Il diavolo in carne e legno: la pianta proto carnivora che supera la fantasia

9 Ottobre 2023

Il diavolo in carne e legno. Esiste un limite alla fantasia umana? E alla cosiddetta realtà fisica, oggettiva? Se consideriamo che anche l’universo pare essere “finito”, nel tempo e nello spazio, entrambe quando che sia soccomberanno, ma senz’altro per prima la fantasia, perché ci sarà sicuramente qualche specie animale, vegetale, microbica che all’uomo sopravvivrà dinanzi al clima che cambia e che esaurisce, salvo un improvviso e totale blackout. Se si è soliti  pertanto dire che l’immaginazione supera la realtà, la considerazione di cui sopra dimostra esattamente il contrario, e questo vale anche dal punto di vista creativo, come per il soggetto che sto per presentarvi, assolutamente inimmaginabile.

Dalle dita del morto alla mano della strega all’artiglio del diavolo, ci mancava anche il fungo del teschio che pure esiste e che m’ero illuso poco tempo fa di aver trovato, ed invece pare si tratti di altra cosa, Queste metafore sono felici connubi tra la realtà e la fantasia; l’una sostiene l’altra e malinconicamente vien da chiedersi chi mai nominerà la realtà che persiste, quando non ci sarà più l’uomo sulla Terra?

Non sarà certo un problema per la natura!!

Avevo  parlato anche di metamorfosi: il bruco dell’Ifantria che si trasforma in farfalla nella crisalide. Ma nel caso attuale ci troviamo di fronte a una “metamorfosi” alquanto stravagante, non a caso è stato tirato in ballo il diavolo.

Nella crisalide la carne si trasforma in altra carne, seppure per un apparente sortilegio, ma qua la carne lascia il posto a del legno molto pungente, da cui poi germinerà la vita!

Incredibile!

Si potrebbe obiettare che anche il mallo carnoso della noce riveste un involucro legnoso che a sua volta contiene il seme edibile. Lo stesso dicasi per la castagna, col suo involucro coriaceo.

Già, ma in entrambi i casi il guscio non si apre spontaneamente, bensì sotto la pressione del seme polposo che si espande, aiutato anche dagli agenti atmosferici o dagli animali anche se fosse per mangiarselo. Perciò viene deformato e quindi rotto in maniera del tutto casuale, asimmetrica, irregolare.

Il nostro involucro invece si apre secondo uno schema programmato, benché moriente, che porta ad una forma assolutamente inaspettata, sempre uguale nella sua eclatante bizzarria, senz’altro più magicamente affascinante ed inquietante ed infine simmetricamente perfetta, grazie a cui i semi vengono liberati nell’ambiente.

Si ha poi l’impressione che quest’involucro legnoso possa durare all’infinito, se il tempo fosse infinito; la cosa non deve stupire visto che ancora oggi si ritrovano teschi preistorici, ma sappiamo bene che il diavolo va oltre questo tempo finito: di creatura eterna infatti si tratta.

E’ dal 2011 d’altronde che lo ospito in casa, il diavolo, e lui se ne sta lì in un angolo immobile, imperturbabile, senza la benché minima scalfitura. Meglio dire i suoi artigli. Prove di immortalità? Più che altro di sussistenza, visto che di legno secco e dunque morto si tratta.

Di quello che è il suo spirito non so dire, basti la credenza.

Non solo, notoriamente killer di anime, questo diavolo è anche killer di corpi; e non gli basta ammazzarli, se li divora pure, a modo suo. Nulla da temere perché potrebbe apparire un killer molto prezioso per l’uomo, infatti è usato negli orti infestati.

Tutto nasce da un fiore  di una pianta nordamericana, la Proboscidea louisianica ( Mill.) Thell. , o Martynia l. Mill.  Eccolo (foto 1 centrale) bianco rosato a cinque petali, con una caratteristica gola gialla punteggiata di rosso e su cui son disegnate delle linee aranciate dal significato speciale. Il nome di genere rimanda chiaramente alla proboscide dell’elefante per via del suo frutto simile ad un grosso e verde baccello (foto 2) ristretto nel picciolo e con l’estremità libera che allungandosi si incurva sempre più. Metafora che con la sua eccezionale evoluzione si arricchisce anche delle zanne, che però essendo adunche  fanno  pensare più ad un mammut. (foto 3)

Ma Proboscis in greco significa anche tromba, e il richiamo alle trombe del giudizio, vista la sorte infausta che tocca chi incautamente osa avvicinarsi alla pianta, è quanto mai azzeccata.

