Ieri sera sono stato al Tempio del Futuro Perduto a Milano per assistere a I Topi, ennesima e molto interessante re interpretazione del Macbeth di Shakespeare, per la regia del cremonese Stefano Ghidetti e allestita da un gruppo di giovanissimi attori, coreografi e scenografi.
La grandezza del Bardo regge egregiamente I suoi 400 anni, dato che ancora incanta le giovani menti di attori e registi, e che pur con pochi mezzi riescono a mettere in scena uno spettacolo affascinante, tetro e soffocante come la storia dell’ambizioso guerriero che si fece Re di Scozia aizzato dalla spregiudicata moglie Lady Macbeth. Una spirale di sangue e crudeltà che lascia cadaveri disseminati ovunque e che alla fine, dopo aver soddisfatto le ambizioni sconfinate della tragica coppia, finirà per travolgerli e ucciderli.
La storia di Macbeth è forse una delle più riuscite rappresentazioni della dinamica del potere e della ambizione, ed è certamente quello il motivo per cui rimane sempre così attuale, tanto che perfino Prime Video ne propone proprio in questi giorni una versione Italiana in salsa pugliese ambientata nel mondo della Sacra Corona Unità.
Macbeth è un prode soldato, fedele al suo Re e che vince in battaglia. Come tutti i grandi guerrieri è coraggioso e leale, ma di politica non capisce granché ed è estremamente influenzabile, soprattutto dalla moglie, figura straordinaria di donna di potere, intelligentissima spietata e calcolatrice, che sa di non poter ambire al potere assoluto e allora lo raggiunge per tramite del marito, il cui valore ben presto si trasforma in cieca violenza. Finiranno accoppati entrambi come è giusto che sia, ma non prima di aver lasciato sulla propria strada una lunga scia di sangue più o meno innocente.
Alla fine dello spettacolo una delle organizzatrici ha rivolto un lungo appello a favore di Gaza, che chi scrive ha trovato oggettivamente un po’ scontato e anche poco opportuno data la circostanza, ma del resto quando è moda è moda come diceva Gaber…
Eppure, in effetti, ripensavo poi che Macbeth ha a che fare con tutto quello che sta accadendo nel mondo: la globalizzazione è finita, lo hanno deciso le due nazioni che la hanno inventata, USA e Cina, ed è iniziato un nuovo ri-allineamento globale in cui si manifestano le ambizioni sconfinate di grandi e piccoli leaders, tanti Macbeth che versano sangue sull’altare della propria ambizione, e che puntano a infilarsi rapidamente uno dopo l’altro nello scacchiere geopolitico che il ritorno agli Stati nazionali sta creando: un rapido e spregiudicato gioco di allargamento dei propri confini prima che la finestra temporale si richiuda.
Da che l’uomo esiste le guerre si fanno sempre per denaro, perché come diceva Cecil Rhodes, se non vuoi la guerra civile in casa a un certo punto devi cominciare a depredare i tuoi vicini, è solo una questione di pane da mettere in tavola. Le guerre non le fanno solo i Macbeth per ambizione personale, le facciamo anche noi che sguazziamo in un benessere scandaloso e vogliamo tutto e lo vogliamo sempre e subito, e a qualcuno bisogna prenderlo, non ce n’è per tutti.
Come scriveva Mao ‘Tutti vogliono la pace. Anche noi vogliamo la pace, ma una guerra finisce solo con un’altra guerra. Il potere è nella canna del fucile e la guerra è la continuazione della politica. Senza l’esercito del popolo il popolo non ha niente”.
Sono passati 70 anni da allora ma a quanto pare ci risiamo…
Francesco Martelli
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di Archivistica all’Università degli studi di Milano