Riprendiamo, andando verso la conclusione, gli editoriali sulla Russia da dove ci eravamo lasciati, e cioè da quanto la riscoperta degli archivi moscoviti negli ultimi 30 anni ha posto sotto una luce significativamente diversa il “tiranno rosso” come fu chiamato per decenni.
Per capire Stalin, o meglio per potersi mettere nell’ottica di una visione più neutra di quanto da lui commesso, occorre partire da tutt’altra parte e per assurdo dagli Stati Uniti e dal loro eroe nazionale e più grande presidente, quell’Abramo Lincoln la cui vittoria sugli Stati ribelli del Sud costo’ quasi 700.000 vite americane, più o meno gli stessi morti delle purghe staliniane tra il 1936 e il 1938. Lincoln aveva una visione politica chiarissima: l’unica grande repubblica democratica del suo tempo rischiava di andare in pezzi a soli 100 anni dalla sua nascita, e proprio mentre in Europa il vecchio assolutismo lasciava il campo a nuovi Stati, nuove repubbliche e monarchie democratiche. La posta in gioco era la salvezza non solo degli USA ma anche delle nascenti democrazie europee e non ammetteva alternative. Valeva bene 700.000 vite. O no? Si poteva invece al contrario sacrificare sull’altare di migliaia di vite umane la democrazia e lasciare che il Sud andasse per conto proprio continuando a tenere in schiavitù migliaia di afroamericani? E dunque la fine di una vergogna come la schiavitù non valeva ben 700.000 vite e generazioni di odio tra cittadini della stessa nazione? L’ottica in cui guardare Stalin è proprio quasi tutta qui. Può un disegno politico attraverso il quale passa la salvaguardia e la salvezza di una Nazione valere migliaia di vite? Ad ogni lettore la propria risposta. La mia è che personalmente rimango convinto che in politica la moralità è la capacità e la verità è l’utilità, per tutto il resto c’è Instagram.
L’URSS di cui Stalin diviene il padrone dopo una “resistibile ascesa” tutt’altro che fulminante era un Paese completamente devastato, prima da secoli di feudalesimo zarista in cui fuori da San Pietroburgo si era di fatto al medioevo, e poi da nemmeno un decennio di bolscevismo spinto che aveva rischiato veramente di mandare tutto definitivamente in rovina…non me ne vogliano leninisti e trozkisti ma nella Russia della NEP (la nuova politica economica di Lenin) l’unica cosa che funzionava veramente erano le carestie devastanti sia nelle città che nelle campagne e le interminabili e paralizzanti lotte intestine tra le vari correnti del neonato comunismo. Un disastro apocalittico che in pochi anni con certezza avrebbe visto la Russia allo stremo, invasa fatta e pezzi e ridivisa tra le grandi potenze moderne europee e asiatiche nascenti. Stalin comprende bene che per salvare l’URSS e l’unico Paese comunista del suo tempo (esattamente come Lincoln all’opposto) è avere un piano, lucido e semplice (come sempre sono i piani che funzionano) da applicare a qualsiasi costo, anche quello di centinaia di migliaia di vite russe e non solo. Ciò che è emerso con chiarezza dagli archivi è che in Stalin, contrariamente a quanto per anni si è narrato, non c’è mai follia gratuita nelle purghe, non c’è odio razziale o etnico ideologico nelle deportazioni. Ci sono solo i precisi nemici di quel momento e di quella parte del suo disegno che secondo lui (come per Lincoln) era l’unico possibile e alternativo al disfacimento della Patria.