Sembra poi che quella gola del fiore dai finti stami aranciati (le linee speciali) sia un visivo ed ingannevole richiamo per gli insetti impollinatori; ottimo stratagemma per facilitare la fecondazione col minimo sforzo, ma al tempo stesso richiamo malefico per quegli altri insetti, moscerini pappataci in particolare, che posandosi sul fiore (foto 4), ma anche su tutte le altre parti  della pianta (foto 5 , 6).) vi rimangono intrappolati per la vischiosità dei fitti e sottili peli ghiandolosi ampiamente distribuiti, e vanno incontro a morte rapida. Ma più che altro sarebbe il profumo del fiore e delle foglie ad attirarli. Profumo simile a quello dell’incenso nel primo caso e non a tutti gradito; più ammoniacale nel secondo.

L’incenso, guarda caso.  Un simbolo di  sacra venerazione. E pure il male personificato fu sacralizzato nei secoli.

Dunque questo diavolo attrae con un duplice inganno le sue vittime e le prepara al sacrificio sacro profumandole d’incenso. Sacrificio che si completa con l’assunzione tramite gli stomi dei residui corporali “predigeriti” dalla consunzione corporale, in quanto la pianta è sprovvista di enzimi litici della digestione. Ci troviamo di fronte pertanto non già ad una pianta carnivora , bensì protocarnivora.

Il sacrificio a Baal è compiuto. Baal, antica divinità fenicia assimilata guarda caso al demonio dalla religione cristiana.

Ma cos’è alla fine che inquadra bene la nomea artiglio del diavolo?  Sono proprio quelle zanne che abbiamo già visto derivare dal baccello il quale, liberatosi della tunica verde,  lascia comparire l’involucro legnoso che sviluppandosi divide la proboscide in due parti sempre più allungate distanziate ricurve ed affilate come degli uncini.(foto 7) . Da qui l’associazione ad una trappola infernale per piccoli mammiferi, uccelli che dovessero finirci dentro. Questo è almeno quello che banalmente si sarebbe portati  a pensare, ma di cui  però stranamente non si trova riscontro.

La natura di questo artiglio diabolico, da distinguersi da quell’altro di origine africana, l’Harpagophytum procumbens, non finisce mai di stupirci perché in realtà questi uncini servono per attaccarsi agli animali in transito e farsi trasportare un po’ per diffondere i semi. E qua si realizza il culmine dell’astuta, insidiosa  intelligenza di questa pianta: quale stratagemma adottare per realizzare la disseminazione senza  allontanarsi molto dall’habitat ideale, per il rischio di finire in zone sterili? E’ proprio quello di ferire l’animale con l’artiglio, già munito di una cresta dorsale di fitte spine  foto 8). L’animale, trafitto dall’artiglio incastrato nello zoccolo o sui peli, se lo scrolla di dosso dopo alcuni passi per il dolore, e in questo modo il seme ottiene di essere disperso nel limitato contesto del suo habitat , e non oltre.

Geniale, sublime.

Già, ma a questo punto mi vien proprio voglia di guardarti faccia a faccia, mio caro bell’artiglio, e di farti due belle domande. Hai indubbiamente dei poteri straordinari, perciò ora dimmi senza timidezze chi sei veramente e da dove vieni?… Hai qualche difficoltà? Eppure la bocca non ti manca per parlare (foto 9).

 Forza!!

Ho capito, non vuoi dirmelo, avrai le tue buone ragioni, ma per questo io sono un po’ deluso e amareggiato. 

Per singolare coincidenza mi capitò di conoscere “Embrace” , una delle più belle canzoni dei Bee gees, straordinaria band musicale, mentre attendevo a questo lavoro. Talmente bella per me che continuo ad ascoltarla “all’infinito”.

Che non ti salti in mente,  pertanto , a forza di sentirla,  di volermi stringere in un tuo “tenero” abbraccio per consolarmi!! (foto 10,11).

 

 

Stefano Araldi

9 risposte

  1. Come sempre articolo azzeccatissimo e molto interessante. Felice connubio di fotografia, biologia, poesia e spiritualità. Direi… un unicum. Grazie all’autore e complimenti!!

  2. Articolo veramente interessante e simpatico ed accattivante il titolo e il testo. Interessante conoscere il mondo vegetale di cui mi sento davvero ignorante.
    Grazie all’autore per questa opportunità di conoscenza.

    1. Piu o meno tutti siamo ignoranti del mondo vegetale. Anche e non solo per questo dobbiamo essere grati all’autore.

  3. Anche questa volta non si può non restare sorpresi oltre che dall’articolo e dall’argomento dal minuzioso lavoro di ricerca e conoscenza. Non pensavo che a Cremona potessero vivere piante carnivore… L’artiglio del diavolo è conosciuto come lenimento per malanni di tipo muscolare, se non erro.

  4. Le considerazioni sul tempo finito e sulla spiritualità della vita sono il meglio di questo articolo, che trascendono la parte biologica, altrettanto interessante.

  5. Articolo molto interessante che denota uno studio accurato ed una conoscenza approfondita del mondo vegetale, ai più spesso poco conosciuto.
    Particolarmente apprezzabile la fine arguzia dell’autore.

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