Le piccole cose, titolo originale ben più significativo di quello italiano, piuttosto banale, è un noir con tutti i crismi del genere, anche se per buona parte viene camuffato da poliziesco tradizionale. Il protagonista, Joe Deacon (Denzell Washington) un eroe vinto e frustrato, capita per caso in un’indagine che si collega ad un’altra, di parecchi anni prima, la cui soluzione lo aveva coinvolto fino all’ossessione, e fino ad una crisi destabilizzante. Nella nuova indagine ottiene l’appoggio e la complicità di un giovane e rampante detective, Jim Baxter, (Rami Malek), a sua volta preda della sindrome del riparatore dei torti e del difensore della vittima, con quel tanto di spirito puritano, che il vecchio collega ha ormai abbandonato da tempo. Per quest’ultimo non esistono più illusioni; nei suoi occhi non c’è il bene, come attesta una sua amica e complice, e se combatte per scoprire l’assassino, lo fa solo per sé stesso.
Se nella prima parte (forse un po’ lunga, con una lieve perdita di ritmo), la sceneggiatura presenta una detection svolta in modo tradizionale (ma già qui gli ambienti squallidi e il costante colore cupo e notturno lasciano intuire la vera natura del film), nella seconda l’indagine sembra deragliare, e coinvolgere nel profondo i protagonisti, costringendoli ad interrogarsi su sé stessi e sul mondo che li circonda. L’intervento di un nuovo personaggio, interpretato da Jarred Leto, che davvero imprime un’accelerazione ad una trama che rischiava di procedere a passo troppo lento, coincide con il punto di crisi che costituisce il cuore dell’opera: è lui il colpevole, l’inafferrabile serial killer; oppure il suo stesso beffarsi della polizia, il comportamento perennemente sopra le righe sono al contrario l’indizio che si tratta di un mitomane attratto morbosamente dai delitti irrisolti?
L’ambiguità della trama e l’incertezza delle risposte appartengono appunto al nucleo più autentico del genere noir che tratta di delitti e di orrori privati per approdare ad una constatazione desolata della condizione umana. Comunque sia, i due poliziotti che cercano la verità sono immersi dentro un mondo in cui Dio sembra essersene andato da tempo, come confessa il veterano al collega più giovane; e a dimostrarlo visivamente, la macchina da presa inquadra dal basso, sempre più da lontano, una croce che si staglia, solitaria ed estranea, sulla collina.
Ma come in ogni noir che si rispetti, anche in questo Fino all’ultimo indizio, non esistono distinzioni fra buoni e cattivi. ‘Gli angeli non esistono’ dichiara con amarezza Joe al collega paralizzato dal dubbio. Nel momento di passargli il testimone, gli lascia anche come estremo gesto di congedo un grano di saggezza, che gli rammenta che pure gli innocenti possono sfiorare la colpa.
Vittorio Dornetti