Di solito è la politica che fa la storia; nel senso che le scelte politiche importanti, soprattutto dei Grandi della Terra ma a volte pure dei popoli, possono determinare svolte storiche (le dichiarazioni di guerra, le alleanze, le rivolte ecc.). Nel caso recente dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin sembrerebbe invece, soprattutto stando ai discorsi di Vladimir Putin e dei suoi, che sia la storia a fare la politica. Oddio, la storia è sempre importante, sotto sotto magari, nelle scelte di popoli e governi: anche inconsapevolmente, noi siamo oggi ciò che siamo diventati e ciò che eravamo incide sempre molto nel nostro presente e nella prefigurazione del futuro. Comunque, è raro sentire un leader che dedica così gran parte dei suoi discorsi alla storia, come fa Putin! Quasi quasi, preferisco l’ignoranza crassa dei nostri dirigenti sulla storia (interrogati, molti parlamentari italiani manco hanno saputo indicare il secolo della Rivoluzione Francese e gli anni, pressappoco, della Seconda Guerra Mondiale!) piuttosto dell’erudizione minuziosa di Putin, che interpreta la storia secondo valori molto particolari. Ovviamente, è un paradosso: ideale sarebbe avere leader colti ma dotati di senso critico, capaci di studiare le ragioni degli altri e di valutare le cose alla fine di un serio processo di analisi. Ma tant’è: pare impossibile averli!
Torniamo quindi a Putin. Che cosa sostiene in questi lunghi discorsi? Non parla solo di storia naturalmente: l’altro grande tema è quello della sicurezza della Russia, circondata da avversari. Ma giunge a questo secondo tema partendo dalla storia. Sintetizzo al massimo. Secondo Putin, Russia, Bielorussia ed Ucraina hanno una origine comune, sono lo stesso popolo. L’origine sta nella ‘Russ di Kiev’, una entità statale formatasi nel IX-X secolo dopo Cristo in seguito ad invasioni di Vichinghi da Nord, fusisi con tribù slave circostanti e gruppi etnici preesistenti. Questa realtà unitaria avrebbe sostanzialmente resistito attraverso i secoli, rafforzata infine dall’Impero zarista. Sempre secondo Putin, sarebbe stato Lenin il responsabile della creazione di una Repubblica ucraina autonoma, unita poi nell’Urss. La colpa di Lenin è aggravata dal fatto, sempre secondo Putin, di aver previsto anche una specie di ‘clausola di dissoluzione’, di aver previsto cioè anche la possibilità per la singole Repubbliche di recedere dall’Unione. Putin non dice apertamente che per fortuna Stalin impedì la divisione dei popoli russi, ma si capisce che la pensa così; e critica sotto sotto Gorbaciov ed Eltsin per la dissoluzione dell’Unione delle Repubbliche (anche se il socialismo è quanto di più lontano vi sia dalla sua visione di autocrate capitalista).
Come sono andate davvero le cose, per quanto è possibile ricostruire? Non sono un esperto, ma dalla ricostruzione degli storici più attendibili risulta che sì, tutto, più o meno, cominciò con la ‘Russ di Kiev’. Quei popoli, però, cominciarono a dividersi abbastanza rapidamente. Da est le orde dei Mongoli sconfissero ed in parte sottomisero la Moscovia, che per lunghi secoli fu impegnata in questo confronto. Dell’invasione mongola rimase, a sud, il Khanato di Crimea, assorbito poi dall’Impero ottomano ed infine da quello zarista. A nord si era formato un forte Stato lituano (poi divenuto Regno polacco-lituano) che occupò gran parte dell’attuale Ucraina. Le terre dell’ovest (Leopoli soprattutto) divennero parte dell’Impero austriaco.
