Agli albori di questa pandemia ci avevano insegnato che il virus responsabile, Sars-Cov-19 (noto familiarmente come covid), per la sua particolare morfologia a forma di corona appartiene al gruppo dei coronavirus. Ci avevano anche detto che questo virus possiede una particolare caratteristica, quella di produrre frequenti mutazioni geniche (quelle che giornalisticamente chiamano varianti), sempre diverse e con diversa aggressività. Un altro coronavirus, forse ben più noto, quello che conosciamo come Hiv, ha lo stesso vizio: crea varianti a dismisura cosa che in passato ha impedito l’allestimento di un vaccino efficace (altrimenti, già da quarant’anni, avremmo un vaccino Hiv performante).
Invece per il Covid, cosa è successo? La scienza e l’industria del farmaco hanno preparato e commercializzato in tempi estremamente rapidi una serie di vaccini considerati il rimedio per la pandemia. Un mio amico medico ha rispolverato un vecchio testo di Igiene e Profilassi dove, alla voce vaccini, si legge che in tempo di pandemia le vaccinazioni non sono la soluzione e che potrebbero addirittura portare danno a tutta la comunità, vaccinata e non: i vaccini andrebbero invece riservati solo nelle fasi endemiche. Il testo, degli anni settanta, è stato editato da un cattedratico che non poteva essere un NoVax (non c’erano ancora, o se c’erano erano segregati e imbavagliati in qualche scantinato). Però ci hanno anche detto che in una fase di emergenza non
esistono molte altre alternative: o ti vaccini o rischi di ammalarti, e se ti va proprio male rischi addirittura la vita. Ci avevano assicurato che i vaccinati avrebbero avuto il vantaggio di non infettarsi; poi, quando abbiamo iniziato a vedere che anche i vaccinati si infettavano (vedi dati israeliani, dove l’infezione ha colpito anche i vaccinati con tre o quattro dosi) alcuni hanno tenuto a precisare che il vaccino avrebbe scongiurato le più pericolose complicanze nei pazienti infetti.
Ora, pare che per allestire una molecola qualsiasi – vaccini compresi – dicono siano necessari anni (la sperimentazione deve passare attraverso quattro fasi distinte, compreso il post-marketing), mentre invece una nota ditta farmaceutica ha impiegato solo un centinaio di giorni. Materia ricca per i complottisti, che hanno iniziato a pensare che questa pandemia non sia il risultato di uno spillover, bensì il frutto di un’abile manipolazione genetica di laboratorio e che dunque il vaccino fosse già pronto da tempo. Meglio non approfondire. Io, animalista convinto, sono dalla parte dei pipistrelli, dei pangolini e dei visoni. Poi sono arrivati i bollettini giornalieri (veri e propri bollettini di guerra, con morti e feriti) che, di volta in volta, registravano l’andamento dell’infezione nel nostro Paese. Abbiamo così iniziato a conoscere sigle prima
sconosciute (OMS, Cts, Iss, Agenas, per citare solo quelle più ricorrenti) che ogni giorno hanno inondato i media con tanti, troppi numeri. Numeri che si sono limitati ad analizzare il problema visto dalla parte degli statistici. Ma i numeri non raccontano la storia dei pazienti: la frequenza, la prevalenza e l’incidenza. Non ci dicono le cause reali che hanno portato a morte più di 5 milioni di persone: l’età, le comorbilità, il luogo o il reparto di ricovero, le terapie e le loro tempistiche.
Infine, ecco i virologi. Presenzialisti dai nomi pressoché sconosciuti, hanno monopolizzato ogni genere di trasmissione privilegiando i talk show, ciascuno con la propria verità, ciascuno in contraddizione con l’altro, e tutti con il loro bravo conflitto di interessi.
Tutti, e non solo i complottisti, hanno avuto la stessa sensazione: che il business fosse rilevante e che una fetta di torta fosse assicurata per tutti. Anche per quegli editori che li mettevano in onda sorvolando sui noti conflitti con importanti ditte farmaceutiche. Da due anni a questa parte le diverse varianti del virus ci hanno permesso di ripassare l’antico alfabeto greco e siamo arrivati alla omicron. Ed è proprio recente la notizia che OMS ha dichiarato prossima la fine della pandemia. Ma come? Ci avevano insegnato che i coronavirus sono grandi produttori di varianti, e adesso ci vengono a dire che omicron potrebbe essere l’ultima della serie? I casi sono due: o il direttore di OMS non ha fatto il liceo classico e non conosce l’alfabeto greco antico, oppure è proprio il virus ad essere ignorante. Si potrebbe anche pensare che il virus abbia raggiunto una sorta di mediazione con l’ospite, quella che chiamano equilibrio epidemiologico. I virus sono sì organismi unicellulari, ma non così stupidi da mangiarsi in un sol boccone tutta la popolazione terrestre, perché sanno che poi non resta altro per sfamarsi: e anche loro sarebbero costretti
a soccombere.
So che un gruppo di giornalisti ha cercato di avvicinare il virus per avere maggiori chiarimenti, ma che esso si sia trincerato dietro un irremovibile silenzio stampa, come fece Bearzot ai Mondiali di calcio del 1982 dopo i primi risultati sfavorevoli. Qualcuno potrebbe pensare che la fine della pandemia sia in linea coi guadagni delle multinazionali che avrebbero pertanto raggiunto l’obiettivo economico, e che tutto fosse già stato scritto. Ho provato a chiedere in giro, ma le
risposte non sono univoche e spesso disordinate: c’è chi mette in dubbio la veridicità dei dati forniti dal nostro governo sull’andamento dell’ultima ondata pandemica allo scopo di implementare l’acquisto del vaccino. C’è anche chi preferisce non pensare. Altri hanno osservato che il business – interessi economici, politici e giornalistici – oggi si sia spostato ai confini
con la Russia e che le notizie sulla pandemia siano passate in sott’ordine. Da oggi in poi i bollettini giornalieri descriveranno il numero di morti e di feriti, che però col virus non hanno alcuna parentela.
Da oggi in poi non vedremo più virologi ospiti nei talk show televisivi, perché saranno sostituiti dai politologi di cui inizieremo a conoscere i nomi.
Fine dell’emergenza, evviva l’emergenza.
OMICRON