complementare alla pittura, e disegni preparatori e incisioni inediti, testimoni dell’evoluzione stilistica di Fattori e del suo impatto sulla grafica italiana del Novecento.
L’influenza del pittore macchiaiolo oltrepassa la sua epoca e si insinua in altre arti: il cinema italiano assorbe in particolare il suo modo di rappresentare la realtà e l’uso della luce e dell’ombra. La sua eredità è visibile nelle opere di registi come Luchino Visconti, che hanno adottato la sua estetica in film come “Senso” e “Il Gattopardo”.
Non è dunque ardito l’accostamento proposto nell’ultima sezione della mostra fra Fattori e il fotografo e pittore contemporaneo Elger Esser (Stoccarda, 1967). Le sue immagini, caratterizzate da un affascinante equilibrio fra paesaggio e memoria, dialogano intensamente con il naturalismo ottocentesco dell’artista toscano.
Una breve considerazione finale va fatta in merito a XNL, la sede ospitante, un polo di sviluppo per i linguaggi contemporanei. XNL è la contrazione per consonanti di “Ex-Enel”, appellativo attribuito all’edificio storico che risale al 1907, quando fu costruito come stabilimento di cartonaggi e litografia. Ebbe poi altre destinazioni d’uso, fu anche sede dell’Enel, fino all’acquisizione da parte della Fondazione di Piacenza e Vigevano nei primi anni 2000. E’ un gioiello incastonato fra il Teatro Municipale, il Teatro dei Filodrammatici, il Conservatorio Giuseppe Nicolini e la Galleria Ricci Oddi, ponendosi come elemento di raccordo fra le esperienze e i linguaggi con cui le arti interpretano il presente e ipotizzano il futuro.
Francesca Codazzi