Tabiano-Salso: divorato l’arrosto, resta il fumo ma l’acqua fa miracoli

5 Settembre 2023

GLI EDITORIALI DI ADA FERRARI

Un certo disagio mi accompagna  mentre, dopo quindici anni d’assenza,  calpesto l’erba inaridita del parco, un tempo rigoglioso, che conduce al celebre complesso termale di Tabiano. Tutto racconta di trascuratezza e abbandono, a cominciare dalla  fontanella Liberty del vecchio caffè, da anni dismesso, che non zampilla più acqua ma decrepite erbacce, cotte e stracotte dal sole di troppe estati. Rifiuti abbandonati, potature mancate, tracce di fuochi incautamente accesi. Il parco è ormai una spelacchiata foresta di Sherwood da cui sbucano a ogni passo migranti africani che, piaccia o no, sono la nuova etnia rampante del terzo millennio salsese. La residuale quota dei nativi locali, in palese declino, cautamente indietreggia. Nessun corpo a corpo, meglio limitarsi a dotare le finestre di sbarre.

Impressionante la caporetto economica del distretto Salsomaggiore-Tabiano, in passato perla di un turismo termale che fra aprile e ottobre calamitava  un bel mondo che sarebbe ripartito con  corde vocali rimesse a nuovo e magari un ritratto del pittore Pagano in valigia. L’artista tuttora espone in un ingrigito spazio delle terme ma a differenza dei tempi d’oro non ha più tavolino riservato ogni sera e champagne in ghiaccio nello storico Gran Caffè del teatro di Salso.

Un declino di queste dimensioni viene ovviamente da lontano ed è figlio di una combinazione singolarmente avversa di fattori. A cominciare dalla crisi di quel prodigo stato sociale che a occhi chiusi e borsa aperta, dunque sbagliando, rimborsò per decenni cure termali a piè di lista. Ma contò anche  la modificata geografia termale di una clientela che, ormai culturalmente estranea al fascino ‘Belle epoque’ dei vecchi soggiorni curativi, ha via, via preferito altre direzioni, Romania in testa.   Giocò in fine il crescendo rossiniano –dall’Ici all’Imu –  delle tasse locali sugli immobili che,  agendo su un sistema alberghiero già in sofferenza agli inizi del duemila,  gli  ha vibrato il colpo di grazia: panico diffuso, raffica di svendite, decisione di molti albergatori di garantirsi un minimo di  redditività convertendo  i piani bassi degli hotel in parcheggio di richiedenti asilo, nella patetica speranza che gli avventori paganti ai piani alti non s’avvedessero della curiosa convivenza. Fu uno spericolato compromesso fra gli opposti istinti della sopravvivenza e dell’autodistruzione. Quale dei due abbia vinto si intuisce al primo colpo d’occhio. Per carità, niente di male nel preferire il sicuro uovo di oggi all’incerta gallina di domani. Il guaio è che rinunciare alla gallina non necessariamente garantisce che si disporrà dell’uovo.

Ed eccoci alla domanda centrale: quale è stato, nel processo sommariamente richiamato, il ruolo di politici e amministratori, cioè di chi era istituzionalmente delegato a tutelare gli interessi del territorio e a cercare le vie e i mezzi per superare le criticità e le secche in cui si era arenato? A parte un paio di parentesi e la recente svolta delle amministrative di maggio, coalizioni di centro sinistra hanno pressoché ininterrottamente governato il Comune negli ultimi  trent’anni.  Niente di nuovo sotto il sole.  La travagliata vicenda del distretto Salsomaggiore-Tabiano  perde a questo punto ogni singolarità e appare perfettamente in linea col più generale trend di un sistema Paese da decenni afflitto da  gravi carenze di visione strategica e capacità di programmazione della rotta nazionale  sui tempi medio-lunghi.  Inadeguate classi dirigenti hanno allegramente cavalcato gli anni d’oro senza convertirne i profitti in investimento strategico sul futuro. E, a crisi deflagrata, non s’è trovato di meglio che privatizzare e svendere asset strategici e beni della collettività per un piatto di lenticchie, retoricamente travestendo un banale bisogno di far cassa, e di farla in fretta, da geniale tributo alla religione del mercato e della sua intelligenza spontanea.

In verità la conversione liberal della vecchia sinistra statalista è stata vistosamente tardiva. E come tutte le conversioni tardive ha messo capo a una quantità di fin troppo zelanti devoti. Pascoli sterminati si sono aperti a qualunque privato, portatore o meno di autentiche capacità imprenditoriali, consentendogli di brindare e soprattutto pasteggiare sul fallimento del sistema pubblico.  Una Tabiano ridotta a ombra di se stessa e una Salso incartata nell’eterno standby che tuttora avvolge la ‘art deco’ delle splendide terme Berzieri,  attendono l’alba della rinascita.  Potrà venirgli dal gruppo di imprenditori piacentini che ha rilevato i due distretti termali ormai integrati?  Lo scetticismo è d’obbligo di fronte al desolante minimalismo che attualmente penalizza le terme di Tabiano suggerendo che per i nuovi strateghi   fare impresa  significhi sottrarre invece che aggiungere, spennare fino al minimo sindacale i complessi  termali acquisiti invece che potenziarne attrattive e servizi.  Cancellata l’aria condizionata, frequentatori e personale sanitario languono in un’insopportabile pentola a vapore, persino il bar è scomparso dalle  uniche terme europee che non trovano imbarazzante negare ai frequentatori il conforto di un decente caffè consumato in condizioni decentemente confortevoli. Inutilizzati i piani superiori, trionfo di marmi e vetrate un tempo tirate a lucido, i pazienti sono inspiegabilmente spinti nei sotterranei. E per una sconcertante modifica del protocollo sanitario, personalmente sperimentata, può accadere di accedere a terapie senza preventiva visita di controllo, manco una distratta guardatina alle condizioni di naso e gola. Lontani anni luce i tempi in cui i luminari di fama internazionale della direzione sanitaria incrociavano ricerca scientifica e osservazione sperimentale dei benefici termali. 

