Gli eventi che si susseguono con implacabile rapidità inducono a pensare che alle guerre in atto
se ne aggiungeranno di nuove, senza che le prime conoscano una soluzione stabile. Non solo
Ucraina e Gaza, ma Siria, Iraq, Afghanistan, Sudan, Corea, Taiwan, Argentina e Venezuela sono
al momento focolai in atto o pronti ad esplodere. Esercitazioni militari comandate da generali dalle uniformi impeccabili, dittatori obesi che lanciano missili solo per ricordare che esistono, i potenti che gonfiano il petto (non sono più i
personaggi da operetta descritti da Karl Kraus, ma volgari bellimbusti inebriati dalle altitudini del
potere) e infine la desolante assenza di politica e diplomazia, fanno pensare che siamo entrati
o stiamo per entrare in uno stato di guerra permanente; prospettiva poco esaltante che forse ci
risparmierà il conflitto nucleare, ma è una speranza flebile.
Per l’ennesima volta sfogliamo un copione ingiallito che non ci è ancora venuto a noia, anche se
lo conosciamo a memoria: la guerra di Troia (l’archeologia ci dice che è avvenuta a più riprese), la guerra del Peloponneso, la guerra dei trent’anni. L’elenco non finisce qui, ma mi fermo per non annoiare.
I segnali preparatori sono evidenti: corsa agli armamenti, applicazione di sanzioni, sequestri di fondi; anche il clima è stato trasformato in un’arma: alluvioni, siccità e crisi alimentari causano esodi che allarmano e spingono a invocare misure a tutela della sicurezza che contemplano il ruolo attivo dell’esercito. Si sa che quando arrivano i militari tutto si ferma; cultura, economia e libertà.
Tutto ciò fa pensare che la pace altro non sia che una pausa per recuperare le forze nell’attesa
di nuove guerre. Infatti non si parla più di pace, ma di stabilizzazione armata. In altre parole la
guerra non scoppierà perché è già in atto, può solo diffondersi come una metastasi.
Purtroppo siamo abituati a pensare che la guerra sia una sorta di incidente che, come tale,
sarebbe evitabile, ma non è più così, al contrario è diventata un mezzo con cui i regimi sono
pronti a governare persino sulle rovine che hanno provocato. A questo proposito mi torna in
mente un racconto visionario e potentissimo di Dürrenmatt : LA GUERRA INVERNALE DEL
TIBET in cui l’autore descrive un’umanità devastata dalla catastrofe nucleare, che continua a
combattere perché non può fare a meno di credere nell’esistenza del nemico. I superstiti si muovono furtivi fra sotterranei e caverne pronti a massacrarsi senza pietà (non vengono in mente i tunnel di Gaza o i laboratori atomici iraniani?).
Ciò che inquieta è il sospetto che i potenti (come gli antichi dei che non si curano dei mortali)
siano tutti d’accordo nell’instaurare un’economia di guerra, dal momento che l’altra economia è
in affanno.
Ancora una volta Omero aveva già capito tutto: ” e Zeus verso le navi snelle degli Achei lanciò la
lotta/…/ gli altri dei non eran fra essi: quieti/ sedevano nei loro palazzi dove a ciascuno / è
costruita la bella dimora, tra le gole dell’Olimpo. ” Iliade XI.
E siamo daccapo: il vuoto lasciato dalla politica, prosternata davanti a “divinità” maldestre e
ignoranti, ora è pieno di missili e violenza.
Le generazioni attuali ringraziano dal profondo del cuore.
Giuseppe Pigoli
5 risposte
Più che la guerra, paradossalmente dobbiamo temere la “pace” ,e la menzogna che la sottende. Visto che citi Omero e la guerra di Troia, questa città non peri ‘ per 10 anni di guerra, ma per una finta pace, suggellata da uno strano dono , quel cavallo che con grande superficialità e allegrezza, lasciato dagli Achei in ritirata, fu introdotto nella città. Abbassate le difese, fu consumata la mattanza dei troiani. Analogamente, la più grande sberla che Israele si prese dopo l ‘ Olocausto della grande guerra, fu quel famigerato 7 ottobre in cui pensò bene e incredibilmente, di lasciare sguarniti i confini verso Gaza, da cui in breve uscirono mille miliziani a fare un’altra mattanza. E strano che il Mossad non si fosse accorto di tutto questo, visto che aveva avvisato con largo anticipo, ma inascoltato, le autorità americane dell’ attentato che si sarebbe compiuto l ‘ 11 settembre.
L’ ho sempre letta con interesse e ho ammirato la sua profonda conoscenza in campo botanico/naturalista. La preferisco di gran lunga in quella veste. Il suo commento al pezzo del dottor Pigoli, molto interessante e capace di essere spunto di riflessione, mi suona come il pretesto per esprimere un appoggio a Israele molto discutibile. Peccato! Perché non torna a scrivere anche di argomenti che solo lei conosce e dei quali è assoluto competente?
Appunto
La ringrazio Michela per la stima, ma ha frainteso il mio commento all’articolo di Pigoli, perché io ho fatto al contrario una grossa obiezione a Israele e cioè mi sono meravigliato del fatto che, nonostante abbia (avuto) una così grande ” intelligence ” in passato, al punto da avvisare già ad agosto gli americani di un imminente attacco di quella cellula qaedista che poi cagionò l’11 settembre, non sia affatto riuscito a prevedere e prevenire un così grande attacco sul proprio territorio quel fatidico 7 ottobre. E la cosa per me è incomprensibile. Riguardo alla ripresa dei miei articoli, al momento non ci sono le condizioni per poterlo fare, ma sarebbe troppo complicato spiegarlo ora, perché le ragioni sono molteplici, di natura sociale e familiare innanzitutto.
Dottor Araldi, mi associo all’invito che le é stato rivolto di tornare a scrivere i suoi articoli in campo botanico, non perché lei non abbia competenze in altri settori, ma perché in tale ambito riesce a farci conoscere, con profondità e originalità, aspetti della bellezza della natura che altrimenti rimarrebbero totalmente sconosciuti!!