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Il Chilometro Lanciato

24 Marzo 2023

Viviamo in una società che, anche nello sport, ama vietare. Rispetto al passato, infatti, per partecipare a una gara automobilistica oggi bisogna espletare una marea di pratiche, rispettare un elevato numero di norme, che danno un indescrivibile senso di potere a chi deve controllarne la correttezza, oltre a una serie quasi infinita di obblighi fino a ieri sconosciuti. L’automobile, insomma, è stata particolarmente bersagliata, oltre che dalle tasse, da un crescendo di vessazioni andato di pari passo con la diffusione delle auto, estendendosi, oltre che verso la normale circolazione stradale, in nome della sicurezza, anche alle competizioni. Oggi per potersi schierare sulla linea di partenza di una gara bisogna aver superato la visita medica, aver ottenuto la licenza per correre e la fiche, mentre ieri l’iter burocratico era decisamente più semplice.

Agli inizi degli anni Sessanta, a Cremona veniva organizzata, in una domenica d’agosto, una manifestazione automobilistica denominata “Il Chilometro Lanciato”, approfittando dell’allargamento appena realizzato del rettilineo della statale Paullese a ridosso della città. Per potervi partecipare bastava, pagata la quota d’iscrizione, avere a disposizione una vettura ed essere in possesso della patente di guida: nient’altro. Ai lati dello stradone curiosi, amici e conoscenti a fare il tifo. Dopo un lancio di alcune centinaia di metri, entravano in azione i cronometristi che prendevano il tempo ai concorrenti, per i quali non c’era neppure l’obbligo di indossare il casco. L’emozione, che al momento del via assaliva improvvisati piloti come il pasticcere o il mediatore di cereali era determinata dalla presenza del pubblico e dalla bandiera a scacchi, e li condizionava a tal punto da impappinarsi anche nelle manovre più semplici. Le “grattate” suscitavano grandi risate, sberleffi e salaci commenti. A causa del gran caldo (l’aria condizionata sulle macchine era di là da venire) c’era chi, al volante, si rimboccava le maniche o affrontava la prova in canottiera. Il poco edificante spettacolo offriva al pubblico un sovrappiù di ilarità. L’evento divenne, con il passare delle edizioni, tanto seguito da attirare “piloti” che non ti saresti aspettato, capaci di slanci agonistici, come l’impiegato della porta accanto, incurante degli sfottò dei conoscenti, fiero di esibirsi alla guida della sua utilitaria. Alla gara nostrana, come alle Olimpiadi, l’importante era partecipare anche se alla fine non mancavano le imprecazioni per la mancata vittoria. Reclami non potevano essere inoltrati, dal momento che non esisteva nessun regolamento da infrangere e, alla fine del pomeriggio, pubblico e gareggianti sfollavano ampiamente soddisfatti. Tornando verso casa, qualche motore arrancava per lo stress a cui era stato sottoposto, qualche auto veniva fatta ripartire a spinta e più raramente veniva trainata da un’altra vettura a testimonianza della solidarietà che contraddistingueva gli automobilisti della prima ora. Spettacoli e divertimenti oggi irripetibili.

Altro che canottiera, oggi è d’obbligo la tuta ignifuga, il sottotuta pure ignifugo, guanti, casco omologato e soprattutto bisogna presentare il referto di esami clinici che confermi l’idoneità del soggetto a sostenere emozioni che potrebbero avere influssi negativi sul muscolo cardiaco. Poi, per quanto riguarda la vettura, oggi bisogna adeguarla alle norme imposte con un’infinita serie di dotazioni, dal rollbar al parabrezza speciale, al materiale antiscoppio da mettere nel sebatoio, ma bisogna trasformarla anche sul piano meccanico in un’auto da corsa. Infine, ottenere il permesso dalla Prefettura di usare la strada per una gara automobilistica è talmente complicato da far desistere dall’impresa. E poi sono necessari commissari, infermieri, medici, ambulanze. Tutto sacrosanto, si capisce. Ma chi potrà mai rivivere il divertimento di vedere il proprio droghiere e l’amico macellaio un po’ troppo in carne impegnarsi in una gara? Oggi i piloti non si distinguono l’uno dall’altro.

 

Sperangelo Bandera

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