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Ferragnez, Grillo, masse plagiabili e vacuità politica

12 Luglio 2021

Chiara Ferragni. Chi era costei? Ho incrociato per la prima volta il suo nome incollato su un’offerta commerciale – cintura, borsa o chissà – che stava nella mia mail. Per ribellismo innato memorizzo i marchi pubblicitari che entrano a forza nel mio privato: sono quelli che mai comprerò. Il punto è che la signora in questione, abile imprenditrice o bottegaia d’alto bordo che dir si voglia, da qualche tempo si diletta ad incrociare le sue armi comunicative, grossolane e dunque efficaci, con quelle, alquanto ansimanti, della politica italiana.

Come diavolo è arrivata a tanto? Perché i tempi cambiano ma le umane debolezze restano. In passato non c’era arricchito che non puntasse a completare l’opera con un bel titolo nobiliare. Oggi, nell’era dei media, si usa spesso coronare gli affari promuovendosi maestri di pensiero anche politico legittimati, in quanto tali, a influenzare il pensiero altrui. Corre forse qualche significativa differenza fra borsette griffate, tacchi a spillo, abiti da sera e partiti politici ? No. In fondo, sempre di marketing si tratta. La signora l’ha capito benissimo. E visto che le disgrazie non vengono mai da sole opera in coppia col consorte: un certo Fedez, rasato e tatuato quanto moda impone. I due, in un delirio di onnipotenza che trova sponda nel servilismo dei media, sfoggiano ormai leonardesca padronanza dell’intero scibile umano. Da far impallidire il povero Letta che si crede enciclopedico ma in fondo si limita a spaziare fra crisi della sinistra, sacerdozio femminile e ‘fluidità di gender’. Finché il sistema gli regge il gioco e non mette in campo significativi punti di resistenza perché mai i Ferragnez dovrebbero arrestare il loro carro in corsa verso il sole? Quando un presunto caso di censura al concerto del primo maggio fece ombra alla sua gigantesca statura artistica Fedez ne fece un dramma planetario sufficiente a trasferirsi seduta stante nel Pantheon dei Martiri della Libertà. E con che zelo la pattuglia dei politicamente corretti, Giuseppe Conte in testa, si affrettò a dargli solidarietà e tante scuse a nome della Rai, dello Stato, dell’Europa, dell’emisfero boreale e, perché no, dell’intero sistema solare. Figuriamoci  se, con una controparte di tanta sostanza,  la geniale coppia di avventurieri non alza il tiro del suo incontenibile protagonismo. Chissà, forse pensano veramente di rivestire una missione: la riedizione social di Anita e Giuseppe Garibaldi in guerra contro le forze del Male.  

L’altro ieri  ci ha pensato lei a rimettere in riga quel discolo di Matteo Renzi che, pur essendo solo un misero senatore della Repubblica, aveva osato metter becco al posto di suo marito  sul ddl Zan. Il guanto di sfida di Anita Garibadi è stato sintetico ma cruento: Voi politici fate schifo. Caspita, rispetto ai Vaffa di Grillo il salto di qualità sorprende: che articolazione concettuale, che forza argomentativa, che eleganza stilistica: un’oratrice dell’età di Pericle. C’è poco da ridere. I cosiddetti Ferragnez sono, antropologicamente parlando, l’avanguardia di quel che il futuro riserva. Alla voce Influencer, vocabolario alla mano, si legge: chi è in grado di condizionare i comportamenti di grandi numeri di potenziali consumatori orientando il mercato. In funzione, ovviamente, delle proprie tasche.  Il lento processo di avvicinamento fra politica, social e mercato si conclude in una saldatura tutt’altro che salutare per il corretto funzionamento della nostra democrazia di cui, ridendo e scherzando, si scalzano le fondamenta.  Sgomitando di prepotenza avanza un totalizzante pensiero unico. E avanza sotto mentite, mentitissime spoglie: travestito da voce libera che si oppone al presunto pensiero unico del famoso sistema. Perché ha attaccato Renzi? Perché come parlamentare, cioè rappresentante del potere legislativo, ha fatto una cosa tipicamente democratica: chiedere un supplemento di discussione su una faccenda molto delicata prima che diventi legge.

