“Che una tesi sia contraria all’opinione di molti, non mi importa affatto, purché corrisponda all’esperienza e alla ragione.” Queste parole che Galileo ha pronunciato secoli fa dovrebbero essere ricordate più spesso; esperienza e ragione dovrebbero accompagnarci sempre per chiarire, di volta in volta, i dubbi che caratterizzano una mente libera.
Lombroso, controverso fondatore dell’antropologia criminale, ha coniato “verità” scientifiche che sono state ripetutamente contestate, sino al punto in cui il suo mito ha presentato crepe irreparabili. Il suo criticato lavoro deve ricordarci un concetto che tendiamo a dimenticare: la scienza non può darci tutte le risposte; come affermava il filosofo Popper: un asserto scientifico è tale solo se può essere confutato. Cioè le verità della scienza devono possedere i connotati della provvisorietà.
Oggigiorno l’attenzione si focalizza su neuroscienze e genetica. Da un paio di secoli è noto che alcune lesioni cerebrali possono influire sia sulle facoltà cognitive che sul comportamento, più recentemente la decodifica del genoma umano ha svelato il ruolo dei geni non solo nel determinare i tratti fisici, ma anche la personalità. A proposito vorrei citare il caso di quell’avvocato che ha evitato la pena capitale al suo assistito – un pluriomicida – dimostrando che questi era affetto da un’anomalia metabolica congenita che ne condizionava il comportamento. È indubbio che il caso costituirà un riferimento per molti, futuri verdetti , anche perché la ricerca ha descritto un certo numero di anomalie genetiche che sono alla base di comportamenti antisociali.
Galileo aveva ragione: bisogna continuare a ragionare. In campo legislativo la scienza e la tecnologia vengono impiegate come supporto per formulare il giudizio di comportamenti e azioni avvenute in precedenza. Fintanto che il ruolo di supporto resta tale, siamo tutti soddisfatti, ma, per usare un paradosso, se venisse il giorno in cui non si sentisse più la frase “entri l’imputato” ma ”entri il DNA”, allora dovremmo cominciare a tremare, perché significherebbe che l’uomo si identifica solo con il suo genoma e il resto non conta. A quel punto la tecnica avrebbe preso il definitivo, inquietante sopravvento su tutto.
La ricerca del “gene del male”, che ricorda su piani diversi convinzioni di lombrosiana memoria, prospetta una società che necessita di “certezze” scientifiche che la liberino dai dubbi scaturiti dal vuoto intellettuale; se un’alterazione genetica viene accettata come causa fondamentale del male, la valutazione, senz’altro faticosa, di ogni altra causa – alludo al confronto e al dialogo – risulta superflua. Quando il pensiero si assopisce torna in mente una frase molto nota: “ il sonno della ragione genera mostri.”
Giuseppe Pigoli
2 risposte
Preziosa riflessione che, se non fraintendo, porta dritto al tema del giorno: l’inquietante futuro del rapporto fra intelligenza umana e artificiale.
Sarà proprio vero che la ragione dorme sonni profondi, si chiede Rino Camilleri? Stando a lui, infatti , si ha l’impressione che la ragione non dorma per niente, ma che sia e sia stata “ben sveglia ed orrendamente lucida”. Durante la Rivoluzione francese, ad es, si regalavano ai bambini passeri e piccole ghigliottine, Hitler era ecologista e salutista, si dice anche di Marx che scrivesse poemi satanici, gli Aztechi erano cannibali..Quello che emerge dal perfetto articolo di Pigoli, è l’importanza di definire una volta per tutte che la scienza non è una religione, e che quindi non può essere usata come una clava , al contrario di quello che si è fatto in tanti ambiti, per punire chi non si adegua alle presunte verità scientifiche, ma soprattutto che la vera scienza lascia sempre spazio al dubbio, alla revisione. Non può prescindere da una libera interazione tra ragione ed esperienza. Al contrario, la logica del DNA come verità suprema è già ampiamente operante ed incarnata nei cd esperti scientifici / consulenti tecnici. La loro parola vale spesso come quella di Dio, incontestabile e questo produce mostri giuridici innanzitutto. Il superesperto non diventa supporto, ma la verità in persona. Così si evita da una parte di far lavorare la mente definendo una verità a priori e dall’altra ci si scarica delle responsabilità giudicanti ” L’ha detto l’esperto”. risuona spesso sulle carte istituzionali. E’ questo modo di fare che ha portato agli orrori di Bibbiano, ad es. Sonno della ragione dunque o ragione orribilmente sveglia e operante? ovvero rinuncia ad usarla per subdole convenienze o, infine, rimozione personale e collettiva?