Durante i suoi trent’anni di regno moriranno circa 35 milioni di suoi compatrioti: 26 milioni durante la Guerra coi tedeschi, un milione circa nelle grandi purghe, 6 milioni di ucraini durante l’Holodomor, e gli altri negli anni per privazioni varie, deportazioni, fucilazioni. Ciò che è spaventosamente sorprendente, e che emerge con chiarezza dagli archivi, è la chirurgica precisione con cui Stalin decide la morte di ognuno in migliaia e migliaia di casi nome per nome addirittura, in altri casi, invece su grande scala per categorie ma sempre con una spaventosa lucidissima ed estremamente motivata analisi strategica, per cui le “categorie” sono costruite con minuziosa attenzione al pericolo che esse rappresentano per il “Disegno”. Chi non è nemico del Disegno non rischia. Anche se, ovviamente e purtroppo per molti, il ragionare per categorie non aiuta certo a salvare il singolo che nemico non è. Ma in tutti gli orrori di Stalin c’è un comune denominatore: la strategia, la eliminazione di chiunque possa impedire la realizzazione di un disegno che in 30 anni trasformerà un Paese medioevale devastato nella seconda potenza mondiale di fatto padrona di mezza Europa e influentissima in metà dei Paesi del globo dal Sud America all’Africa fino all’Asia. L’URSS che Stalin lascia alla sua morte nel 1953 è un impero comunista globale più potente perfino di quello che fu l’Impero Britannico. Quei 10 milioni di morti voluti da Stalin hanno salvata la Russia e fatto dei restanti 120.000 milioni di russi i padroni di mezzo mondo. Ne valse la pena? A ognuno la sua risposta, fatto sta che ci riesce più ovvio dire che negli USA Lincoln bene fece e invece Stalin era un mostro.
Questo è dovuto in gran parte al fatto che mentre gli Americani hanno costruito e mantenuto il mito di Lincoln, i russi hanno distrutto il mito di Stalin, e a farlo furono proprio i suoi eredi come Kruscev e altri: un po’ per lavarsi la coscienza dal fatto che “avevamo il sangue fino ai gomiti” come disse lo stesso Kruscev, un po’ perché veramente di Stalin non ne potevano più: quel grido di denuncia improvviso al XX Congresso del PCUS del 1956 partito proprio da Kruscev era condiviso da tutta la oligarchia che di Stalin era stata discepola ubbidiente, psicologicamente affascinata e terrorizzata, umiliata ma anche riccamente premiata, come dei figli con un padre padrone.
Le cinque mosse del piano che Stalin ha metodicamente osservato per 30 anni erano semplicissime:
- Controllare il Partito, perché nell’URSS il partito controllava tutto, e imporre nel partito la visione di un unico Paese comunista contro l’idea di rivoluzione permanente. E quindi eliminare (fisicamente, perché i bolscevichi di allora mica si facevano mettere da parte con un arrivederci e grazie…) il suo più grande rivale Troszky e i suoi discepoli , quelli che lui chiamava “deviazionisti di destra” e soprattutto gli odiatissimi “socialdemocratici di sinistra”, come esprimerà perfettamente al congresso del 1929.
- Collettivizzare le terre per renderle produttive su grande scala e abbandonare progressivamente l’economia contadina medioevale. Lasciarle come fatto da Lenin ai kulaki, alla nuova piccola borghesia figlia paradossale della Rivoluzione avrebbe impedito alla Russia di balzare in avanti di secoli.
- Costruire in pochi anni ciò che altre nazioni avevano fatto in decenni: una industria pesante che fornisse due cose, le masse operaie al Comunismo e i carri armati per difendere l’URSS dalle altre potenze.
- Difendere l’URSS dai suoi nemici esterni: la seconda guerra mondiale arriverà in un lampo e l’URSS non aveva uno straccio di esercito moderno.
- Attaccare: con le infinite divisioni di carri armati sfornati dalle industrie collettive comuniste espandere l’URSS territorialmente e politicamente con la guerra di conquista.
Nel prossimo editoriale vedremo nella dovizia dei dettagli come tutto questo effettivamente riuscì a Stalin.
sovrintendente agli Archivi del Comune di Milano
docente di Archivistica all’Università degli studi di Milano
cremonasera.it