Con la ricorrenza dell’8 marzo, Giornata internazionale per i diritti delle donne, le conviviali del Rotary Crema nel mese hanno come relatrici delle professioniste donne. Con questa premessa del presidente Antonio Grassi, martedì, ha dato il via a Claudia Bruni con il tema La forza delle donne migranti..
Psicologa e psicoterapeuta che collabora con la cooperativa sociale Crinali Donne per un Mondo Nuovo e che ha all’attivo, presso gli ospedali S. Carlo e S. Paolo di Milano, un Centro di salute e ascolto per le donne migranti e i loro bambini, soprattutto quelle nel difficile momento della gravidanza, del parto e del post partum.
«Siamo quasi tutte donne che incontrano soprattutto donne. Mettiamo in campo la nostra somiglianza di genere, ma anche la nostra differenza, non solo individuale ma anche culturale, in un dosaggio sufficientemente rassicurante. Cerchiamo di incontrarci sul crinale: un terreno di mezzo, né io, né tu, nel quale nessuna debba abbandonare, strapparsi di dosso la propria cultura, ma abbia l’opportunità di acquisire del nuovo. Anche noi professioniste del paese ospitante sul crinale! Disponibili a decentrarci, ad abbandonare schemi e certezze anche professionali a creare il nuovo in un percorso di scoperta e creatività».
Dalla galleria di ritratti di donne incontrate nel suo lavoro, la relatrice ha voluto presentarne alcune particolarmente significative.
«Le donne che incontriamo spesso riescono a trovare vie d’uscita da quelli che, a prima vista, sembrano a loro, ma anche a noi, vicoli ciechi. Hetita, egiziana copta, raggiunge il marito con tre figli e la seguiamo per la quarta gravidanza assai difficile. A seguito di vicende pesanti ( perdita del lavoro, della casa e della madre in Egitto) il marito comincia a bere e a maltrattare la moglie e i figli. Hetita prende la difficilissima decisione di farsi aiutare e sporge denuncia ai carabinieri. Il marito che forse aveva anche qualche altra pendenza giudiziaria in corso, passa del tempo in prigione lasciando moglie e figli in grande difficoltà. Hetita torna a trovarci disperata e piena di sensi di colpa. La comunità copta la condanna per aver consegnato il marito alle autorità giudiziarie italiane, i figli la colpevolizzano per averli privati del padre … Accogliamo la sua paura, il suo smarrimento e la sua grande solitudine. Le diamo fiducia (non tutte le donne hanno il coraggio di uscire dal silenzio, la ammiriamo per questo!), nutriamo la sua stima di sé ( ha detto basta anche a nome dei figli, è stata una buona madre, li ha protetti!), cerchiamo di riavvicinarla al suo mondo di origine (evochiamo la sua famiglia allargata, al Paese tutto si sarebbe risolto in altro modo, i carabinieri avrebbero sgridato il marito, le famiglie sarebbero intervenute, mentre ora sono tenute all’oscuro di tutto per la vergogna …). Riconosce di aver imparato molte cose e ci confessa di avere un grande desiderio di raccontare, addirittura di scrivere per le altre donne. Vorrebbe aiutarle a muoversi in una realtà così diversa, a prevenire le delusioni e soprattutto a saper chiedere aiuto in modo efficace. Siamo ammirate dalla sua resilienza che non vuol solo dire aver resistito a situazioni pesanti e angoscianti ma anche aver imparato l’arte di vivere e di volerla trasmettere ad altre sue connazionali e anche alle sue figlie, come lei stessa pensa e spera. Il grande apprendimento condiviso con tutte le colleghe di Crinali é senz’altro il fatto che se le accogliamo, le riconosciamo come persone di valore, cerchiamo di guardarle all’interno dell’affresco della loro cultura, sempre affiancandoci alla figura della mediatrice linguistico culturale che crea e sta sul ponte tra le due culture, ci sorprendono e si sorprendono riuscendo a diventare artefici e protagoniste della loro vita, trovando soluzioni anche creative che tengono insieme innovazione e tradizione».
Nella foto centrale Lacchinelli, Bruni, Grassi