L’attacco a Renzi è marginale, quello ai meccanismi  della democrazia parlamentare non lo è. Attenti perché si comincia coi buffoni e si finisce coi processi per reato d’opinione.   Il ‘900, che resta dietro l’angolo, è un museo a cielo aperto in cui ogni malessere e patologia istituzionale  è dolorosamente catalogato e illustrato. Ma l’analogia finisce qui.  A dividere il passato dalla situazione attuale c’è la capitale differenza fra sapere cosa si sta facendo e non saperlo, anzi, non chiederselo nemmeno. I portatori di soluzioni autoritarie o totalitarie sapevano cosa facevano e operavano per lo più alla luce di quella struttura teorica, comunemente detta ideologia, che presuppone un quadro di riferimento, un’analisi, un obiettivo e la costruzione di strumenti operativi per realizzarlo. 

La novità pericolosa del nostro tempo è invece una diffusa presunzione di autosufficienza: come se il nostro presente così ricco di traguardi tecnologici ci affrancasse dal bisogno di strumenti concettuali, memoria storica, sforzo e attitudine speculativa. Presentismo: malattia del terzo millennio. Ma il punto è quel che ne deriva: avventurismo, improvvisazione, protagonismi che spuntano come funghi dopo una notte di pioggia gareggiando a chi la spara più grossa. Basta guardarli questi famosi Ferragnez per capire molto: levigati manichini usciti da maniacale cura dell’immagine, impeccabili involucri di abissali leggerezze. Non sanno un accidente di roba come Costituzione, Concordato, alleanze internazionali o democrazia parlamentare… Ma sanno benissimo che sparare nel mucchio fa notizia, che la notizia fa profitto e che le due cose si coltivano, di norma, più proficuamente lisciando il pelo a sinistra. Oggi la premiata ditta Ferragni Fedez annovera un ‘fatturato’ di 25 milioni di teste plagiabili. Che dire? Confortare la povera politica schiaffeggiata e sbeffeggiata da questi avventurieri di Rete? No, grazie. Questo plagio che affonda nel burro di una società disorientata al punto da consegnarsi a ogni Pifferaio magico che si presenta, è legato a filo doppio alla smarrita consapevolezza di ruolo delle nostre classi dirigenti. Il gioco che rischia di divorarla l’ha cominciato lei, la politica stessa, twittando con gli elettori come una comare sfaccendata, schiacciando la serietà del governo della cosa pubblica sotto l’insostenibile leggerezza della vacuità verbale.

Oggi  la risposta a questo andazzo si chiama Ferragnez, ieri Grillo, domani chissà.  Comunque sia, le praterie umane da influenzare, manipolare e plagiare non le hanno inventate né i Grillo né i Ferragnez. Qualcuno, molto prima, ha fatto in modo di regalargliele consentendo al mercato, nell’accezione più ruffiana del termine, di tenere sotto schiaffo la politica trasformandola in docile strumento di quel che la vita pubblica sta di fatto diventando: un gigantesco baratto commerciale allietato da fin troppi guitti.

Ada Ferrari

 

4 risposte

  1. Fedez aveva a suo tempo scritto canzoni dal contenuto omofobo, si racconta. Se vero, cosa può avergli fatto cambiare idea? Una sorta di conversione alla San Paolo? Un fulmine a ciel sereno? Mah, che sia colpa della Coca Cola tanto disdegnata dal campione di calcio Ronaldo? La Coca Cola mi risulta infatti che a Fedez faccia molto bene, come all’ideologia LGTB, come ai cinesi, un po’ meno pare agli Uiguri, ma ai nostri campioni dei diritti umani e al tempo stesso poveracci martiri della libertà, forse questo particolare è sfuggito o non importa affatto. Anche per questo, mi rincresce ma non riesco ad appassionarmi alle griffe della Ferragni, men che meno alle canzoni del coniuge e soprattutto alle loro mirabolanti esternazioni. Si vede che la mia mente non è ancora pronta a farsi rieducare da questi influencer. Men che meno ora dopo la sopraffina e ampiamente argomentata uscita politica della signora Ferragni.

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