Dispersi in tutti questi territori, gli ucraini mantennero però alcuni tratti unitari (la lingua, la religione e le tradizioni soprattutto). Lungo il Dniepr (come d’altra parte in Russia lungo il corso del Don) vi erano poi forti insediamenti cosacchi. Gli zar, sconfitti i cosacchi (in gran parte assorbiti nell’esercito russo) occuparono l’Ucraina fino al 1917 ed oltre. Durante la guerra civile fra bolscevichi e ‘bianchi’, l’Ucraina fu un centro importante antibolscevico, finché la Rivoluzione si impose anche lì. Davvero Lenin si pose il problema delle nazionalità! Vi fu un interessante dibattito, proseguito anche oltre la morte di Lenin. Personalmente penso che se davvero la visione di Lenin fosse prevalsa e fosse prevalso un effettivo rispetto delle nazionalità, la storia del mondo sarebbe stata diversa! Non solo in Russia. Pensate all’errore che commisero le sinistre occidentali quando credettero che, in occasione del referendum nella Ruhr ed in altre zone popolate da minatori ed operai di lingua e costumi tedeschi, gli elettori avrebbero scelto la democratica Francia e non la già hitleriana Germania. Gli elettori scelsero invece la Germania, perché il senso di appartenenza ad una nazione era (ed è) più forte della condizione sociale e dell’idea politica. Il senso di appartenenza va capito e gestito; altrimenti si trasforma in nazionalismo e sono guai per tutti.
Durante la Seconda Guerra mondiale Stalin giocò la carta nazionale russa e riuscì a sconfiggere il nazifascismo. Fece appello alla Grande Patria russa, la guerra divenne Grande Guerra Patriottica ed ogni casa si trasformò in fortino. La Russia ebbe venti milioni di morti ma vinse la guerra, per fortuna. Le altre nazionalità, facenti parte dell’Urss ma che si sentivano spesso discriminate, in molti casi fornirono carne da macello e torturatori ai nazisti. In Ucraina ben trentamila giovani si arruolarono nelle SS! Così avvenne tra altre minoranze etniche (tartari, calmucchi ecc.): dalle Repubbliche caucasiche venivano i cosiddetti ‘mongoli’ che terrorizzarono nel 1944 le popolazioni del nostro Appennino e con cui si scontrarono i nostri partigiani).
Ecco. Nella ricostruzione storica di Putin c’è quindi del vero ma soprattutto del falso. La storia viene piegata per giustificare un nazionalismo panrusso che si richiama allo zarismo e, senza citarlo più di tanto, a Stalin. La società russa è illiberale e capitalistica, con un divario enorme fra ricchi e poveri, fra oligarchi e gente comune. Ma il nazionalismo fa passare ciò in secondo piano Di vero, nella ricostruzione di Putin, c’è la paura dell’accerchiamento e dell’invasione, come è stato con i tedeschi, con Napoleone, con Gengis Khan ecc. Per questo, senza alcuna simpatia politica per un autocrate omofobo come Putin e per il suo entourage, penso che la Nato abbia sbagliato a non tener conto delle ragioni di sicurezza della Russia e ad insediarsi ai suoi confini. Ma questo sarebbe un altro discorso su cui, per il momento almeno, soprassediamo.
Gian Carlo Corada
2 risposte
Concordo su ogni passaggio dell’analisi e in particolare sulla conclusione: miopia della Nato. Elemento su cui, nel precipitare degli eventi, non è il caso di soprassedere. Il mio udito difetta o il silenzio da parte Nato è praticamente totale? L’ipotesi che il senso comune suggerisce è una moratoria, nero su bianco, dell’ingresso nell’Alleanza di Ucraina (che dovrebbe farsi una calmata al riguardo) e di paesi come Finlandia e Svezia da cui Putin si sentirebbe ulteriormente accerchiato . Un dittatore innervosito con valigetta nucleare a disposizione va preso con le pinze e la massima prudenza. La posta in gioco è la sopravvivenza del pianeta. Chi è ancora in grado di tessere col filo della ragione rinunci alle spacconate da ‘miles gloriosus’ e conceda alla pazienza negoziale e diplomatica tutto il tempo che le occorre. È vero, e come antica borsista Nato continuo a crederlo, che ‘Si vis pacem para bellum’: se vuoi la pace preparati alla guerra. Ma qualcun altro disse ‘Primum vivere’. Questi sono e restano gli estremi di un dilemma fra cui va trovata con realismo, umiltà e intelligenza, una adeguata mediazione.
Prof. Corada, condivido la sua analisi.
L’unica cosa su cui non sono del tutto d’accordo è che la NATO abbia sbagliato ad allargarsi ad Est: proprio la storia insegna che quelle nazioni (ora democrazie) hanno una paura atavica dell’occupazione da parte russa, oltre a condividere con noi un patrimonio culturale comune e – ora – uno stile di vita comune.