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Giulio Cesare assassinato, la Procura riapra le indagini

30 Settembre 2021
Se per assurdo la Procura di Roma riaprisse le indagini sull’assassinio di Giulio Cesare, emergerebbe una serie di circostanze del tutto ignorate dall’insegnamento avuto dalla scuola che abbiamo frequentato. Consultando le fonti, il Procuratore capo verrebbe a conoscere particolari molto interessanti, come in che giorno della settimana il Dictator venne colpito: era domenica, verso le 11,30 del 14 marzo del 44 a. Ch.
Sempre secondo le fonti, il delitto avvenne all’interno della Curia di Pompeo (oggi Largo Argentina, a Roma), perché l’edificio del Senato era stato distrutto da un incendio. Indagando, il magistrato romano scoprirebbe innanzitutto che i presagi negativi dell’aruspice Spurinna, che ammonivano Cesare a restarsene in casa, non furono ascoltati ma che, invece, fu Decimo Bruto a convincerlo a presentarsi ai senatori. I fatti andarono così: uscito di casa alle 11 e senza scorta Cesare percorse a piedi la via Sacra tra due ali di folla plaudente. Arrivato nella Curia, i congiurati gli si strinsero addosso. Tillio Cimbro si gettò ai suoi piedi come per implorarlo tirandogli la toga: era il segnale convenuto. Publio Casca, per primo, colpì Cesare con una pugnalata. Lo ferì ma Cesare reagì e lo ferì a sua volta. Poi, colpito da 23 pugnalate, cadde ai piedi della statua di Pompeo, il nemico nella guerra civile del 49 a. Ch.
La nuova indagine scoprirebbe che non pronunciò la frase ‘Tu quoque Brute fili mi’, ma, secondo Svetonio, Cesare emise soltanto un gemito senza dire una parola. I senatori fuggirono in preda al panico, i congiurati si sparpagliarono per informare il popolo. Il corpo senza vita di Cesare rimase nell’atrio dell’edificio per ore prima che tre schiavi lo caricassero su una lettiga per portarlo a casa.
Ma la nuova indagine della Procura vorrebbe sapere come avvenne esattamente l’assassinio. Quando Tillio Cimbro gli si fece vicino come per chiedergli un favore, Cesare rifiutò di ascoltarlo e gli fece capire di scegliere un altro momento. Allora Tillio gli afferrò la tunica alle spalle e mentre Cesare si mostrava risentito per quel gesto, che era il segnale dell’attacco, uno dei due Casca lo ferì colpendolo poco sotto la gola. Cesare cercò di reagire colpendo a sua volta l’assalitore, ma fu fermato da un’altra ferita e quando si accorse che tutti lo stavano aggredendo con i pugnali, si avvolse la toga attorno al capo e fece scivolare l’orlo fino alle ginocchia per morire più decorosamente anche con la parte inferiore del corpo coperta. Fu trafitto da 23 pugnalate con un solo gemito emesso dopo il primo colpo.
La Procura di Roma con la nuova indagine accerterebbe che il corpo senza vita rimase lì mentre tutti fuggivano. Poi caricato come detto su una lettiga, con il braccio destro che pendeva fuori, fu portato a casa da tre schiavi.
Il medico Antistione fu incaricato di eseguire l’autopsia sul cadavere per accertare la causa della morte. L’esame era imposto dalla Lex Aquilia, che stabiliva che non bastava la morte del ferito per dichiarare mortale una ferita, ma che doveva essere dimostrato che la morte era avvenuta per quella determinata ferita. Dall’esame risultò che una sola delle 18 ferite era da considerarsi mortale, cioè la seconda in ordine temporale. Nelle lotte che seguirono, i cesaricidi perirono l’uno dopo l’altro. Ma qui subentra la storia e si chiude il caso dell’omicidio di Cesare riaperto idealmente dalla  Procura di Roma.
Il lettore converrà che il più noto delitto della storia ci è stato insegnato a scuola in maniera molto lacunosa e sbrigativa.
Sperangelo Bandera

Una risposta

  1. Godibilissima ricostruzione ma, per carità, non aizziamo , a procure intasate, i nostri giudici a riaprire il caso Giulio Cesare. Anche perché dopo decenni ancora non sono venuti a capo di quello Berlusconi – Rubi ( di pari se non superiore importanza) e Travaglio scriverebbe che Sperangelo Bandera è un pericoloso depistatore, complice del Cavaliere…E lo deferirebbe a una cupola di toghe rosse

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