Niente di diverso peraltro da quel che accade nel resto del Paese e nella varietà dei suoi settori. E’ la fine di un mondo, di un’intera civiltà sociale  che, pur fra contraddizioni e limiti, aveva espresso serietà professionale, competenza e saputo ragionare anche in termini di autentico bene comune.  Sulle sue macerie le spa fioriscono e si moltiplicano come viole a primavera. Presto rientrerà in questa categoria anche la gloriosa piscina Jodium di Salsomaggiore: acque termali, misure olimpioniche,  ambiente spartano e tariffe popolari. Un perfetto mix che. oltre al servizio sul territorio, ha per decenni consentito la riabilitazione motoria di una quantità di gente proveniente da ogni parte d’Italia. Essere un vanto e un’eccellenza è una colpa da scontare? Evidentemente sì se dal maggio del ’22 è abbandonata alle ragnatele in nome dell’unica logica che non pare incontrare ostacoli: quel che risponde all’interesse collettivo ma non produce soddisfacente profitto si taglia.

Cari colleghi politologi, ormai non ho più dubbi:  per capire le due fasi dell’Italia contemporanea bastano due semplicissime parole. Prima fase: l’era dell’arrosto, poca retorica del ‘sociale’ ma fatti  e concreti servizi a disposizione della comunità. Seconda fase:  l’era del fumo, ovviamente successiva alla sparizione dell’arrosto ormai divorato fino all’ultimo boccone. Ma attenzione: i venditori di fumo lo confezionano in così seducenti involucri  da riuscire a spillare all’ingenuo avventore termale fior di quattrini affinché un ispirato maestro di vita, incrociando con mirabile sforzo scientifico dati di inoppugnabile validità  come segno zodiacale o fisiognomica, gli riveli se per il recupero della salute fisica e interiore gli è più utile fiutare basilico o rosmarino.   

Ma per fortuna sulla fiera delle umane pochezze, svetta e s’impone  una confortante verità:  l’acqua termale non è cambiata, è sempre lei, e continua a fare miracoli. In fondo, è questo quel che conta. 

 

Ada Ferrari

7 risposte

  1. Una politica che non ha pensato a mantenere posti di lavoro ma che ha inserito il reddito di cittadinanza o reddito di sopravvivenza.

  2. Premesso che sono del tutto d’accordo sull’enorme dispiacere dovuto all’abbandono di un luogo dove la cura del bello era associata alla cura della persona. Chi si recava a Salsomaggiore/Tabiano beneficiava non solo delle proprietà terapeutiche delle acque termali, ma anche dell’attenzione riservata a tutto ciò che circondava le strutture dedicate. Sono pure d’accordo sul fatto che un degrado come quello descritto e toccato con mano dalla professoressa Ferrari sia frutto di politiche e scelte scellerate e prive di rispetto. Detto ciò, sono rimasta ‘ infastidita ‘ dalla parte in cui la presenza di ” migranti africani”, che ormai costituiscono la maggioranza della popolazione, deve essere subita e contrastata attraverso l’apposizione di inferriate.

    1. Sono d’accordo, anch’io ne sono rimasta infastidita .
      Una frase razzista e sprezzante che qualifica più chi ha scritto il pezzo che la città; anche la signora, cosi come Salso, è rimasta indietro decenni.

  3. Mi sembra che già qualcun altro avesse in passato avanzato la proposta di candidare Ada Ferrari come sindaco di Cremona. Penso che Fratelli d’Italia potrebbero davvero pensarci. Forse da sindaco potrebbe dare un contributo consistente e concreto alla situazione.

  4. Un peccato, veramente: Salso e Tabiano sono sempre stati un punto di riferimento sicuro per chi era affetto da patologie respiratorie, trattate con serietà professionale sia dai medici che dai vari addetti; anche il Centro Benessere era una preziosa fonte di relax negli intervalli tra le varie cure.
    E l’atmosfera particolare..
    Che dire: perchè continuare a dover assistere all’inesorabile declino delle cose positive? Pienamente concordo con quanto scrive Ada Ferrari.

  5. Bellissima recensione.
    Volevo solo aggiungere, accennare come salsese, il problema della criminalità organizzata, ‘Ndrangheta cutrese, presente sul territorio dagli anni ’80.
    Con al top per Salso l’anno 1999 con il primo omicidio mafioso della provincia di Parma.
    E i fortissimi segnali di voto di scambio politico-mafioso nelle elezioni locali nel 2013.
    Non sicuramente la causa della decadenza di Salso ma la ciliegina, marcia, sulla torta.

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