Il caso Telegram: la nuova Guerra Fredda si combatte con i cellulari

1 Settembre 2024

Giulio Andreotti soleva ripetere che se non si vuol far sapere un segreto non bisogna confidarlo nemmeno a se stessi, e ai vecchi agenti della CIA nell’America bigotta degli anni 50 veniva detto che nemmeno al Padreterno durante la preghiera andava confidato quello che sì sapeva.

Quando i vecchi dittatori del blocco sovietico ordinavano l’eliminazione di qualcuno lo facevano nel luogo apparentemente meno appropriato: durante le grandi parate pubbliche davanti a migliaia di persone, perché i luoghi affollati e rumorosi sono sempre in effetti i più intimi. Fedeli al principio sovietico della Konspiracija e della paranoia permanente, non si fidavano di parlare in casa, in ufficio e figuriamoci per telefono, ed ecco che allora sussurrare all’orecchio di un militare il nome da eliminare durante una rumorosissima parata pubblica era una garanzia di anonimato.

Perfino Gorbacev la notte prima di essere nominato presidente dell’Unione Sovietica lo confido’ alla moglie Raïssa sotto la neve e fuori dalla sua dacia di campagna, sapendo bene che il KGB era sempre in ascolto. Ed è notorio che Vladimir Putin non tocca un cellulare da anni: una sua ex guardia del corpo ha confidato in una intervista che l’ex capo del KGB oggi zar della Federazione Russa non usa mai il cellulare ma comunica solo di persona con la sua cerchia più ristretta di collaboratori.

E se Putin lo fa, evidentemente ha le sue buone ragioni: il cellulare è una trappola mortale per la privacy e un vero e proprio colabrodo da cui tutti possono venire a sapere tutto.  È il paradosso della tecnologia: poter comunicare in privato in pochi secondi con tutto il mondo a costo zero pensando di essere nel più assoluto riserbo mentre in realtà tutti possono venire in possesso di quello che ci siamo detti.

Sì perché tutto quello che ci scambiamo via cellulare viene memorizzato da qualcun altro, nella fattispecie proprio da chi ci fornisce gli strumenti per comunicare.

Dapprima i social come Facebook e Instagram e poi le varie app come WhatsApp sono state usate dagli utenti per scambiarsi ogni tipo di informazioni, da quelle di lavoro a quelle sessuali, pensando di essere al sicuro. Col tempo in realtà scandaletti e scandaloni vari hanno dimostrato che nessuno è al sicuro anzi, le Procure di mezzo mondo hanno obbligato i gestori delle piattaforme a consegnare (ed ovviamente a spiattellare in pubblico) di tutto e di più, portando per conseguenza i gestori delle piattaforme a dare sempre maggiori garanzie agli utenti circa la inviolabilita’ delle informazioni.

In gergo informatico si chiama crittografia, letteralmente “scrittura nascosta”, ed è la realizzazione degli algoritmi per decifrare o criptare le informazioni che viaggiano sulle App, operazione che si chiama cifratura. A questo si sono aggiunte pubbliche dichiarazioni dei vari gestori di app che garantivano in maniera molto discutibile che mai avrebbero collaborato con qualsivoglia autorità e mai avrebbero reso pubblico alcunché.

L’app che in questi anni si era guadagnata la palma d’oro della riservatezza è Telegram, e la  questione ha raggiunto livelli inimmaginabili proprio in questi giorni con l’arresto a Parigi di Pavel Durov, il patron franco-russo di Telegram. Le accuse delle autorità francesi sono proprio di aver coperto utenti che grazie alla sua app trafficavano praticamente di tutto, dalle armi alle foto pedopornografiche.

Ovviamente sono accuse che celano ben altro…anzitutto abbiamo scoperto pubblicamente che tutti i ministri del Governo francese usavano Telegram per comunicare tra loro in via riservata tanto che Macron li ha ufficialmente invitati ad usare una nuova app super riservata e tutta francese che si chiama Olvid. Roba da film di Austin Powers più che da James Bond a dire il vero.

È di fatto in atto da anni  una nuova Guerra Fredda che si combatte sui server e sui cellulari, e questa manovra francese puzza di guerra coi russi dall’inizio alla fine, tanto che ha mandato in fibrillazione Putin al punto che abbiamo appreso pubblicamente che Telegram lo usano pure i generali russi in guerra con l’Ucraina. Ecco perché è così importante acchiappare uno come Durov e fargli vuotare il sacco d’oro dei suoi server.

Ma il piatto è ben più ghiotto, una spy story degna dei tempi d’oro della Guerra Fredda: Durov sarebbe stato tradito dalla fidanzata che sarebbe perfino un agente del Mossad israeliano. Altri invece sostengono che lo stesso Durov si sia consegnato ai francesi che hanno inscenato l’arresto perché sarebbe in rotta con Putin, che come è noto i nemici li tratta col polonio.

Pare infatti che Durov sia in realtà un ex agente del FSB (l’ex KGB) che aveva proprio il compito di creare app criptate controllate dai Russi ma  diffuse in tutto il mondo a miliardi di utenti, una formidabile arma di disinformazione e raccolta di informazioni tipicamente sovietica.

Chi sia realmente Durov e che fine farà lo sapremo fin troppo presto, ma quel che è inequivocabilmente certo è che ormai è ufficialmente in atto una nuova Guerra Fredda che si combatte sui cellulari, anche sui nostri.

Quindi ricordatevi bene che nulla è veramente segreto, e che prima o poi tutti vengono a sapere tutto. E siccome oggi nessuno fa più i pedinamenti perché tutti seguono il cellulare, se proprio vi dovete confidare un segreto fatelo passeggiando in una pubblica piazza molto affollata, magari mandando qualcun altro a passeggio col vostro telefono in tasca ben acceso.

 

Francesco Martelli

sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano

docente di archivistica all’Università degli studi di Milano

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